giornali vari, 20 maggio 2008
Razzismo in Italia, l’accusa della Spagna. L’Unità 17 maggio 2008 PAROLE CHIARE quelle pronunciate ieri a Madrid da Marìa Teresa Fernadez de la Vega, mente politica, portavoce e vice-presidente del governo
Razzismo in Italia, l’accusa della Spagna. L’Unità 17 maggio 2008 PAROLE CHIARE quelle pronunciate ieri a Madrid da Marìa Teresa Fernadez de la Vega, mente politica, portavoce e vice-presidente del governo. La Spagna «rifiuta la violenza, il razzismo e la xenofobia e, per questa ragione non può condividere ciò che sta accadendo in Italia». Questa presa di posizione, che ha provocato una mini-crisi diplomatica tra i due paesi, poi chiarita, era nell’aria. Da giorni i principali quotidiani spagnoli stanno pubblicando analisi, reportage e foto su quel che succede in Italia. Ieri, a pagina due, il diffuso ed autorevole quotidiano El Paìs, vicino alle posizioni di Zapatero, ha titolato: «L’Italia apre la caccia ai ”sin papel” (irregolari, ndr)». Così, assente Zapatero, in questi giorni a Lima per il summit tra Europa e America Latina, è toccato ieri alla vice de la Vega (vicinissima al premier) affrontare la stampa dopo il consiglio dei ministri. La vice di Zapatero non si è sottratta ad una precisa domanda su quel che accade in Italia. «Il nostro governo - ha detto - sta operando per frenare l’immigrazione clandestina, ma sempre nel rispetto dei diritti umani. Lavoriamo per una politica di immigrazione legale e ordinata che riconosce diritti ed doveri». Ne consegue, come riportato sui siti dei principali quotidiani di Madrid, che il governo spagnolo «rifiuta violenza, razzismo e xenofobia, e per questa ragione non può condividere quanto sta accadendo in Italia». Parole chiare ed inequivocabili e soprattutto riferite senza ambiguità al «nuovo corso» italiano. Il tam tam dei siti spagnoli (”Il governo accusa Berlusconi” - titola El Mundo, quotidiano moderato) ha innescato una mini-crisi che, per alcune ore, è apparsa seria. Poi c’è stata una telefonata chiarificatrice tra l’ambasciata d’Italia a Madrid ed il governo ed anche a Lima, dove è in corso il vertice, Zapatero ed il ministro Frattini hanno parlato di questo e, alla fine, tutti hanno fatto sapere che l’incomprensione era stata archiviata. Resta tuttavia da chiarire il chiarimento. Secondo fonti italiane gli spagnoli avrebbero fatto marcia indietro, ma non risulta che la vice di Zapatero abbia smentito di aver fatto quelle dichiarazioni. Di certo all’ambasciata d’Italia a Madrid il telefono ha squillato a lungo ieri pomeriggio. Il capo della sede diplomatica, Pasquale Terracciano, ha parlato con Diego Lopez Garrido, sottosegretario con delega agli affari europei. L’esito del colloquio è trapelato da Lima. Fonti della Farnesina, sostengono che, nel colloquio telefonico, sono emersi due punti: «La vicepremier intendeva esprimere condanna per gli atti di violenza che si sono verificati in Italia nei giorni scorsi» e questa condanna «accomuna il governo spagnolo ed italiano». La vice di Zapatero si sarebbe dunque riferita agli «episodi di intolleranza». Anche a Madrid anonime fonti del governo hanno confermato che la de la Vega «non si riferiva» all’operato del governo e, alla fine, Zapatero ha confernato che «con l’Italia non c’è nessun problema». Le polemiche però restano. Stefania Craxi, sottosegretaria agli Esteri se l’è presa con le «anime belle dell’Europa» ed ha aggiunto che «è il lassimo che genera la xenofobia», altri, come la deputata Isabella Bartolini del Pdl si sono spinti a dire che «Zapatero deve chiedere scusa». Ma sotto i riflettori dell’Europa e del mondo c’è la politica di Berlusconi. Ieri anche l’Osce (organizzazione per la sicurezza e cooperazione in Europa) si è detta «preoccupata per il clima di violenza contro i rom in Italia». Si è fatto vivo anche Gheddafi che ha accusato l’Europa di affondare le navi dei clandestini. t.fon. «Microcrediti per rimpatriare i clandestini, Roma guardi Madrid». L’Unità 17 maggio 2008 «La politica del governo italiano favorisce l’insorgere di sentimenti xenofobi. Anche la Spagna sta cercando di favorire il ritorno in patria degli immigrati rimasti disoccupati in seguito al rallentamento dell’economia, ma