La Repubblica 7 maggio 2008, ENRICO BONERANDI, 7 maggio 2008
"I calci in testa a Nicola non li ho dati io". La Repubblica 7 maggio 2008 VERONA - E ora rischiano grosso
"I calci in testa a Nicola non li ho dati io". La Repubblica 7 maggio 2008 VERONA - E ora rischiano grosso. «L´accusa ipotizza il reato di omicidio doloso o volontario - dice il procuratore Guido Papalia - Valuteremo dopo i risultati dell´autopsia e la verifica delle testimonianze». Una pena che potrebbe andare da 21 a 30 anni di carcere. Adesso che i cinque del branco che hanno ucciso a calci in testa Nicola Tommasoli sono stati presi, la procura veronese precisa di non escludere affatto l´accusa più pesante, anche se al momento del fermo il reato contestato è stato quello di omicidio preterintenzionale: «Possiamo modificarlo in ogni momento», conferma il titolare dell´inchiesta, Francesco Rombaldoni. In un clima politico infuocato, su una cosa tutti concordano: ci vuole una punizione esemplare, mentre il legale dei tre ragazzi più esposti - Raffaele Dalle Donne, Nicolò Veneri e Federico Perini - spera di riuscire a dimostrare che Nicola soffriva di una malformazione che l´avrebbe reso particolarmente fragile e che è bastato poco per procurargli l´edema cerebrale che l´ha portato alla morte: «L´accusa potrebbe essere derubricata a procurata morte in conseguenza di altro reato». Ma è solo l´inizio delle schermaglie legali intorno a questo caso, su cui rimangono tante ombre. Chi ha preso a calci Nicola mentre era caduto a terra inerme? Ancora non si sa, anche se pare ci siano filmati di telecamere che potrebbero fornire una risposta certa. Tutti e cinque hanno ammesso solo di aver partecipato alla rissa (non all´aggressione, perché negano di aver assalito Nicola e i suoi amici) e si rifugiano in un «non ho visto» quando gli si chiede il ruolo dei compari. Ecco per esempio il racconto di Andrea Vesentini: «Ero arrivato a Verona col mio amico Guglielmo Corsi, abbiamo incontrato gli altri in centro. Davanti al pub ho visto tre che fumavano una canna. Corsi gli ha chiesto di passargliela, ma gli hanno risposto di no. Allora Corsi gli ha detto, a uno con i capelli lunghi: ehi codino. Quello ha cominciato a insultare e ha fatto per tirargli un cazzotto, ma Corsi è stato più svelto e ha colpito per primo. Mi sono messo in mezzo per separarli, quando uno piccolo di statura ha aggredito il Dalle Donne alle spalle. Sono intervenuto». Alla domanda su chi ha preso a calci Nicola, Vesentini risponde: «Non so. Sono scappato via». Opposta la versione degli amici della vittima: «Nessuna rissa: ci hanno assalito loro alle spalle». Corsi e Vesentini sono difesi da avvocati non schierati politicamente a destra, al contrario del legale dei "terzetto degli studenti", Roberto Bussinello, che fino a ieri ha militato in Forza Nuova. Solo Corsi è conosciuto come ultras del Verona, mentre Vesentini non avrebbe a che spartire con le idee naziste degli altri e non ha precedenti. «La Questura gli ha pure concesso il porto d´armi», sottolinea il difensore, Francesco Delaini. Non è improbabile che nei prossimi interrogatori (oggi, oltre all´autopsia, l´udienza di convalida del fermo) dallo scaricabarile attuale si arrivi a racconti più precisi sul particolare che più interessa alla Procura: chi materialmente ha ucciso Nicola Tommasoli. E ancora resta un mistero come sia avvenuta la fuga lungo l´Europa di Nicolò Veneri e Federico Perini, gli ultimi a consegnarsi l´altra notte. Hanno raccontato che con l´Audi della madre di Veneri hanno raggiunto Innsbruck, per poi prendere un taxi fino a Monaco e quindi imbarcarsi per l´Inghilterra, dove avrebbero alloggiato in un ostello. La Digos non ci crede, e sta verificando su quale rete di protezione si sarebbero appoggiati. Sia in Austria che a Londra esistono gruppi organizzati di neo-nazisti, che potrebbero aver fornito soldi e nascondigli. «C´è tutto il tempo per approfondire questi aspetti - ha commentato il capo della digos veronese, Iaccarino - Qualche sorpresa verrà fuori». E intanto l´allarme provocato dall´omicidio di Verona ha indotto il procuratore generale di Venezia, Ennio Fortuna, a chiedere informative alle procure delle maggiori città venete su gruppi razzisti ed eversivi: «La punta dell´iceberg è certamente Verona, però mi risulta che potrebbe esserci qualcosa di analogo anche a Treviso, Vicenza e Padova». La famiglia della vittima ha finora evitato di entrare nelle polemiche di questi giorni e solo la madre di Vesentini, ieri sera ai microfoni della Rai, ha annunciato che chiederà perdono: «Ho pensato tanto alla mamma di Nicola, ho vissuto il suo dramma e il mio. Lascerò passare questo momento, e poi l´andrò a trovare». ENRICO BONERANDI