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 2008  maggio 08 Giovedì calendario

Al via la revisione del modello del ’93. Dura sconfitta per la sinistra Cgil nel voto al direttivo ROMA – Dopo anni di discussione Cgil, Cisl e Uil hanno trovato ieri l’intesa sulla proposta comune di riforma della contrattazione e della rappresentanza sindacale

Al via la revisione del modello del ’93. Dura sconfitta per la sinistra Cgil nel voto al direttivo ROMA – Dopo anni di discussione Cgil, Cisl e Uil hanno trovato ieri l’intesa sulla proposta comune di riforma della contrattazione e della rappresentanza sindacale. Il documento di 6 pagine è stato approvato ieri all’unanimità dalle segreterie unitarie e con quasi l’80% dei voti dal direttivo della Cgil. Non ci sono quindi più ostacoli per avviare la trattativa sulla revisione del modello contrattuale che risale all’accordo del luglio ’93. Il presidente uscente della Confindustria, Luca di Montezemolo, ha salutato con soddisfazione la novità, ma anche con un certo rammarico: «Meglio tardi che mai», ha detto riferendosi alla raggiunta unità tra Cgil, Cisl e Uil. Quattro anni fa, infatti, all’inizio del suo mandato, Montezemolo provò ad aprire il negoziato col sindacato sulle nuove regole per fare i contratti, ma non se ne fece nulla perché la Cgil non era pronta. Ora lo è, anche se il leader Guglielmo Epifani deve scontare l’opposizione delle sinistri interne, che però pesano in tutto poco più del 20%. Anche il neoministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ha commentato positivamente l’approvazione della proposta sindacale, auspicando un «dialogo con tutte le organizzazioni». Sacconi ha quindi confermato che che il governo «userà la leva fiscale per sostenere i salari». E a un aumento dei salari netti punta tutta la riforma suggerita da Cgil, Cisl e Uil, sottolineano Epifani, Raffaele Bonanni (Cisl) e Luigi Angeletti (Uil). La proposta prevede il mantenimento del sistema basato su due contratti, quello nazionale e quello decentrato, ma punta nella sostanza a un rafforzamento di entrambi. Il contratto nazionale dovrà stabilire gli aumenti dei minimi di retribuzione ogni tre anni anziché due, ma non più in base all’inflazione «programmata» bensì a quella «realisticamente prevedibile », considerando nel paniere di calcolo anche «il peso dei mutui». In ogni caso, se i prezzi dovessero aumentare più del previsto, ci saranno «meccanismi certi di recupero» per le buste paga. Per evitare eccessivi ritardi nei rinnovi dei contratti, vanno introdotte «penalizzazioni » a carico delle aziende. Andrà drasticamente ridotto il numero dei contratti nazionali (oggi più di 400) attraverso accorpamenti per aree omogenee. In aggiunta al nazionale, Cgil, Cisl e Uil propongono strumenti per diffondere il contratto di secondo livello, oggi limitato a una minoranza di lavoratori. Per esempio, aumentando la detassazione e la decontribuzione. Il secondo contratto dovrà essere aziendale o territoriale, per distribuire aumenti legati a produttività, qualità, redditività. Sulla rappresentatività Cgil, Cisl e Uil propongono di affidare al Cnel la certificazione degli iscritti alle sigle sindacali (all’Inps per la parte pensionati). Questo dato si combinerà con i risultati ottenuti nelle elezioni delle Rsu (Rappresentanze sindacali unitarie) da tenersi in tutti i luoghi di lavoro. Gli accordi interconfederali saranno approvati prima dalle singole sigle e poi dai lavoratori. Quelli di categoria secondo regole che definiranno i sindacati di settore. Enr. Ma.