concede loro microcrediti e sussidi per permettere loro di tornare in patria e avviare un’attività economica. El Paìs seguirà con molta attenzione la situazione italiana. Non vogliamo che da noi accada ciò che è successo a Napoli e a Roma». l’opinione di Vicente Jimenez Navas, condirettore de El Paìs. Da giorni il suo giornale, in prima pagina, pubblica un titolo sull’Italia. Quello di ieri recitava: L’Italia apre la caccia ai immigrati irregolari... «Sì, effettivamente siamo molto interessati alle notizie che provengono dall’Italia, in special modo all’arrivo di Berlusconi al governo. Il tema dell’immigrazione attira la nostra attenzione perché i problemi di Italia e Spagna si assomigliano. Entrambi i paesi sono frontiere dell’Europa». Le soluzioni proposte dai due governi però sembrano molto differenti. La vice presidente De la Vega ieri ha attaccato la politica del governo italiano.. «Certo, quello di Berlusconi è un governo di destra, che comprende anche esponenti neo-fascisti, ed esprime indirizzi politici xenofobi. Tra le politiche dei due paesi la differenza è abissale. El Paìs analizzerà attentamente come Roma affronta il problema e non nascondiamo la preoccupazione per un certo scivolamento a destra della politica europea e, in special modo, di quella italiana, vista la composizione del governo. Anche in Spagna, tuttavia, si stanno rafforzando le politiche per il contenimento dell’immigrazione clandestina». Quali sono le linee guida delle politiche del governo di Madrid.. «Zapatero sta affrontando il problema dell’immigrazione partendo dalla situazione economica. I più colpiti dal rallentamento economico e dall’aumento della disoccupazione saranno moltissimi immigrati. I mezzi che vengono adottati da Zapatero in questa fase non sono di carattere repressivo, come in Italia, ma di protezione sociale, per evitare che un’ampia parte della popolazione, quella più debole, possa essere doppiamente colpita». Vengono ad esempio concessi microcrediti. «Esattamente, questo è uno dei mezzi per favorire il ritorno degli immigrati, queste iniziative sono state annunciate da Zapatero nel discorso di investitura dopo la vittoria elettorale. Agli immigrati verranno concessi microcrediti per permettere loro di tornare nei loro paesi e avviare una piccola attività economica. E poi è prevista la «capitalizzazione» dei sussidi di disoccupazione, il denaro che gli immigrati prenderebbero in seguito alla perdita del lavoro, viene dato ”una tantum” per favorire il ritorno con una piccola, ma significativa cifra in tasca. Certo, occorre verificare che, una volta presi i soldi, l’immigrato non torni in Spagna un mese dopo». In alcune interviste esponenti del governo spagnolo parlano di espulsioni. «Non mi risulta. In questo momento il governo sta cercando di favorire il ritorno degli immigrati, ma non punta su espulsioni di massa che sarebbero assolutamente inaccettabili e scatenerebbero polemiche. Una simile scelta non verrebbe accettata da gran parte degli elettori e della sinistra spagnola». Dunque El Pais terrà informati i suoi lettori sulla situazione italiana? «Non so se pubblicheremo tutti i giorni un reportage da Roma e dall’Italia però sicuramente seguiremo con moltissima attenzione tutto ciò che sta succedendo. Quello dell’immigrazione è certamente un serio problema anche in Spagna ora che la nostra economia comincia a dare sintomi di rallentamento, però noi, intendo dire il quotidiano El Paìs, pensiamo che non si debba affrontare questo tema accusando gli immigrati. Occorre trovare altri mezzi come la collaborazione dei paesi da dove arrivano per favorire il controllo delle frontiere e mezzi di protezione sociale soprattutto per evitare problemi come quelli che stanno emergendo in Italia, a Napoli e Roma, dove una parte disagiata della popolazione vede gli immigrati come un nemico. Provvedimenti come quelli che stanno per essere adottati dal governo di Roma favoriscono il nascere di sentimenti xenofobi». Toni Fontana Ma la Moncloa usa il ”pugno di ferro”. Avvenire 17 maggio 2008 Il governo spagnolo «rifiuta il razzismo, la xenofobia e la violenza, dunque non può condividere quello che sta accadendo in Italia», assicura la