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 2008  maggio 13 Martedì calendario

ROMA – Racconta Italo Ormanni, procuratore aggiunto a Roma, preoccupato più che altro dell’«ennesimo scaricabarile» sul sistema repressivo di un problema sociale e diplomatico complesso come quello dell’immigrazione clandestina: «Qui nella Capitale ogni giorno lavorativo già ci sono in funzione tre aule per i processi direttissimi

ROMA – Racconta Italo Ormanni, procuratore aggiunto a Roma, preoccupato più che altro dell’«ennesimo scaricabarile» sul sistema repressivo di un problema sociale e diplomatico complesso come quello dell’immigrazione clandestina: «Qui nella Capitale ogni giorno lavorativo già ci sono in funzione tre aule per i processi direttissimi. Ogni aula smaltisce 1520 dibattimenti al giorno. Poi, nei giorni post festivi, quando si accumula l’arretrato, i processi con arrestati si svolgono in ben quattro aule: credo che oltre non si possa andare a meno che non si voglia bloccare tutti gli altri dibattimenti che poi si celebrano per reati gravi come le rapine, le estorsioni, l’usura...». Dal suo punto di vista, Maurizio Laudi, neo procuratore della Repubblica di Asti, segnala un altro aspetto «potenzialmente devastante » del giro di vite sulla sicurezza messo in cantiere dal governo: «Se l’esecutivo intende davvero introdurre il reato di immigrazione clandestina, bisognerà verificare con molta attenzione come viene costruita la norma. Un conto, infatti, è arrestare indistintamente tutti i clandestini scovati dalla polizia, un altro invece è quello di escludere dall’arresto tutte quelle persone – e penso alle badanti, ai cuochi e ai muratori che non delinquono – che possono dimostrare di avere un lavoro seppure in nero. Ecco, nel primo caso l’impatto sulle carceri e sul sistema giustizia sarebbe numericamente terrificante». Bastano pochi esempi per annusare che aria tira nelle procure e nei tribunali davanti agli annunci del ministro Bobo Maroni che intende percorrere una strada scartata anche dai precedenti governi di centrodestra quando al Viminale c’erano lo stesso Maroni, Scajola e Pisanu. Scelte dettate, allora, dalla mancanza di fondi per finanziare una macchina repressiva davvero capace di individuare e di custodire centinaia di migliaia di «sans papiers». Infatti, spiega Nello Rossi, anche lui procuratore aggiunto a Roma, «al di là di tutto c’è un problema di costi: le carceri e i Cpt trasformati in luoghi di detenzione costano un mucchio di quattrini perché si parla di tre turni di sorveglianza, di vitto, di alloggio, di trasferimenti di detenuti». Ma l’efficacia dissuasiva della pena non dovrebbe avere prezzo, osservano i fautori del piano: «Sì, è vero – risponde Rossi – ma questa dissuasione avrà un effetto sui clandestini che hanno una prospettiva di lavoro. Quelli, invece, che vivono alla giornata di piccoli reati finirebbero per non spaventarsi». Eppure, non tutti i magistrati sposano questa linea. A Brescia, il procuratore capo Giancarlo Tarquini rivendica di aver proposto in tempi non sospetti l’introduzione del reato di clandestinità: « una misura che avrà la sua forza di deterrenza. Ed è inutile dire che si creerebbe un impatto sul sistema perché nella macchina giudiziaria ce ne sono tanti di ingolfamenti. Uno più, uno meno....». Non la pensa così Vittorio Borraccetti, il procuratore di Venezia che per primo ha criticato il pacchetto sicurezza del governo con particolare attenzione alla limitazione dei benefici carcerari (legge Gozzini) per alcune categorie di reati: «Escludere i detenuti per categorie di reati potrebbe andare incontro a obiezioni di costituzionalità per violazione del principio di eguaglianza». Spiega, infine, Carlo Fucci pm della procura di Santa Maria Capua Vetere, che focalizza la sua attenzione sull’effettività delle espulsioni: «La norma in vigore dice che è perseguibile lo straniero espulso se non ha lasciato il territorio nazionale senza giustificato motivo. Io sono tra quelli che non li manda in prigione: se infatti non ho nessun elemento per provare che questa persona aveva la capacità economica per pagarsi il biglietto di ritorno a casa, come faccio a chiederne l’arresto? E c’è anche da dire che oggi la giurisprudenza prevalente, cioè il giudice, li assolve». «Il problema», sintetizza Fucci, «è molto più complesso: la norma la puoi anche scrivere, ma poi cosa succede?». In altre parole, una nuova fattispecie di reato e pene più severe non servono a rendere davvero effettive le espulsioni. Eppure anche su questo punto si distingue Giancarlo Tarquini: «Potrebbe essere utile il prolungamento dei tempi di permanenza dei clandestini nei Cpt per arrivare alla piena identificazione. Sappiamo bene infatti che alcuni Paesi non rivogliono indietro i propri cittadini sostenendo che hanno i documenti falsi...». Dino Martirano