La Stampa 17 maggio 2008, Fra. Gri., 17 maggio 2008
Ecco la vera storia del supercommissario. La Stampa 17 maggio 2008 E’ una storia tragicomica di «stop and go», di frenate e accelerazioni, di equivoci tutti italiani, quella che sta dietro la nomina del prefetto di Milano, Gian Valerio Lombardi, a «commissario straordinario» per l’emergenza rom
Ecco la vera storia del supercommissario. La Stampa 17 maggio 2008 E’ una storia tragicomica di «stop and go», di frenate e accelerazioni, di equivoci tutti italiani, quella che sta dietro la nomina del prefetto di Milano, Gian Valerio Lombardi, a «commissario straordinario» per l’emergenza rom. Già la dicitura è strana, tanto che il quotidiano di Rifondazione comunista «Liberazione» ci sta montando una campagna, richiamando addirittura le leggi razziali del 1938, che la portavoce di Maroni prova a smontare. Ma intanto da quelle parti l’equazione è già passata. Che ci fosse questa nomina in ballo, il prefetto Lombardi lo sapeva da due anni. Come ha detto il sindaco Letizia Moratti: « un percorso che per la verità noi pensavamo fosse già stato fatto dal precedente ministro: nel settembre del 2006 infatti Amato aveva firmato l’emergenza». Invece la nomina era abortita. Ma perché Amato alla fine non aveva firmato? Semplice: perché quella prima bozza del decreto di nomina faceva riferimento a poteri che non erano quelli giusti. Vi si parlava di «coordinamento» tra amministrazioni dello Stato, mentre a Milano erano convinti che servissero le ordinanze della Protezione civile, le uniche che permettono di bypassare le lungaggini della contabilità dello Stato e che insomma evitano bandi di gara. I soldi, in quel caso, per mettere su un campo nomadi sarebbero stati immediatamente disponibili. Ma sono stati appunto i soldi a bloccare tutto. In quella prima versione del decreto, il prefetto avrebbe ricevuto dal ministero una dotazione di cinquecentomila euro. Un po’ pochini per affrontare un’emergenza titanica come quella di far sloggiare cinque o diecimila zingari accampati alle porte di Milano. Per avere una misura di paragone, la Moratti ha speso 2 milioni di euro per un solo campo attrezzato da cinquecento persone. Di molti più soldi, insomma, il futuro «commissario straordinario» aveva e ha bisogno. Si parla di uno stanziamento di otto milioni di euro. E lì, insomma, di fronte alle esigenze di cassa, si arenò la corsa di Amato. C’era da superare le obiezioni di Padoa-Schioppa. Bisogna mettere in conto la rincorsa tra città. E per di più l’ex ministro dell’Interno avrebbe dovuto affrontare in Consiglio dei ministri l’ostilità di Rifondazione che minacciava le barricate (e ora si spiegano anche i titoli feroci di «Liberazione»). Passa un anno. Passano le maggioranze. Al Viminale arriva Bobo Maroni e la questione del prefetto di Milano torna di attualità. Quel vecchio decreto era rimasto a ingiallire nei cassetti. Non era mai andato in Consiglio dei ministri. Ne ha parlato ancora Letizia Moratti: «Sinceramente io pensavo che poi fosse stato portato nella sede propria, ovvero in Consiglio dei ministri. Purtroppo con il ministro Maroni abbiamo scoperto che così non era stato». E allora il nuovo ministro l’ha firmato lui, il decreto. E l’ha subito annunciato ai giornalisti. «Entro la fine della settimana nominerò il commissario straordinario per l’emergenza rom a Milano». Accadeva quattro giorni fa. Peccato che si fosse punto e daccapo. Di nuovo i poteri sbagliati, di nuovo uno stanziamento insufficiente. Così il decreto di nomina è tornato indietro. E ora si aspetta il primo Consiglio dei ministri, a Napoli, per vedere la nascita del «commissario straordinario». Che nel frattempo sono diventati tre: uno a Milano, uno a Roma e uno a Napoli. E presto potrebbero diventare quattro: la lettera di Sergio Chiamparino è già partita. Anche Torino vuole il suo «commissario straordinario». Fra. Gri.