vicepresidente Maria Teresa Fernández de la Vega. Al di là delle dichiarazioni politiche, la strategia applicata da Madrid rispetto all’immigrazione clandestina è severa. Anzi, severissima. Lo era con il governo di centrodestra di José Maria Aznar e lo è ancora oggi (forse di più) con il socialista José Luis Rodriguez Zapatero alla Moncloa. Nel paese iberico le espulsioni sono aumentate del 6% nell’ultimo anno: nel 2007 sono state ben 55.938. Dal 2004 (ovvero dal primo anno di Zapatero) ad oggi, sono stati espulsi dalla Spagna oltre 370.000 ”sin papeles”. Fra la destra e la sinistra spagnola non sembrano esserci grande differenze, su questo punto. Al contrario. Lo stesso governo socialista sottolinea un dato chiave: ha espulso un 43,4% di irregolari in più rispetto all’epoca di Aznar. La strategia del premier su questo spinosissimo tema - in Spagna molto avvertito - non si basa solo sulle espulsioni, ovviamente. Madrid ha firmato accordi di rimpatrio con diversi Paesi dell’Africa occidentale. E nonostante le critiche di alcuni partner europei, coerentemente, Zapatero è andato avanti e non ha rinunciato ad una maxi-sanatoria con cui ha regolarizzato centinaia di migliaia di clandestini che vivevano e lavoravano da anni in Spagna. Ma il Paese iberico ha sempre continuato ad espellere. Anche in momenti molto polemici, quando le ong avvertivano che il rimpatrio di clandestini dalla Spagna al Marocco stava provocando un dramma: le autorità di Rabat, impreparate, stavano abbandonando gli irregolari subsahariani ai confini con altri stati africani, nel deserto. Il dramma di Ceuta e Melilla - con ondate di irregolari disperati che tentavano di attraversare il confine dal Marocco alle due città enclave spagnole sulla costa dell’Africa fu gestito con grande durezza dal governo Zapatero. Ma senza scavare troppo negli anni passati, anche le utime dichiarazioni dell’esecutivo madrileno non fanno altro che confermare la stessa linea (apprezzata in Italia dal ministro Roberto Maroni). Qualche giorno fa il governo ha annunciato che verrà prolungato il periodo massimo di permanenza nei centri per clandestini: da 40 giorni passerà probabilmente a 60 giorni. La ragione: spesso, in 40 giorni, le autorità non riescono a concludere le pratiche burocratiche e legali per l’espulsione (soprattutto quando non si conosce la reale provenienza dell’immigrato). La ”mano dura” spagnola, qualche settimana fa, ha rischiato di creare un incidente diplomatico anche con il Brasile. Le espulsioni sono aumentate del 6% nell’ultimo anno Nel 2007 sono state ben 55.938 Fra la destra e la sinistra non sembrano esserci differenze MICHELA CORRICELLI Modello Madrid: spari e filo spinato. Il Giornale 17 maggio 2008 Chi è senza peccato scagli la prima pietra. La vicepresidenta del governo spagnolo, María Fernández de la Vega dichiarava ieri che «l’immigrazione è un fenomeno necessario, ed è bene che sia sempre legale e ordinato». Quello che il numero due dell’esecutivo Zapatero si dimenticava di dire è che, vista la natura spesso tragica del fenomeno, neppure la Spagna - che ieri si ergeva a giudice - si è salvata in passato da accuse di razzismo e brutalità nel trattare gli immigrati in arrivo sul suo territorio. Criticata anche dalla Ue è stata pure la politica di immigrazione che ha portato avanti Zapatero nella scorsa legislatura, durante la quale ha dovuto spesso dare brusche sterzate per raddrizzare le sue controverse misure. La «legalizzazione» di circa un milione di immigrati nel 2005 valse al governo appena insediato di Zapatero le prime critiche. Oltre a Francia, Italia e Germania, la stessa Ue tirò le orecchie al governo socialista. L’Europa assicurava che neppure le «legalizzazioni di massa» come quella spagnola risolvono il problema dell’immigrazione, ma possono anzi generare seri conflitti nei Paesi di ricezione. Il Partito Popolare fu il primo a prevedere anche un «effetto chiamata» sui connazionali delle persone messe in regola da Zapatero. Pochi mesi dopo, era il settembre 2005, migliaia di africani provarono a scavalcare le recinzioni delle due enclavi spagnole in Africa - Ceuta e Melilla -, fatto che sembrava confermare la tesi del Pp. Anche il tollerante Zapatero