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 2008  maggio 03 Sabato calendario

ALEMANNO PER DARIA


Voti. Lunedì 28 aprile, dopo 15 anni di governo di centrosinistra, i romani hanno eletto sindaco Gianni Alemanno. Il candidato del Pdl ha conquistato il 53,656% delle preferenze (783.225 voti) contro il 46,34% (676.472 voti) del democratico Francesco Rutelli, già sindaco di Roma dal 1993 al 2001. Differenza di oltre 100 mila voti. Al primo turno, Rutelli aveva raccolto il 45,77%, Alemanno il 40,74%.
Tutti i giornali del 29 /04/08.

Uomo intelligente. Alemanno, per qualcuno nel centrosinistra rappresenta un allarme democratico. La pensa così?
«Ma smettiamola, per favore, con queste demonizzazioni. Piantiamola con lo schema: vince un uomo Pd e arriva un comunista, vince qualcuno del Pdl ed ecco il fascista. Alemanno è un politico intelligente. Viene dalla destra sociale dell’antico Msi, non dalla destra di governo almirantiana. Certo sarà un governo molto diverso. Ci sarà grande attenzione al tema della sicurezza. Piuttosto l’allarme è suonato per il Pd. Ora occorre elaborare il lutto, analizzare la sconfitta. Può essere una lezione salutare per capire come ci si debba muovere in futuro» (Massimo Cacciari a Paolo Conti).
Paolo Conti
, Corriere della sera 29 /04/08.

Uomo più a sinistra di certa sinistra. Antonello Venditti: «Ho votato per Rutelli, ma una cosa va detta chiaramente: stavolta è stata punita l’estetica della sinistra (...) Non ho pregiudizi ideologici di alcun tipo e voglio ricordare che Alemanno quando era Ministro dell’Agricoltura era più a sinistra di molto dirigenti del centrosinistra. Molte persone di sinistra hanno votato per Alemanno perché era una delle poche persone votabili, è stata premiata la sua cifra umana e la sua persona». Il sindaco, a Otto e mezzo: «Ho chiamato Antonello Venditti per ringraziarlo: si è rotto il conformismo contro di me». Ritanna Armeni gli domanda: «Alemanno, si sente di sinistra?». Lui: «Calma, calma. Si tratta di constatare che oggi non ci sono più le barriere rigide, l’odio assoluto che ha contraddistinto la politica italiana».
Corriere della Sera,
02/04/08

Uomo nero. Aldo Cazzullo: «Se è diventato amico di Carlin Petrini leader gastronomo della sinistra, senza smettere il ricordo dell’amico di gioventù ammazzato dagli estremisti di sinistra. Se oggi lo festeggiano i tassisti irriducibili, e Montesano ex eurodeputato Ds; se l’hanno votato le grandi famiglie già papaline quindi democristiane infine rutelliane, e le classi popolari rimaste in città, allora Gianni Alemanno non è più da molto tempo il «picchiatore», il «camerata», l’avanguardia della «marea nera» annunciata da qualche suo coetaneo del fronte avverso (…) Le grida dell’ultima ora contro ”l’uomo nero” non hanno influenzato il voto più di quanto avrebbe fatto anni fa una campagna contro D’Alema ”lanciatore di molotov” (…). «Ammiccare al fascista sul Campidoglio si è rivelato un errore strategico. (…). E chi oggi parlasse di ”seconda marcia di Roma” non coltiverebbe l’indignazione, preparerebbe la prossima sconfitta».
Aldo Cazzullo, Corriere della Sera, 29/4/08.

Tessitore. «Nasce culturalmente incendiario e matura tessitore» (Alessandro Giuli sul ”Foglio”).

Papa. Primo atto del nuovo sindaco, un telegramma al Papa. «Rivolgo il mio deferente saluto a Lei, Santità,Vescovo di questa città, assicurando piena collaborazione con la comunità cattolica per il bene di tutti i cittadini romani».
Tutti i giornali del 29/04/08.

Rom. Nella sua prima conferenza stampa da sindaco, Gianni Alemanno ha annunciato lo sgombero di 25 campi nomadi abusivi e l’espulsione di rom ed extracomunitari che hanno commesso reati. Non solo: i vigili urbani avranno più mezzi e potrebbero anche essere armati per garantire la sicurezza della città.
Tutti i giornali del 2/5/08.

