Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  maggio 16 Venerdì calendario

Il segreto del cervello e il paradosso dell’extraterrestre. Corriere della Sera 16 maggio 2008 Della scienza si lamentano generalmente oggi il tecnicismo spinto e l’eccessiva specializzazione

Il segreto del cervello e il paradosso dell’extraterrestre. Corriere della Sera 16 maggio 2008 Della scienza si lamentano generalmente oggi il tecnicismo spinto e l’eccessiva specializzazione. Si fa fatica, in sostanza, a seguire le argomentazioni degli scienziati e ci si sente stretti nel loro limitarsi ad un solo campo del sapere, sia questo la fisica delle particelle, l’astrofisica, la genetica o le neuroscienze. Ciononostante, esiste un affezionato pubblico di lettori – lettori di libri e di riviste – i quali si sforzano con ammirevole determinazione di tenersi al passo con le novità scientifiche che si succedono in continuazione a un ritmo impressionante. Esistono poi scienziati, pochi per dir la verità, che sono capaci di ridersela delle barriere disciplinari e di fare incursioni a tutto campo nei diversi territori del sapere. Uno di questi è certamente Valentino Braitenberg, un uomo di scienza ormai in là con gli anni, che sfida ogni definizione, anche se è stato in primo luogo un pioniere della cibernetica e della costruzione di robot più o meno versatili. Probabilmente poco noto al grande pubblico, perché impegnato a progettare e discutere sempre nuovi dispositivi «intelligenti», Braitenberg ha scritto però vari anni fa quello che si può considerare il capolavoro della letteratura sull’argomento che è Veicoli pensanti, per lungo tempo introvabile e adesso ristampato da Mimesis. Braitenberg è primariamente uno che pensa. Uno che riflette sui vari aspetti della realtà, anche se la sua mente è fondamentalmente una mente scientifica: con una preparazione in matematica e fisica, una lunga consuetudine con la biologia e una conoscenza di prima mano dei cervelli, naturali e artificiali, Braitenberg non si fa mancare niente e niente si fa sfuggire di ciò che accade in questi diversi campi. Ma soprattutto è un pensatore originale e sostanzialmente solitario. Che ha deciso di pubblicare adesso una summa del suo pensiero sui più diversi argomenti, una summa centrata tuttavia sul cervello e sul suo modo di funzionare. Di lui è uscito infatti di recente L’immagine del mondo nella testa (Adelphi). «In questo libro voglio provare a illustrare, a grandi linee, una visione del mondo, la mia». Dopo questa dichiarazione, il nostro autore passa a parlare di fisica, di biologia, di scienza del cervello e di altro ancora. Con una premessa: «Io sono uno per il quale capire è stato sempre più importante che sapere ». Per questo afferma di non voler parlare di niente «che io stesso non abbia compreso fino in fondo». E cominciamo dalla fisica. «Tutto quello alla cui esistenza io credo è oggetto della fisica. La fisica non si occupa di cose delle quali si può certo parlare, ma senza essere sicuri che esistano veramente o che esistano per tutti allo stesso modo: concetti come giustizia, bellezza, spirito». Una dichiarazione molto forte, impietosa direi, dalla quale però non si può prescindere se non con estrema difficoltà. Non è un caso forse che in tutto il mondo c’è una sola fisica, mentre ci sono innumerevoli confessioni e convinzioni a proposito di questo o di quell’argomento. Braitenberg si muove con disinvoltura nelle selve della fisica e ci regala brillanti illustrazioni di come si possano proficuamente applicare a questo o quell’argomento i suoi principi. Magistrali, secondo me, sono le tre o quattro argomentazioni «ingenue» che lui porta a sostegno di una natura molecolare delle cose senza ricorrere a metodi di osservazione particolari o tecniche sofisticate. Una di queste è quella del filo d’erba: un filo d’erba ha la struttura che tutti conoscono, ma non potrebbe mai essere molto più grande di com’è. Un albero, infatti, ha una struttura molto diversa. Perché? Perché, crescendo di dimensioni, la struttura di un vegetale deve essere molto diversa da quella originaria, ovviamente per non crollare sotto il proprio peso, ma anche per nutrirsi? Come mai, analogamente, le dimensioni di una goccia d’acqua sono più o meno sempre le stesse, obbligate si direbbe, in tutte le diverse circostanze? Perché sotto l’aspetto esterno di tutto questo si trova una struttura molecolare e poi atomica che ha le sue leggi e i suoi vincoli. Altrimenti tutto potrebbe avere una forma, e una dimensione, qualsiasi, mentre chiaramente non è così. Semplice e geniale! L’autore passa poi a parlare di biologia e a discutere, in particolare, il concetto di informazione, concetto chiave per la comprensione di tutti gli eventi del cosmo, ma assolutamente indispensabile per comprendere i fenomeni del vivente. E qui troviamo, tra l’altro, una fulminante considerazione: «Per poter parlare di informazione è decisiva la stabilità del supporto materiale in cui l’informazione è contenuta. Gas e liquidi non possono essere portatori di informazione, quindi neppure di vita». Qualsiasi forma di vita deve allora avere qualche componente solida: chi cerca gli alieni delle nature più strane e originali è avvertito. Ma dove il nostro autore è certamente al suo massimo è nelle considerazioni sulle funzioni del cervello e della mente. Qui rifulge tutta la sua esperienza di lavoro e su questo si concentrano decenni di riflessione personale. Per non rovinare a nessuno il piacere della lettura, evito anche di delineare per sommi capi quello che si può trovare in questo capitolo del libro, ma una citazione la voglio fare. «Nel cervello è già incorporato un sapere sulle correlazioni del mondo, ancora prima che esso faccia le sue esperienze». Ma Braitenberg non parla soltanto di questo; parla anche del senso del bello, del gusto, e della natura delle barzellette (in chiave kantiana)... Voglio chiudere con una citazione sul concetto di bello: «Una forma è bella se ogni più piccola parte del suo contorno contiene un sapere sull’intera figura e può essere completata solo in quest’unica forma». Una definizione che mi fa venire in mente quella che Henri Bergson dà di «grazia». Un movimento è dotato di grazia se in ogni istante posso prevedere con precisione la movenza successiva. EDOARDO BONCINELLI