dovette prendere misure drastiche. A Melilla infatti la valanga di disperati arrivò a 1.000 persone, 200 delle quali riuscirono ad entrare in città. A Ceuta ne entrarono quasi altrettante ma sui fili spinati morirono in cinque. Tre per spari di arma da fuoco - presumibilmente della polizia marocchina - e altri due impiccati ai fili spinati o schiacciati dagli altri clandestini. Gli assalti terminarono solo quando il governo socialista alzò i reticolati fino a sei metri d’altezza, mise dei dissuasori antipersona e mandò 480 militari a sorvegliare le recinzioni. I clandestini africani però iniziarono ad arrivare via mare. 1.111 cayucos - le grandi barche da pesca africane - arrivarono in Spagna nel 2006 e 704 nel 2007. In quei due anni Zapatero dovette affrontare una vera crisi umanitaria. Molti erano infatti i clandestini che non superavano i lunghi viaggi in nave per l’Atlantico. Anche i centri di accoglienza dove venivano portati una volta a terra ricevettero varie critiche dalle associazioni umanitarie come Amnesty International, che ne denunciavano il sovraffollamento e il trattamento non umano destinato agli illegali. Di fronte alla valanga di arrivi in situazioni disperate, Zapatero iniziò una politica di rimpatrio pattuita con Paesi come Mali, Mauritania e Senegal da dove proveniva la maggior parte dei clandestini. Ma anche questa operazione non si è rivelata priva di tragedie. Nel febbraio 2007 il Marine I, una nave carica di 400 emigrati africani e asiatici, rimase in panne di fronte alla costa mauritana. Il Paese africano negò lo sbarco fino a che la Spagna si offrì di rimpatriare tutti i clandestini. Dopo le prime identificazioni e rimpatrii però, il governo spagnolo mantenne 30 cittadini pachistani in un capannone del porto di Nouadhibou per mesi. Solo a luglio si decise ad accoglierli. Proprio nel giugno 2007 morì asfissiato un cittadino senegalese durante un rimpatrio. Si accusò la polizia spagnola che lo stava scortando. Secondo le ricostruzioni, i poliziotti imbavagliarono Osamuya Aikpitanhi, di 23 anni, con nastro adesivo affinché non urlasse, provocandone la morte per asfissia. In tutta risposta l’esecutivo di Zapatero propose un protocollo che consentiva alla polizia di porre camicie di forza e caschi agli illegali che si negavano al rimpatrio. La misura fu subito denunciata dalle associazioni umanitarie perché contravveniva le raccomandazioni del commissario europeo per i diritti umani. Sempre nel settembre 2007 la Guardia Civíl causò la morte di un altro clandestino di 29 anni che provava a entrare via mare a Ceuta dal Marocco. I poliziotti sono accusati di aver forato il salvagente che teneva a galla il cittadino senegalese nonostante questi urlasse che non sapeva nuotare. Come se non fosse abbastanza, Zapatero ha ora deciso di cambiare nuovamente politica migratoria. Per «sbarazzarsi» degli immigrati che lavoravano nell’edilizia e che ora - in piena crisi del settore - sono stati licenziati, ha annunciato un pacchetto di misure per convincerli a ritornare nei loro Paesi. Gli immigrati potrebbero riscuotere tutti gli assegni di disoccupazione in un colpo solo se li usassero per tornare a casa. Con buona pace di quello che dice De la Vega, per cui «l’immigrazione è un fenomeno utile». Quando fa comodo. Davide Mattei Madrid ci fa la morale ma ai marocchini spara addosso. Libero 17 maggio 2008 Diceva Gaetano Salvemini che in Italia «non si riesce mai a fare niente senza fare un gran chiasso, e spesso si fa anzi un gran chiasso per non fare niente». dunque probabile che la vicepresidente del governo spagnolo María Teresa Fernández de la Vega sia nel giusto, quando afferma che i toni del nuovo governo Berlusconi siano improntati a un tipo di "violenza, razzismo e xenofobia" che il governo Zapatero non può compartire. Infatti, il governo Zapatero non spara dichiarazioni anti-stranieri. Spara agli stranieri, direttamente. Ordinando alla polizia di sparare, infatti, venne a capo dell’assalto di clandestini che con rudimentali scale fatte di pali e gomme di bicicletta cercavano di scavalcare la doppia barriera di acciaio e filo spinato di 10,95 chilometri di perimetro per sei metri di altezza attorno a Melilla, enclave