Luigi Bignami, la Repubblica 16/5/2008, 16 maggio 2008
LUIGI BIGNAMI
Le future generazioni dovranno affrontare carestie, mancanza d´acqua ed epidemie se si dovesse continuare a permettere che la molteplicità della vita sul nostro pianeta continui precipiti al tasso degli ultimi 35 anni. In questi tre decenni e mezzo, infatti, la biodiversità, ossia la varietà di forme viventi nei vari ecosistemi del nostro pianeta, è diminuita di oltre un quarto.
L´austero richiamo è stato lanciato dal Wwf nel suo rapporto 2010 and Beyond: Rising to the Biodiversity Challenge pubblicato in questi giorni. Nel lavoro si scopre che l´Ipv (l´Indice del Pianeta Vivente) è sceso da 1 nel 1970 (preso come anno di riferimento) a 0,725 negli ultimi anni. L´Ipv può essere definito come l´andamento delle popolazioni delle specie viventi, ossia la loro variazione numerica nel tempo, ed è un indice che permette di capire lo stato di salute della biodiversità. In particolare sono stati studiate 4.000 popolazioni di esseri viventi appartenenti a 1.477 specie di vertebrati, perché più semplici da seguire nel tempo e perché molto rappresentativi della situazione generale.
Ovviamente la perdita più o meno grave di forme viventi all´interno di un ecosistema è indice della perdita di qualità dell´ecosistema stesso. «La biodiversità è il pilastro della salute del nostro pianeta e ha un diretto impatto sulle nostre vite. Lasciare che essa si riduca significa che milioni di persone avranno presto a che fare con mancanza di cibo, pestilenze e scarsità di acqua. E nessuno deve pensare che ne sarà immune. Minore biodiversità, infatti, significa un minor numero di piante da cui estrarre medicine, maggiore vulnerabilità ai grandi disastri ambientali e maggiori effetti legati al riscaldamento globale», ha spiegato James Leape, Direttore Generale del Wwf International.
Preso atto di questo meccanismo, nel 2002 i governi del mondo si impegnarono nel ridurre il tasso di perdita della biodiversità entro il 2010. Un impegno, tuttavia, del tutto disatteso, visto che secondo l´ultimo rapporto del Wwf proprio negli anni successivi alla firma del trattato la situazione è ulteriormente peggiorata. L´Ipv degli uccelli è precipitato del 30% tra il 1995 e il 2005, quello delle specie di pesci di acqua dolce, nello stesso periodo, è sceso del 29%, quella dei pesci del mare del 28% e dei vertebrati terrestri del 25%, anche se nell´arco di 35 anni.
Le proiezioni non sono certo confortanti. Se la situazione dovesse continuare di questo passo, la vita sulla Terra potrebbe raggiungere uno stadio assai pericoloso per la propria sopravvivenza nell´arco di 50-70 anni. C´è poi un altro dato di grande importanza nel rapporto del Wwf, l´Ecological Footprint, ossia l´"impronta dell´uomo" sull´ambiente. Misura la richiesta dell´uomo alla biosfera per produrre risorse a lui necessarie per la sopravvivenza. Dato come valore 1 il caso in cui la richiesta dell´uomo è esattamente quella che la biosfera è in grado di offrirgli, nel 1961 il valore equivaleva a 0,5: ossia l´uomo richiedeva al pianeta circa la metà di ciò che poteva offrirgli. Oggi, invece, il valore è di 1,25: e ciò significa che la Terra non è più in grado di mantenere il passo con quanto l´uomo le chiede. Se questo andamento continuerà nel tempo, entro il 2100 l´uomo avrà bisogno di due pianeti per soddisfare le proprie esigenze. Sempre che ci arrivi.