Mauro Corona Le voci del bosco Mondadori 2008, 19 maggio 2008
Come ogni cosa preziosa data dalla natura è raro, e, nel bosco, solo dopo aver incontrato cento faggi trovi, forse, un maggiociondolo
Come ogni cosa preziosa data dalla natura è raro, e, nel bosco, solo dopo aver incontrato cento faggi trovi, forse, un maggiociondolo. Vorrei assomigliargli e già mi considero un poco simile a lui, anche se, in verità, io sono un carpino. Mentre cerchi di scovarlo, nella selva incontri processioni infinite di faggi che rappresentano la grande umanità del mondo. Vi è un posto, al mio paese, nel quale si può udire la voce di due faggi che piangono. Non ho mai saputo il perché di quel lamento (non hanno voluto dirmelo), ma li vedo sempre abbracciati, le teste reclinate, come a sostenersi a vicenda nel dolore straziante. Da Casso, il paesino sospeso sulla rupe, sopra la diga del Vajont, si prende l’antico sentiero dei carbonai, in direzione di Longarone. Dopo dieci minuti di cammino, alla fine del muro in pietra sul quale sta fissata la targa bronzea in omaggio alle portatrici - donne di fatica che avevano l’incarico di portare sacchi di carbone dalla valle del Vajont a Longarone -, subito a sinistra della via si trovano i due faggi piangenti. Aspettate che passi un po’ di vento a muoverli e da quei tronchi uscirà un suono dolcissimo e struggente come un pianto lontano e misterioso. Nelle sere d’autunno, quando la solitudine comincia a pesare e l’ombra dell’inverno s’avvicina, mi reco spesso in quel luogo e sto seduto per ore, sul margine tranquillo della via, ad ascoltare l’incredibile lamento dei faggi piangenti.