Ara Pacis. Tra i progetti che hanno scatenato polemiche, quello di rimuovere la teca di Richard Meier che custodisce l’Ara Pacis, voluta a suo tempo da Rutelli e sempre criticata dal centrodestra: «E’ un intervento invasivo da rimuovere. Alla prima occasione buona chiederò un referendum in città: "Teca Meier sì o no" e decideranno i cittadini. E, se dicono no, quando ci saranno i tempi e i modi per farlo, la rimuoveremo». Roberto Morassut, assessore all’urbanistica della giunta Veltroni: «Distruggere un’opera appena costruita è una scelta antieconomica e può far correre al Comune il rischio di una procedura di responsabilità per danno erariale!. Mimmo Paladino, la cui mostra nella teca sta avendo un grande successo, minaccia, in caso di smantellamento dell’opera, di portare via il mosaico che ne occupa una parete e che ha donato al Comune. Tutto contento, invece, Sgarbi: «Alemanno ha mantenuto le promesse e io mi sento finalmente vendicato».
la Repubblica, 01/05/08, Corriere della Sera 30/04/08.

50 anni. Gianni Alemanno è nato a Bari il 3 marzo 1958.

Vita. Diploma di maturità scientifica, imprenditore, già dirigente della federazione giovanile del Msi-Dn, membro della direzione nazionale di An, deputato dal 1994. «Pugliese da tutti i lombi, ma a Bari è nato casualmente. Suo papà, generale dell’esercito, era leccese e in continuo movimento per servizio. La mamma è di Gallipoli, e fu compagna di classe della madre di Rocco Buttiglione. Il giovinetto, seguendo il babbo, fu a Bolzano, Udine e Piacenza. Finché la famiglia si ancorò a Roma nel 1970. Gli Alemanno presero casa nel quartiere bene e ”nero” dei Parioli. Dai suoi 13 anni, Giovanni fu nel Fronte della gioventù fino a diventarne il capo, subentrando a Gianfranco Fini. Ammirò Giorgio Almirante finché visse. Appena Fini lo sostituì alla guida dell’Msi (1987), si schierò con l’estrema destra di Pino Rauti che aiutò a diventare capo del partito scalzando l’altro (1990-91). Ne sposò la figlia Isabella nel 1992. Ne ebbe Manfredi (Giancarlo Perna, ”Panorama” 21/6/2001).

Ministro. Come ministro «ha lasciato più tracce con le sue prese di posizione politiche in difesa delle garanzie previste dallo statuto dei lavoratori che come ministro delle Politiche agricole. Modesta, stando ai comunicati di palazzo Chigi, l’attività propositiva in Consiglio dei ministri, dove ha spinto per l’accelerazione dei pagamenti comunitari. Nel suo dicastero si è affermata una linea contraria agli organismi geneticamente modificati”» (’Corriere della Sera”, 3/12/2001).

