Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  maggio 20 Martedì calendario

Afghanistan, Petraeus e il ruolo chiave dei Paesi europei. Il Messaggero 20 maggio 2008 L’ATTACCO del 15 maggio ad un convoglio del 2° reggimento alpini a sud di Kabul e il grave ferimento di un soldato italiano Andrea Tomasello a cui è stato amputato un piede, costituiscono un’occasione per riflettere su quanto sta avvenendo in Afghanistan

Afghanistan, Petraeus e il ruolo chiave dei Paesi europei. Il Messaggero 20 maggio 2008 L’ATTACCO del 15 maggio ad un convoglio del 2° reggimento alpini a sud di Kabul e il grave ferimento di un soldato italiano Andrea Tomasello a cui è stato amputato un piede, costituiscono un’occasione per riflettere su quanto sta avvenendo in Afghanistan. Le valutazioni al riguardo sono contrastanti. Gli ottimisti sottolineano il miglioramento e la relativa stabilità della situazione. L’aumento degli attentati nella stessa Kabul in particolare di quello del 27 aprile contro il presidente Karzai non costituirebbero prova di un salto qualitativo della capacità della guerriglia. Che, anzi, sarebbe diminuita per l’uccisione da parte delle forze Usa e Nato dei loro migliori capi e combattenti. Per ogni caduto occidentale, sarebbero morti in combattimento una quindicina di guerrieri tribali. I pessimisti sostengono invece che la situazione sta facendosi più difficile, soprattutto per la crisi politica in Pakistan e per la sua evidente impossibilità o mancanza di volontà di eliminare le zone-rifugio e i santuari dei guerriglieri che operano in Afghanistan. A ciò aggiungono che Karzai ha fallito e non ha alcuna speranza di stabilizzare il Paese. Beninteso, nessuno gli rimprovera di non essere riuscito a creare solide istituzioni nazionali. In Afghanistan è impossibile. La lealtà della popolazione non va allo Stato che non è mai esistito ma all’etnia, al clan e alla tribù. A Karzai viene rimproverato di non aver saputo consolidare la coalizione dei capi clan e tribù che l’avevano portato al potere. Non si può dire chi abbia ragione. Anche la massa della popolazione afgana deve essere di tale parere. Sta a guardare cosa succede. Vede che i Talebani sono tornati in tutto il territorio. Vede anche che le forze dell’Alleanza del Nord la quale, nell’autunno 2001, con il sostegno dell’Usaf e di pochi nuclei di forze speciali americane, aveva sconfitto i Talebani e gli jihadisti di al-Qaeda non sostengono il governo di Kabul. Anzi, cercano di non compromettersi troppo con gli occidentali. Temono che la Nato e gli Usa prima o poi si ritirino, lasciandole a sbrigarsela da sole. L’imposizione da parte dei Paesi Nato che forniscono contingenti all’Isaf di ben 35 caveat che ne limitano l’impiego nel Sud del Paese e nelle azioni di combattimento contro i Talebani hanno sicuramente persuaso molti afgani di stare a vedere chi ha la meglio, per poi allearsi con il vincitore. un atteggiamento umanamente comprensibile. Che però impedisce di consolidare gli indubbi risultati positivi ottenuti dagli sforzi di ricostruzione delle infrastrutture, dall’apertura di scuole, dalla maggiore estensione delle coltivazioni di frumento, e così via. La buona notizia per gli ottimisti è stata l’annuncio che il generale Petraeus ha preso il comando anche delle forze Usa in Afghanistan. Molti sperano che possa conseguire successi analoghi a quelli ottenuti in Iraq. Le speranze si sono accresciute per l’annuncio che il Pentagono invierà altri 7.000 soldati, oltre ai 3.000 marines arrivati in Afghanistan lo scorso marzo. Si sono poi intensificate le pressioni americane sul Pakistan perché elimini i santuari talebani, situati nella fascia di confine con l’Afghanistan. Molti si augurano che il ”metodo Petraeus” di allearsi con talune tribù per attaccare quelle che continuavano a sostenere gli al-qaedisti riuscito brillantemente con i sunniti e gli sciiti iracheni, possa funzionare anche con i Pashtun. La situazione dell’Afghanistan è però molto diversa da quella dell’Iraq. Se tale strategia non è riuscita a Karzai che appartiene ad una potente tribù pashtun non si vede come possa aver successo con Petraeus. invece importante l’impatto psicologico sugli afgani dell’afflusso di un nuovo consistente numero di soldati americani. Potrebbero convincersi che non saranno abbandonati dall’Occidente e che, quindi, non saranno lasciati alla mercè dei Talebani. Ciò potrebbe rafforzare il governo Karzai. Una riunione dei donatori di fondi per la ricostruzione e la stabilizzazione dell’Afghanistan avrà luogo nel prossimo mese di giugno. Il suo successo potrebbe rafforzare tale convinzione, che costituisce premessa indispensabile per una stabilizzazione. A tal fine, sarebbe molto utile anche un maggiore impegno europeo. Solo la Francia invierà altri soldati a giugno, permettendo poi che vengano impiegati anche nelle province meridionali, dove la situazione è più calda. In Afghanistan è in gioco non solo la stabilità di un Paese tutto sommato marginale ma quella dell’Alleanza Atlantica, che John McCain vorrebbe trasformare nel braccio armato della Lega delle Democrazie, pilastro del nuovo ordine mondiale. I Paesi europei della Nato devono decidere se vogliono parteciparvi da attori importanti, oppure se lasciare gli Usa da soli. Allora Washington ricercherebbe nuovi alleati, questa volta nel sistema Asia-Pacifico. La Lega delle Democrazie sarebbe morta prima ancora di nascere! Il baricentro del mondo si sposterebbe dall’Atlantico al Pacifico. CARLO JEAN