Leonardo Coen Putingrad Alet 2008, 16 maggio 2008
Coen Leonardo Putingrad Alet 2008 Vladimir Vladimirovič Putin, ex tenente colonnello del Kgb, nipote del cuoco di Stalin: solo Mosca lo ha reso quello che è
Coen Leonardo Putingrad Alet 2008 Vladimir Vladimirovič Putin, ex tenente colonnello del Kgb, nipote del cuoco di Stalin: solo Mosca lo ha reso quello che è. (pg. 25) Un giorno ho indossato i panni del fotografo, e mi sono preso la briga di andare a stanare tutte queste città dentro Mosca. E’ passato più di un anno, e continuo a cercarle. Mi sono perso più volte, illudendomi di averle trovate: e invece ne scoprivo un’altra, di Mosca nella Mosca. E’ una città labirintica, inestricabile, in perenne mutazione. E’ così che ho concepito la trama di Putingrad: legata a un percorso pieno di deviazioni, soste, luoghi che sono memorie e memorie che diventano luoghi. Ma facendo in modo che si dipani sempre lungo lo stesso cammino: quello del Kutuzovskij prospekt, un viale emblematico. Perché è dedicato al grande generale che sconfisse Napoleone, e rappresenta una pagina di Storia. Io abito in un appartamento al primo piano di una casa della nomenklatura. Poi c’è l’ultima, novissima Mosca, griffata Putin. Ovvero Putingrad. Mirabolante e fantasmagoria: una creatura dinamica, travolgente. Sembra che corra, chissà dove. In verità, sempre più spesso, si arrampica tra le nuvole, in verticale, con nuovi grattacieli più alti di quelli appena costruiti. Metafora della "verticale del potere" predicata e attuata dal Cremlino. E tuttavia la sua non è una corsa, ma una rincorsa. Replica in modo accelerato e inquietante un mondo che è passato bruscamente dalle privazioni alle privatizzazioni. Giorno dopo giorno il paesaggio urbano e quello antropologico stanno cambiando pelle. E’ esplosa l’edilizia selvaggia a macchia di leopardo: gli speculatori, spalleggiati da una burocrazia locale ben oliata dalle bustarelle, costruiscono espropriando giardini, cortili, asili, campi sportivi, infilando le magioni per super ricchi dentro i quartieri del centro, infischiandosene delle proteste di ambientalisti e delle Belle Arti. Il sindaco Jurij Lužkov, non per nulla, lo chiamano "il demolitore". Mosca ribolle come i samovar delle sue bellissime vecchie case, ma rischia di svanire sotto l’assalto delle scavatrici e dei martelli pneumatici. Gli Stati Uniti tornano a essere il Grande Nemico; ma poi i russi vanno in deliquio per le sit-com americane e i teenager moscoviti affollano l’enorme McDonald’s, il più grande mai costruito fuori degli Usa, che campeggia nella centralissima, emblematica piazza Puškin. Le arterie vitali si estendono lungo la splendida metropolitana, scendendo giù in profondità, accogliendo ogni giorno 8.750.000 passeggeri per poi trasportarli lungo i 276 chilometri di una rete sotterranea ramificata in 12 linee punteggiate da 173 stazioni. Putingrad impone spostamenti omerici: da una parte all’altra della città, sessanta chilometri.