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 2008  maggio 18 Domenica calendario

Guareschi contro Pasolini per girare il film del secolo. Libero 18 maggio 2008 EGIDIO BANDINI Erano tempi duri per Giovannino Guareschi

Guareschi contro Pasolini per girare il film del secolo. Libero 18 maggio 2008 EGIDIO BANDINI Erano tempi duri per Giovannino Guareschi. La fine di "Candido", decisa dall’editore Rizzoli nel 1961, lo aveva messo in ginocchio. La ribellione al regista Carmine Gallone per come era stato costruito il film "Don Camillo Monsignore ma non troppo" gli era costata un infarto. Nel 1963 Guareschi si sentiva solo. Così l’invito del produttore Gastone Ferranti a realizzare il «film del secolo» stuzzicò notevolmente l’orgoglio di Giovannino. «Perché la nostra vita è dominata dalla scontentezza, dall’angoscia, dalla paura della guerra, dalla guerra?» Questo l’interrogativo che doveva veder rispondere da una parte Pier Paolo Pasolini, dall’altra Guareschi. Ferranti, proprietario del cinegiornale "Mondo libero", aveva deciso di affidare a Pasolini un lungometraggio che analizzasse gli ultimi dieci anni della nostra storia, rispondendo ai tanti interrogativi che attanagliavano una società uscita dalla Seconda guerra mondiale e non ancora padrona del boom economico. Ma Pasolini aveva una visione di parte, serviva qualcuno che potesse suonare l’altra campana. A Ferranti venne in mente di interpellare Guareschi, il quale accettò. Condizione: recarsi a Roma e stabilirvisi per il tempo necessario alla lavorazione. Compenso: cinque milioni di lire. Ferranti iniziò a costruire un battage pubblicitario sul confronto fra due personaggi così famosi per la nettissima opposizione di idee. Urgeva creare interesse e qualche polemica. Nacque la leggenda della richiesta, da parte di entrambi, di non incontrarsi mai fino alla fine della lavorazione, costringendo il produttore ad erigere un muro fra i due studi di montaggio (cosa risultata poi del tutto falsa), così come si diffusero voci sulla disistima dell’uno nei confronti dell’altro, al punto di ignorare completamente le reciproche opere, temendo di potersi trovare d’accordo con l’avversario su qualcosa. Alla fine si optò addirittura, cosa inaudita a quei tempi, per uno spot televisivo di tre minuti nel quale i due registi si scambiavano una lettera. Iniziava Pasolini, che scriveva a Guareschi: «Egregio Guareschi, se la rispetto come umorista, la rispetto meno come scrittore. E appunto perché lei userà le armi della mediocrità, del qualunquismo, della demagogia e del buon senso, lei riuscirà vincitore in questa nostra polemica, lo so bene. Ma quale è la vera vittoria, quella che fa battere le mani o quella che fa battere i cuori? Stia bene suo Pier Paolo Pasolini». Le schermaglie reciproche Rispondeva Giovannino: «Egregio Pasolini, scherza coi fanti e lascia stare i santi. Ma lei, per aver scherzato coi santi, s’è preso quattro mesi con la condizionale, mentre io, per aver scherzato coi fanti, ho dovuto macinarmi tredici mesi di prigione, epperciò, ben conoscendo la situazione, prego ardentemente Dio d’evitarle, anche in avvenire, la galera. Non potendoLe dire "arri vederci" perché le nostre strade vanno in direzioni opposte, La prego gradire i distinti saluti di Giovannino Guareschi». In realtà, Guareschi mal sopportava questa fatica, tanto che il 12 gennaio 1963 scriveva al figlio Alberto: «Caro Alberto, sono al Ludovisi (albergo di Roma ndr ). Il lavoro che devo fare è difficile e mi piace poco. Probabilmente mi sono rimesso a lavorare troppo presto: non sono ancora in grado di riprendere la attività interrotta. Comunque ciò che è fatto è fatto: in un mese debbo finire. Ho firmato e non posso tirarmi indietro. Cerca di goderti il servizio militare come una vacanza. Ti assicuro che la vita di tutti i giorni, com’è oggi combinata è, molto spesso, disgustosa. Ma questo è un altro discorso: è precisamente quello che sto cercando di fare coi 1500 metri di pellicola a disposizione. "Perché la nostra vita è dominata dalla scontentezza, dall’angoscia, dalla paura etc?" Mica facile rispondere. Me ne sto accorgendo». Questa "Rabbia" che dovrebbe essere l’idea del secolo, pare non riesca a coinvolgere Giovannino, almeno all’inizio. Due settimane dopo, scrive invece ad Alberto: «Caro Alberto, ricevo la tua. Non sono "giù di giri". Credi, qui va molto meglio. Sto