spagnola sulla costa marocchina. E poi diede ordine di iniziare la costruzione di una terza barriera, nel mentre minacciava il governo marocchino di tagliargli gli aiuti economici se non agiva contro gli accampamenti di clandestini ammassati ai confini della stessa Melilla e dell’altra enclave di Ceuta. Infatti, tra il 23 e il 26 dicembre del 2006 varie centinaia di stranieri furono prelevati a forza nella zona, fatti salire su autobus e condotti alla frontiera algerina. Senza fare sparate xenofobe, il governo Zapatero è anche quello il cui ministero dell’Interno il 3 settembre del 2007 emanò un protocollo per garantire che i clandestini fossero trasferiti in modo "degno e sicuro". Nei primi nove mesi dell’anno c’erano state infatti 8000 espulsioni, attraverso 500 voli charter o commerciali. Ma un nigeriano ci aveva rimesso la pelle, suicidandosi con una testata contro il tetto dell’aereo dopo essere stato ammanettato e imbavagliato. Così, è stata emanata la nuova direttiva in base alla quale prima di salire a bordo di un aereo i clandestini dovranno anzitutto essere accompagnati da un certificato medico, per attestare condizioni di salute che potranno nei casi limiti spingere la polizia a sospendere il rimpatrio. E sì, perché per sopravvivere ai rimpatri del governo Zapatero ci vuole un fisico bestiale. Gli immigranti vengono imbarcati con le mani legate e devono rimanere seduti con la cintura di sicurezza per tutto il viaggio. Nel caso diventassero violenti una volta sull’aereo, «potranno essere immobilizzati con mezzi che non pongano in pericolo la loro integrità fisica né compromettano le loro funzioni vitali». Traduzione? «Caschi di auto-protezione per impedire che si facciano del male da soli», e «cinturoni e indumenti immobilizzanti autorizzati» per tenere le braccia e le mani bloccate lungo il corpo. «La sicurezza del Paese e dei cittadini viene prima di ogni altra cosa»: non l’ha detto né Maroni né Alemanno, ma proprio Zapatero. Infatti il suo governo ha rispedito a casa almeno 800.000 clandestini, soprattutto nord-africani di religione islamica. E ha pure chiuso d’autorità tra le 600 e le 800 moschee clandestine. «La Spagna lavora per una politica di immigrazione legale e ordinata che permetta di riconoscere diritti e obbligazioni», ha insistito inoltre la signora de la Vega. Ripeterlo a Janaina Agostinho: brasiliana di 27 anni che a marzo arrivò a Madrid per recarsi a trovare un fidanzato spagnolo, e fu bloccata all’aeroporto per una settimana, venendo infine rispedita indietro. Aveva un passaporto valido, 500 euro in tasca, il biglietto di ritorno, un’assicurazione per il viaggio e la ricevuta di un hotel pagato per 21 giorni: il che secondo la famiglia del fidanzato sarebbe dovuto bastare. Ma dieci mesi prima il ministero dell’Interno aveva aumentato i requisiti per cittadini non Ue a 60 euro ogni giorno di permanenza, più un minimo di 540 euro in ogni caso; inoltre la lettera d’invito non bastava più farla davanti al notaio, ma bisognava compilarla presso la polizia, rispondendo a un apposito questionario. Per la verità la legge spagnola vieterebbe pure di tenere recluso qualcuno in aereoporto per più di 72 ore, ma la povera Janaina doveva viaggiare obbligatoriamente sulla stessa linea per utilizzareil biglietto di ritorno senza gravare sulle finanze dello Stato spagnolo, e quella faceva solo un volo a settimana. «I poliziotti guardano noi donne brasiliane come se fossimo tutte prostitute». ha detto la ragazza, che comunque è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Dopo che i brasiliani bloccati alla frontiera erano passati dai 17 dell’agosto del 2006 ai 452 dello scorso febbraio, infatti, il governo brasiliano si è messo a fare lo stesso ai cittadini spagnoli. Fino allo scandalo di Lucía Silva: brasiliana sposata a uno spagnolo, che per aver commesso l’errore di presentare il passaporto spagnolo invece che quello del suo Paese all’uscita dal Brasile si è trovata bloccata assieme al figlio di 22 mesi, fino a quando i sottosegretari dei due Paesi non si sono incontrati per porre fine alla ”guerra delle deportazioni”. Per la serie: Zapatero non è xenofobo, ma Lula lo è ancora meno… Maurizio Stefanini