La Repubblica 15 maggio 2008, GIANNI CLERICI, 15 maggio 2008
Ciao, cara Henin tormentata regina e splendida solista. La Repubblica 15 maggio 2008 Giunge dal Belgio la notizia del ritiro della Numero Uno, Justine Henin, e tutto il mondo del tennis appare esterrefatto, e i giornali che più di tennis si occupano spediscono i loro segugi, per capire
Ciao, cara Henin tormentata regina e splendida solista. La Repubblica 15 maggio 2008 Giunge dal Belgio la notizia del ritiro della Numero Uno, Justine Henin, e tutto il mondo del tennis appare esterrefatto, e i giornali che più di tennis si occupano spediscono i loro segugi, per capire. Chissà cosa risponderà Justine, che con gli scribi, specie quelli del suo paese, non ha mai intrattenuto grandi rapporti. Chissà se riterrà di rivelare ragioni tanto riservate da tenerle nel profondo. Non ha avuto una vita facile, questa grandissima tennista, dotata di genio e priva di muscoli, addirittura gracile, e all´apparenza disadatta agli sport. Ha dietro ai suoi pochi anni, Justine, un´infanzia complicatissima, turbata, per quanto un estraneo ne possa sapere, da un padre con cui non era possibile convivere. Sostituito, il genitore, da una figura paterna, al contempo allenatore, a nome Carlos Rodriguez. Uno capace di gestire un talento troppo grande, e quindi pericoloso, soprattutto in una ragazza turbata, incerta sino alla confusione, all´autolesionismo. Una vita, quella della Henin, trapunta da scelte e immediati pentimenti, su su fino al tentativo di imitare i più, gli altri, con un matrimonio borghese, un bel giovanotto qualunque e squattrinato che molti avevano presto soprannominato Monsieur Henin, figurarsi. Matrimonio terminato con un precoce divorzio, e alimenti allo sposo. Non rappresenta una novità che la vita privata delle dive sia disseminata da ripetute ferite. Nè oso credere a qualcuno molto vicino a Justine, che mi parlò un giorno di propositi suicidi. Quel che vorrei scrivere oggi è una sorta di biglietto di auguri, un biglietto intriso di gratitudine per gli straordinari istanti dei quali le sono debitore, nel mio ruolo di appassionato spettatore. Ho dedicato non meno di due anni della mia lunga vita nel rintracciare memorie e documenti di un´altra tennista, Suzanne Lenglen. Dopo giorni e giorni spesi negli archivi di Pathè Film sono addirittura riuscito a rintracciare una serie di fotogrammi graffiati dal tempo. Posso serenamente confessare che, della Lenglen, Justine è stata l´unica che mi è parsa in grado di ripetere i gesti, gesti sublimi, simili a quelli di un Nijinsky donna, lanciata in un entrechat huit. Ma mi spingo addirittura oltre. Al rovescio. Nel gesto meno naturale del gioco, Justine è stata la sola a innovare, e compiere un disegno talmente geniale da meritare la firma di Leonardo da Vinci. Gesto mai immaginato da essere umano, le dita della mano sinistra aperte nell´aria, la mano destra chiusa sul manico spinto dal pollice, il tallone sinistro alzato e formare, con la pianta del piede, un arco mirabile. Mi è accaduto, in tribuna stampa, di balzare in piedi a applaudire, nella disapprovazione di colleghi soprattutto anglosassoni, no claps in the press box, isn´it? Rispettavano le regole, e insieme avevano torto. Perchè un acuto della Callas, o un volteggio della Duncan non si possono non applaudire, se si è autentici aficionados. Consapevoli che da quelle straordinarie esecutrici ci giunge un dono, qualcosa di irripetibile, divino. Justine era una delle Grandi, era diversa, tanto che rilutto a ricordare le sue vittorie nei Grand Slam, la inavvicinabile supremazia al Roland Garros, le incertezze su altri campi meno congeniali, finchè, nell´ultimo biennio, non giunsero anche le ultime consacrazioni. Con l´eccezione, che mi pare incredibile, di Wimbledon, del Torneo che possiamo assimilare alla Scala. Sarebbe una buona idea, mi pare, che le assegnassero ad honorem il grande piatto d´argento cesellato. Nessuno l´ha meritato più di lei. GIANNI CLERICI