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 2008  maggio 15 Giovedì calendario

IL DOPPIO PARADOSSO

La Repubblica 15 maggio 2008
Il quarto governo Berlusconi eredita conti pubblici senz´altro migliori di quelli che, a sua volta, aveva lasciato al secondo governo Prodi. Basti pensare che la Commissione europea ha formalmente chiuso la procedura di disavanzo eccessivo – avviata quando era Giulio Tremonti il ministro dell´Economia – poche ore prima che Berlusconi salisse al Quirinale e leggesse la lista dei suoi ministri. Ma il risanamento operato dal governo Prodi è stato incompleto.
è avvenuto quasi interamente sul lato delle entrate, che reagiscono molto più della spesa pubblica all´andamento generale dell´economia.
E´ bastato che l´economia rallentasse (la crescita dovrebbe essere quest´anno di un modesto 0,5 per cento, un terzo di quella del 2007) perché le entrate calassero (meno 6 per cento in aprile) e ci tornassimo ad avvicinare pericolosamente alla soglia oltre la quale scatta la procedura per disavanzo eccessivo. Per queste ragioni la commissione europea ha chiesto in questi giorni al nuovo esecutivo di tenere ben stretti i cordoni della borsa, compensando ogni taglio di tasse con equivalenti riduzioni di spesa o, comunque, senza contraccolpi sui saldi di bilancio.
Questo significa che il governo è chiamato fin da subito a delle scelte che marcheranno la politica economica di gran parte, se non di tutta, la nuova legislatura. Se fai una cosa, non ne puoi fare un´altra. La prima cosa fatta, peraltro, è stata la concessione di un prestito ponte ad Alitalia di 300 milioni, che sta bruciando circa 100 milioni di euro al mese. Difficile rivedere indietro quei soldi.
Il governo sembra ora intenzionato a rispettare subito due delle promesse fatte in campagna elettorale: la cancellazione totale dell´Ici sulla prima casa (confermata proprio ieri da Tremonti) e la parziale detassazione del lavoro straordinario (su cui il ministro Sacconi si è alquanto speso in questi giorni). Per attuare queste due misure avrà bisogno di risorse ingenti.
Sono entrambe misure popolari (da fine legislatura più che da primi cento giorni), ma anche molto costose. I loro costi peraltro vanno molto al di là del gettito di queste imposte, stimabile in poco meno di 10 miliardi. Vediamo perché cominciando dall´Ici.
L´Ici è una delle poche tasse che in Italia non opera prelievi sul reddito, tartassato e anche per questo fortemente evaso. Ha come oggetto un bene immobile, la casa, con un´offerta poco sensibile alle variazioni di prezzo e quindi che può essere tassato con effetti molto meno distorsivi delle tasse sul capitale o sul lavoro che dovranno essere aumentate per compensare la perdita dell´Ici. Inoltre proprio in virtù della sua immobilità, l´Ici non crea conflitti fra giurisdizioni sulla titolarità del gettito e dunque, è diventata la fonte primaria di finanziamento per molti Comuni. Gli enti locali dovranno ora essere compensati per la perdita dell´Ici. Se la compensazione, come sembra, sarà totale, quei Comuni che avevano alzato l´Ici di più, magari perché incapaci di contenere le spese, ora riceveranno proporzionalmente di più dallo Stato come compensazione. E´, dunque, un´operazione coerente con quel federalismo all´italiana, che ha fin qui decentrato spesa mentre accentrava il prelievo, che ha aperto voragini nei nostri conti pubblici.
Facile perciò prevedere che costi ben più dei circa 2 miliardi che vengono oggi raccolti con l´Ici, dopo il primo taglio operato dal governo Prodi. Ed è davvero paradossale che il primo atto di un esecutivo che ha promesso agli elettori di affrontare il nodo del federalismo fiscale sia proprio l´abolizione totale dell´unica vera tassa locale oggi esistente.
Non molto diverso è il caso della detassazione degli straordinari. Oggi circa un terzo dei lavoratori dipendenti svolge lavoro straordinario remunerato, per mediamente 4 ore alla settimana. Chi fa gli straordinari ha un salario di circa un decimo superiore alla media. Date queste premesse, si può stimare che la semplice detassazione (lasciando i contributi sociali sul lavoro straordinario inalterati) potrebbe costare fino a 7 miliardi di euro. Nel caso in cui si introducesse, invece, una tassa sostitutiva, ad esempio una cedolare secca del 10 per cento sul lavoro straordinario, la misura costerebbe comunque poco meno di 5 miliardi. Ma i costi sarebbero comunque destinati a lievitare ben al di là di questa cifra. La ragione è semplice. Una volta introdotto un regime diverso per il lavoro straordinario (o per le componenti variabili del salario, come propone Sacconi), i datori di lavoro e i dipendenti vorranno trasferire gran parte della propria contribuzione dalla parte ordinaria a quella straordinaria o variabile. Oggi per ogni 100 euro in più destinati al lavoratore medio, circa 30 vanno alle tasse e altri 30 ai contributi sociali. A questi lavoratori (e ai loro datori di lavoro) non sembrerà vero di poter accedere a un prelievo di soli 10 euro per ogni cento di retribuzione. Verranno così assunti solo quei lavoratori che sono disposti a fare gli straordinari, tra cui certamente non primeggiano le donne. E alla fine dovremo trovare un altro modo, senz´altro più costoso, di rimpiazzare queste tasse, opprimendo qualcun altro con un prelievo a quel punto superiore al 60 per cento. Non c´è mai un limite agli eccessi quando si fanno le scelte politiche sbagliate.
Tito Boeri