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 2008  maggio 13 Martedì calendario

Un salvagente all’uomo del Ponte. La Stampa 13 maggio 2008 Bastano due frasi e si capisce perché lo chiamano così, «Lega Lombardo»

Un salvagente all’uomo del Ponte. La Stampa 13 maggio 2008 Bastano due frasi e si capisce perché lo chiamano così, «Lega Lombardo». Un altro paio e si scopre che la sua missione è quasi rivoluzionaria, «la discontinuità». Ma al momento, per Raffaele Lombardo, la continuità è viaggiare: da Catania a Palermo, perché pare più difficile far nascere una giunta regionale che un governo; poi a Roma, per spuntare almeno due sottosegretari; quindi a Catania, per le prossime elezioni provinciali. Un pendolare della trattativa. Manco il tempo per il rito della domenica, il maialino arrostito con gli amici nella campagna di Giammichele. O per vedere il Giro d’Italia che riparte proprio da Catania «O si fa così, ci si impegna nella forte discontinuità, oppure la Sicilia affonda», dice lui, più o meno come Bossi quando parla della sua Padania. La differenza è che su al Nord vogliono il federalismo fiscale, qui no, nella Sicilia a statuto speciale i soldi delle tasse se li tengono da sempre. Quel che Lombardo vuole, il suo salvagente per non affogare, vale l’ultimissimo soprannome, l’Uomo del Ponte. «E questa è la volta buona - spiega - i lavori per il ponte sullo Stretto stavano per iniziare due anni fa e li ha bloccati il governo Prodi. Con tutti i denari finiti nelle società e nei progetti è ora di interrompere la sterilità». Dalla Presidenza della Regione, a Palermo, è uscito Totò Cuffaro ed è entrato Raffaele Lombardo, stessa età, stessa laurea in medicina, stessa storia, due cinquantenni cresciuti da mamma Dc. Ma uno è esuberante, baci e abbracci e cannoli, Totò. L’Uomo del Ponte no, è freddo, diffidente, prudentissimo e determinato. La specializzazione in psichiatria, dice, lo aiuta: «Conosco l’animo umano in tutte le sue sfaccettature, anche quelle patologiche. In politica si crea un rapporto di fiducia e connivenza, anzi confidenza». La stessa che mantiene con Totò, «siamo cresciuti assieme». Un’amicizia che conta e rimane. Però Totò con il Ponte ha combinato niente e Lombardo ci scommette tutto. "La Sicilia", il quotidiano della sua città, lo chiama rispettosamente "l’opera". Un affare che in quattro anni ha visto quasi raddoppiare i costi, da 3,9 a più di 6 miliardi. Solo per la Società di gestione nel 2006 sono stati spesi 21 milioni di euro. «Appunto. Ora basta. Il Ponte va fatto e basta». La voce di Lombardo si fa gelida: «E tacciano i falsi ambientalisti che non hanno mai speso una parola sulle malformazioni neonatali e le malattie professionali legate alla chimica pesante in Sicilia. Il voto dei siciliani è stato anche un referendum sul Ponte!». Un catanese a Palermo sa di non essere ben visto. La Regione ha 22 mila dipendenti: sono voti, ma pure costi. «Ho scoperto che nel mio ufficio stampa ci sono 23 giornalisti, mi dicono che George W. Bush ne abbia appena sei...». Qui la discontinuità sarà da maneggiare con cura, prima di andarsene Totò Cuffaro ha lasciato un’eredità pesante, ben 27 agenzie regionali per l’ambiente, cariche di 27 consigli d’amministrazione. «Abbiamo un bilancio di 15 miliardi, la metà se ne va nella sanità e l’altra nella spesa corrente, cioè il mantenimento della struttura regionale, negli stipendi da pagare, nei precari da mantenere». Discontinuità, discontinuità. Dovrebbe far rima con novità, e a sera, quando arrivano notizie da Roma, ce ne sono almeno due, come i sottosegretari conquistati da Lombardo e dal suo Movimento Autonomista. Giuseppe Reina alle Infrastrutture, «così si occuperà del nostro Ponte». E Vincenzo Scotti agli Esteri, «perché da anni insegna all’Università di Malta ed è un grande esperto di Mediterraneo». Erano candidati alle politiche rimasti a spasso. E in quanto a novità Scotti è uno degli ultimi acquisti, anche se è entrato alla Camera nell’anno 1968, quando il neoministro Angelino Alfano non era ancora nato e Lombardo era ancora minorenne. Per i politici siciliani, vedi le disavventure di Totò Cuffaro, vedi le polemiche di queste ore su Renato Schifani, vedi Angelino Alfano che baciò un boss senza sapere che fosse un boss, un ritaglio di giornale, un vecchio verbale, una foto o un’intercettazione sono sempre in agguato. A Lombardo hanno appena attribuito un «archivio della raccomandazione» rintracciato su Internet. «Avevano manomesso i computer delle nostre sedi, un’operazione eseguita da signori detrattori. Aspetto serenamente che la magistratura concluda le sue indagini e accerti la verità». Reazione pacata di chi ha conosciuto ben di peggio. Proprio come lui, Lombardo. Nei ”90 delle Tangenti assunzioni clientelari alla Usl35 di Catania e associazione a delinquere per un appalto da 48 miliardi. Per due volte in galera, per una condannato e poi assolto, per l’altra prosciolto. Soddisfatto e rimborsato, 33 mila euro per "ingiusta detenzione". Roba, quasi, da mettere nel biglietto da visita, quanto basta per presentarsi come uno che ha già dato, una vittima della magistratura o giù di lì. Certo è che proprio in quegli anni è cominciato il suo gran raccolto di voti e poltrone, di consenso e potere. Lui Presidente della Sicilia, otto deputati, due senatori, due sottosegretari. L’hanno votato due milioni di siciliani, il 66%. E agli amici del maialino arrosto ha giurato che non commetterà l’errore degli altri siciliani che hanno scalato la politica, dal suo quasi compaesano Mario Scelba in avanti, deputati e senatori e ministri che una volta a Roma si son scordati l’isola. La discontinuità forse sarà anche questo. Con il governo, con Berlusconi che non gradisce i suoi baffi e però apprezza i voti, intende trattare alla pari. Sa come si fa, conosce il mestiere, è stato consigliere comunale e regionale, presidente della provincia, eurodeputato e parlamentare. Nel suo curriculum manca niente. Solo il Ponte. Giovanni Cerruti