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 2008  maggio 16 Venerdì calendario

BURANI

BURANI Walter Cavriago (Reggio Emilia) 24 gennaio 1933. Imprenditore. Fondatore e presidente del Mariella Burani Fashion Group, griffe di moda intestata alla moglie per cui nel 2010 il Tribunale di Milano chiese il fallimento, il 28 luglio 2010 fu arrestato (domiciliari) insieme al figlio Giovanni (bancarotta fraudolenta per dissipazione e falso in bilancio) • «[...] Non è solo un altro caso di azienda vittima della recessione; è la triste conclusione di una storia di finanza allegra e piroette borsistiche. Walter Burani è un imprenditore del settore abbigliamento. Il boom di Borsa lo trasforma in acclamato finanziere che in 7 anni riesce a quotare 5 società: un vero record. Comincia nel 2000, con la quotazione di Mariella Burani Fashion Group (MBFG), sfruttando l’ultima tornata di matricole, prima che scoppi la bolla. Ma dopo che Burani ha provveduto a cedere le azioni di MBFG a Burani Design Holding (BDH), di diritto olandese, a un decimo del prezzo di collocamento: così, quando BDH colloca le azioni, non si pagano imposte sulla plusvalenza realizzata. Collocate a 7 euro, toccano un massimo di 27 nel 2007; poi diventano carta straccia. Nel 2004, con la ripresa della Borsa, Burani riprende le danze: è la volta di Greenvision, settore ambiente, collocata da Greenholding, altra holding di Burani. Stessa storia [...] Nel 2005 tocca a Bioera, alimentare e benessere, sempre di Greenholding [...] Nel 2006, colloca la partecipata della partecipata, Antichi Pellettieri, controllata da MBFG [...] Nel 2007, esaurite le aziende produttrici, quota la scatola di controllo, BHD, al mercato Aim di Londra. Ma non prima di aver rifatto il giochino: prima della quotazione di BDH, i Burani conferiscono in questa holding le azioni di MBFG che detengono direttamente. Portando in Borsa BDH, incassano così soldi dal mercato a fronte di titoli MBFG, senza cederli, e senza diluire il controllo del gruppo. L’ultima piroetta è dell’agosto 2008, 11 mesi prima che i revisori dichiarino venuti meno i presupposti della continuità aziendale. BDH, quotata, conferisce la propria partecipazione in MBFG alla Mariella Burani Family Holding (MBFH), un’altra holding non quotata, che in questo modo viene a detenere il 60% di MBFG. MBFH usa poi i titoli MBFG come pegno per finanziare con debito bancario, oltre a 20 milioni raccolti da non ben identificati Fondi, un’Opa sul 15% del capitale della stessa MBFG. Chi cercasse nelle 158 pagine del prospetto informativo le motivazioni di un’operazione finanziaria così astrusa (un gruppo indebitato crea la holding della holding per acquistare prevalentemente a debito titoli di una società che già detiene al 60%) troverebbe esattamente due righe, dove si di dice che il titolo era sottovalutato (sic!). Forse si voleva alimentare un po’ di “entusiasmo” per il titolo MBFG. Dal prospetto si apprende poi che BDH aveva anche speculato al rialzo sulla controllata MBFG, attraverso due equity swaps. E stipulato ben 11 patti parasociali. Una giostra con la quale Burani ha raccolto 370 milioni in Borsa e quasi 700 milioni di debiti. Tutti questi soldi sono serviti per una campagna acquisti non stop che ha alimentato una crescita, diventata, insieme al Made in Italy, il principale strumento di marketing in Borsa, per richiedere sempre più soldi; senza mai diluire il controllo. Ecco il lato oscuro del capitalismo familiare italiano, che in troppi non vogliono vedere. La strategia, però, ha affossato il gruppo, indebolendone la struttura finanziaria: già prima della crisi, a fine 2007, avviamento, partecipazioni e crediti finanziari (tutti di difficile valutazione) costituivano due terzi del capitale netto investito del gruppo BDH. Un castello di carta che è crollato. Ma che non sarebbe stato possibile senza l’incompetenza, o l’interessata compiacenza delle banche. Come Rasfin, Intesa, Mediobanca o Bnp, che hanno collocato le matricole; Ubs, Merrill Lynch, Goldman Sachs che raccomandavano “Buy” 15 mesi prima del dissesto; Centrobanca che ha finanziato l’Opa; Mittel e Interbanca socie delle holding; Lehman e Natixis controparti degli swaps. Tutte hanno incassato laute commissioni, ma non sono chiamate a rispondere del disastro» (Alessandro Penati, “la Repubblica” 6/2/2010) • Nel 2008 furono arrestati due investigatori (Giorgio Dragani e Walter Muzio) che avevano spiato per suo conto Sandro Siniscalco (Milano 8 febbraio 1953), amministratore delegato della controllata Greenvision: «Parlava male di me e dei miei figli». I figli sono Giovanni Valter (Parma 20 ottobre 1964), amministratore delegato Strategic Development & Finance e Andrea (Reggio Emilia 18 settembre 1966), amministratore delegato Product & Operations.