Francesco Cenini, La Gazzetta dello Sport 16/5/2008, 16 maggio 2008
«L’
arbitro non vede? colpa del cervello»
Un fenomeno fisico spiega molte difficoltà Si chiama saccade ed è come un blackout
La professoressa Zambarbieri ha studiato i movimenti oculari «Quando lo sguardo si sposta in fretta si crea un attimo di buio»
di: <http://cartesio.rcs/Cartesio2/servlet/hiRCS2#hit2>Ceniti Francesco
FRANCESCO <http://cartesio.rcs/Cartesio2/servlet/hiRCS2#hit3>CENITI «Ma come è possibile che l’ arbitro e gli assistenti non abbiano visto quel rigore?». Una frase tipica del tifoso che la domenica rivede le immagini seduto sul divano di casa, mentre la tv lo riempie di moviole. Una risposta potrebbe arrivare da chi si occupa di studiare i movimenti oculari. Come la professoressa Daniela Zambarbieri dell’ <http://cartesio.rcs/Cartesio2/servlet/hiRCS2#hit4>università di <http://cartesio.rcs/Cartesio2/servlet/hiRCS2#hit5>Pavia. Allora, ingegnere, ci spieghi meglio che cosa accade? «Per avere una visione nitida di un oggetto è necessario che la sua immagine cada sulla zona centrale della retina. I movimenti oculari hanno la funzione di orientare lo sguardo all’ interno di una scena visiva verso gli elementi che si vogliono osservare e di mantenere stabile la loro immagine sulla retina. Se nella scena visiva vogliamo seguire una serie di elementi che si muovono il sistema di controllo dei movimenti oculari deve gestire situazioni sempre più complesse». Facciamo un esempio. «Prendiamo il compito dell’ arbitro: deve osservare un numero di persone mai ferme più il pallone. Per fare questo sposta in continuazione lo sguardo da un punto all’ altro. Questo è possibile grazie a dei movimenti rapidi degli occhi, chiamati saccade, durante i quali si raggiungono velocità di rotazione molto elevate e l’ immagine del mondo esterno sulla retina scorrerebbe altrettanto rapidamente causando una visione totalmente confusa. Il sistema di controllo dei movimenti oculari nella sua sofisticata organizzazione sopprime la visione per tutta la durata del movimento saccadico». Sono frequenti questi piccoli black out? «Ogni giorno gli occhi compiono migliaia di movimenti saccadici, senza che noi ce ne accorgiamo. Gli attimi di buio non sono percepibili perché il sistema visivo centralmente è in grado di integrare le informazioni mancanti. Però se durante questa pausa accade qualcosa, non la percepiamo». Cosa può succedere durante una fase di gioco? «Proviamo a immaginare una situazione reale: ci sono due giocatori distanti tra loro 20 metri. L’ arbitro li osserva da una distanza di 30 metri. Per spostare lo sguardo da un giocatore all’ altro, gli occhi devono compiere un movimento saccadico corrispondente ad una rotazione di 30 gradi. La durata di questo movimento e quindi del periodo di buio è circa un decimo di secondo». Insomma, in un’ area piena di giocatori che si strattonano avere il quadro chiaro su tutto è impossibile? «Certo, non ci si deve sorprendere se sfugge un fuorigioco o un fallo. Questi sono dati scientifici osservati fin dal secolo scorso. Il compito dell’ arbitro è difficilissimo: con l’ allenamento e l’ esperienza si possano affinare tecniche compensative, ma ovviamente si può ridurre in parte il problema». Si possono fare degli esperimenti per avere una comparazione tra quello che vede l’ occhio e quello che accade intorno. «Esistono dispositivi specifici che utilizzano due speciali telecamere: una registra il movimento dell’ occhio, l’ altra riprende la scena visiva che il soggetto osserva. La sincronizzazione dei segnali registrati permette di analizzare in modo rigorosamente oggettivo quello che è stato osservato in ogni istante. Installarle su un arbitro? Lo faremo: i dati raccolti saranno interessanti».