perdendo un sacco di tempo perché il materiale estero tarda ad arrivare. Comunque il lavoro non è sgradevole. Spero che riesca almeno decente. Quelli del "Borghese" (la Preda) (il riferimento è a Gianna Preda, collaboratrice de "Il Borghese" ndr ) si sono messi gentilmente a disposizione per fornirmi fotografie. Non mi spaventa il fatto che dovrò fermarmi tutto febbraio». Sembra tornare il Guareschi battagliero. Il film sembra veleggiare sicuro verso il successo: il promo viene trasmesso in tivù, ottenendo l’effetto sperato, e ai primi giorni di aprile arriva il visto della censura. A Pasolini, però, il risultato non piace, si dissocia pubblicamente dal film, e minaccia a mezzo stampa di ritirare la firma. Questo non impedisce alla Warner Bros, che aveva la distribuzione del lungometraggio nelle sale, di far uscire "La Rabbia" contempo raneamente sulle due piazze più importanti d’Italia: Roma e Milano. un fallimento: il film viene disertato dal pubblico e ritirato dopo pochissimi giorni di programmazione. La strana coppia naufraga Guareschi scrive sconsolato a Ferranti: « Eccezion fatta per i ritagli di alcuni giornali con le (per me) divertenti affermazioni di P. P. P. e le sue insostenibili pretese circa il ritiro della sua firma, non ho notizie della Rabbia. Da un accenno in una lettera di Solito mi pareva che il film fosse stato programmato in qualche cinematografo. Ma scorrendo su "Paese Sera" gli annunci dei cinema romani, non trovo niente. Come è finito il nostro povero film? stato ritirato? stato bocciato dal pubblico? Naturalmente sono piuttosto preoccupato perché se fosse avvenuto ciò che io temo ne riceverei uno scorno assai grave. Comunque siano andate le cose io ho la coscienza di aver fatto tutto quanto era in mio potere di fare. Caso mai il mio errore avendo sempre avuto i dubbi che Le ho espresso a suo tempo - è stato quello di accettare la Sua proposta. Ma rifiutare mi sembrava di disertare una battaglia. Intendevo pubblicare su un quotidiano milanese una risposta alle affermazioni di P. P. P. ma, se il film è naufragato, credo sia meglio lasciar perdere». la fine dell’avventura cinematografica della strana coppia Pasolini-Guareschi, "La Rabbia" finisce nel dimenticatoio e Giovannino, più che mai rattristato, scrive al figlio: «Caro Alberto, Tutto il lungo e faticoso lavoro della Rabbia è risultato improvvisamente inutile. Il film, per un seguito di ragioni che - così mi dicono - mi saranno spiegate, è naufragato, ritirato dalla circolazione prima ancora di andarci. logico che per me è uno smacco notevole, anche se non ne ho nessuna colpa. E, oltre al resto, ci rimetterò netti netti tre milioni. Infatti dei cinque stabiliti, ne ho avuti solo due. E non oso neppure sperare di avere gli altri tre (più mezzo milione di spese) Bisogna che mi convinca: il mio mondo è finito e sto vivendo in un mondo nuovo che non è il mio. Ieri ho parlato col produttore del film: bisogna essere sinceri; il film era sbagliato. Adesso ti spiego: gli appassionati di boxe vedono un manifesto: "Domani, incontro Pasolini - Guareschi". Gli appassionati vanno a vedere il match e cosa trovano? Non uno ma due rings. In uno P. P. Pasolini e nell’altro G. Guareschi. Gong: il G. G. e il P. P. P. incominciano a sparare cazzotti all’aria. Non è possibile un match con un pugilatore solo». Finisce dunque qui l’idea cinematografica del secolo, naufragata contro il mancato apprezzamento del pubblico e l’ostracismo della critica. La rinascita di Giovannino Un naufragio dal quale, però, "La Rabbia" sta riemergendo, grazie alla cineteca nazionale di Bologna, che le dedicherà una mostra ed una serie di conferenze e proiezioni, per ragionare del Guareschi filmico passando attraverso questo lungometraggio che, finito nel nulla, significò uno smacco per Guareschi, ma diede vita alla volontà di lavorare che porterà alla collaborazione con "Oggi", con "Il Borghese", e alla realizzazione del film "Il Compagno don Camillo". Da una sconfitta ad una nuova vittoria, per lo scrittore che non smetteva mai di sperare nella Provvidenza, come recita il suo commento proprio alla fine de "La Rabbia": «Nonostante Mao, Krhuschev e gli altri guai, vale ancora le pena di viverci, su questo pianeta! Una fiamma scalda ancora il nostro vecchio cuore di terrestri. E, in noi, è ancora più forte la speranza che la paura. Grazie a Dio». EGIDIO BANDINI