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 2008  maggio 15 Giovedì calendario

Niente fumo, siamo turchi. La Stampa 15 maggio 2008 Erdogan dice che non possiamo più vendere alcolici?! Be’, il primo ministro sbaglia

Niente fumo, siamo turchi. La Stampa 15 maggio 2008 Erdogan dice che non possiamo più vendere alcolici?! Be’, il primo ministro sbaglia. Non si preoccupi: se viene a cena da noi potrà tranquillamente bere il suo bicchiere di vino e nessuno le dirà niente». Mostra tutta la sua irregolare dentatura, Osman Kutuk, divertito all’idea che qualcuno si preoccupi degli effetti della legge appena entrata in vigore, che vieta la vendita «frazionata» di bevande alcoliche e sigarette. Nel suo ristorante, il «Kimene» (espressione a metà tra «Me ne frego» e «Sono affari miei») oggi nulla appare diverso da ieri. Eppure il provvedimento 5752, che qualcuno annovera già tra le «riforme islamizzanti» volute dal leader del partito islamo-moderato Giustizia e Sviluppo (Akp), vieterebbe di fatto la vendita del singolo bicchiere di qualsiasi bevanda alcolica, costringendo i consumatori a uno spiacevole aut aut: l’acquisto dell’intera bottiglia (spesso troppo cara per le tasche dei turchi, a causa delle forti tasse sugli alcolici imposte nel 2003 proprio dall’Akp) o la rinuncia a favore di una bevanda analcolica. La nuova legge mirerebbe a colpire anche un’altra abitudine fortemente radicata nella società turca: la vendita di singole sigarette, al posto dell’intero pacchetto, in banchetti improvvisati o nelle edicole. «Tayyip (Erdogan, n.d.r.) è un fanatico. Io non smetterò certo di vendere le sigarette una per una, se la gente continuerà a chiedermele», è la presa di posizione di Mustafa, che ha un banchettino nei pressi di piazza Taxim, dove la presenza della polizia è costante. E se le fanno un controllo? La risposta ridicolizza la domanda: «Crede forse che io abbia un permesso per vendere le sigarette così? Se mi vengono a chiedere qualcosa mi sposterò semplicemente da un’altra parte. Così funzionano le cose qui». Poco distante, nell’elegante brasserie «M & R» sulla Istiklal (la famosa strada di Istanbul ricca di negozi, bar e ristoranti), la scritta «Cocktail» all’interno del locale continua a restare accesa. «Noi siamo esentati da questo provvedimento - spiega uno dei camerieri -. Siamo un locale che attrae turisti e quindi la cosa non ci riguarda». L’equazione turista-non musulmano è implicita ma chiara, così come ineccepibile appare la successiva osservazione: «Se un cliente desidera un cocktail, le pare possibile che io poi gli debba vendere tutte le bottiglie che ho utilizzato?». Ma proprio qui sta il punto: i principali giornali turchi stanno insistendo su come questa legge altro non sia che una forma non esplicita di «moralizzazione dei costumi», che mira a rendere la vita più difficile a chi non segue gli standard di vita giudicati appropriati dall’Akp. Serhan gestisce un locale nella Nevizade, strada lungo la quale i locali si susseguono senza interruzione. Con fare beffardo ci mostra una foto da oggi in bella mostra vicino al bancone: ritrae la Regina Elisabetta II (in visita ufficiale in questi giorni in Turchia) che alza il calice per un brindisi con il devoto presidente della Repubblica Abdullah Gul. Dal bicchiere del Capo dello Stato turco parte una freccia che termina nella scritta «Portakal Suyu», spremuta d’arancia. «Facendo così si rendono solo ridicoli. Nessuno prende sul serio questa nuova legge», ci sussurra all’orecchio con tono confidenziale. Sarà. C’è però chi, invece di trovare gli esponenti del partito di governo ridicoli, li ritiene pericolosi. E’ il caso ad esempio del capo della Cassazione, che due mesi fa ha inoltrato alla Corte Costituzionale la richiesta di chiusura del Partito Giustizia e Sviluppo. L’accusa è quella di aver promosso «attività antilaiche atte a instaurare la legge islamica» in un Paese ancora fortemente ancorato al concetto di laicità alla francese. Qualora la Corte Costituzionale desse ragione al numero uno della Cassazione, non solo il partito attualmente al governo verrebbe sciolto, ma Erdogan e Gul, insieme a un’altra settantina di esponenti dell’Akp, sarebbero banditi dalla vita politica per 5 anni. Tra chi si preoccupa molto e chi per nulla, c’è infine chi si affida al senso pratico. «In Turchia si fa sempre molto rumore per nulla», spiega un altro avventore di un locale. «Si fa la legge e si trova un modo per aggirarla il giorno dopo». Tra le mani tiene un nuovo prodotto e ce lo mostra: una bottiglia miniaturizzata di «yeni raki». «Ecco inventata - aggiunge - la bottiglia-bicchiere, perfettamente in regola». Le aziende produttrici della tipica bevanda alcoolica turca, che rischiavano di rimanere pesantemente penalizzate dal nuovo provvedimento governativo, senza perdere tempo sono corse ai ripari. Tiziana Prezzo