Sediate. «Nel 1989, al termine di un burrascoso congresso finito (anche) a sediate, Gianni Alemanno scalzò Gianfranco Fini dalla segreteria del Fronte della Gioventù. Alemanno, all’epoca, era il delfino di Pino Rauti (ne aveva tra l’altro sposato la figlia) e veniva abitualmente collocato all’estrema destra del partito. In realtà, già allora - e forse soprattutto allora - Alemanno era piuttosto l’espressione di una curiosa, e per molti inaspettata, fuoriuscita culturale e politica dal neofascismo ”ufficiale”, quello insomma nostalgico e moderato che aveva avuto in Almirante il leader indiscusso e in Fini l’erede designato. Alemanno apparteneva invece a quel gruppo - rautiano ma non solo - capace di mescolare ambientalismo e razzismo, Evola e Tolkien, antiamericanismo e impegno per l’Europa ”dei popoli”, simpatia per Wojtyla e disgusto per il consumismo tardocapitalistico. La miscela era complessa, e per qualcuno indigeribile. Non mancarono episodi violenti, come l’arresto a Nettuno, nel maggio dell’89, per resistenza aggravata a pubblico ufficiale, manifestazione non autorizzata, tentato blocco di corteo ufficiale, lesione ai danni di due poliziotti. Obiettivo della manifestazione: contestare Bush senior in visita al cimitero di guerra americano. E non mancarono episodi curiosi, e insieme rivelatori: nel ”93 Alemanno organizzò a Roma la ”Festa delle comunità nazionalpopolari”, cui partecipò anche una delegazione della Lega guidata da Irene Pivetti e da Borghezio. Obiettivo: costruire un fronte comune contro poteri forti ed eccessi liberisti nel nome del ”popolo”. Da allora sono passati molti anni, e Alemanno, per dir così, s’è dato una ripulita [...]. Ha aderito con entusiasmo alla svolta di Fiuggi, rompendo con Rauti e litigando con la moglie. Ha costruito pazientemente un consenso capillare nel partito e nell’elettorato meridionale [...] E, soprattutto, ha esercitato l’incarico di ministro dell’Agricoltura con spregiudicato trasversalismo, facendosi amici la Coldiretti di antico stampo democristiano e lo Slow Food di Carlin Petrini [...] il movimento no-global e quello contro gli Ogm. A Cancun, al termine di un vertice del Wto dedicato all’agricoltura e conclusosi senza neppure un comunicato congiunto, ha sfidato i fischi e gli insulti per stringere la mano all’honduregno Rafael Alegria, portavoce mondiale di ”Via Campesina” e leader della contestazione no-global. Qualcosa dell’antimperialismo degli anni rautiani deve evidentemente esser rimasto, in Alemanno, e forse oggi l’antagonista di Fini condividerebbe un’affermazione di sua moglie Isabella: ” An che ha superato a destra il Msi. La cosiddetta svolta di Fiuggi aveva un forte carattere liberista”. Già, perché il capolavoro politico di Alemanno è probabilmente la corrente di ”Destra sociale”, fondata da Storace e divenuta ben presto, anche in virtù di un qualche equivoco sul significato di ”sociale”, la casamatta di Alemanno. In un libro-intervista con Angelo Mellone apparso [...] da Marsilio (e anche la scelta dell’editore, tutt’altro che di destra, non è un caso), Alemanno punta il dito contro il ”rischio tecnocratico”, la globalizzazione, la riforma dello Stato sociale. La ”modernità” di Alemanno, se così la vogliamo definire, risiede insomma in un mix del tutto particolare di conservatorismo e innovazione, trasversalismo e reazione, difesa della ristorazione italiana del mondo attraverso un apposito ”Marchio di qualità” e appoggio incondizionato al cardinal Ruini nella battaglia antireferendaria (’Fra i giovani che hanno fatto campagna si respirava l’aria di un ”68 al contrario”, ha commentato entusiasta), proposte di tassazione delle rendite finanziarie che piacerebbero a Bertinotti e meridionalismo vecchio stampo (’Nel Sud le radici della nuova Europa” s’intitola un opuscolo di una quarantina di pagine che non disdegna affatto il ritorno alla Cassa del Mezzogiorno). La difesa dell’autonomia e dell’identità di An - cavallo di battaglia interno contro le lusinghe del ”partito unico” berlusconiano - affonda in questo humus soltanto apparentemente contraddittorio, ma capace in realtà di intercettare speranze, e soprattutto timori, assai diffusi nell’elettorato non soltanto di destra. ”Il modello che ho in mente - spiega - è il partito repubblicano di Bush che vince quando ritorna ai valori della tradizione religiosa”. Magari con una spruzzatina no-global, e naturalmente senza rinnegare quella contestazione così dura, a Nettuno, contro Bush padre. Del resto, Alemanno è fatto così: a Ballarò, all’indomani della sconfitta del centrodestra alle regionali, sedeva accanto a Berlusconi ma a tutti sembrò un efficace rappresentante dell’opposizione» (Fabrizio Rondolino, ”La Stampa” 16/6/2005).

Lupomanno. «L’’Espresso” è arrivato a paragonarlo a Joschka Fischer, ”che ha saputo ricomporre con dignità il suo presente da statista e il suo passato da estremista di sinistra”. Che il responsabile delle politiche agricole abbia trascorsi non gandhiani è noto. A Giancarlo Perna, che gli ricordava come passasse ”per un picchiatore”, rispose: ”Gli anni Settanta sono stati duri per la destra. Non mi sono mai tirato indietro”. Guai giudiziari? ”Alcuni, ma sepolti nel passato”. Poca roba, per quei tempi. Un arresto per una molotov contro l’ambasciata sovietica. Un secondo per avere contestato la visita di George Bush (il padre) a Nettuno, dove il presidente Usa voleva ricordare i caduti americani nella Seconda guerra mondiale. Certo è che ”Lupomanno” (così lo chiamavano allora i camerati, come lui stesso ha ricordato in una bella intervista a Stefania Rossini) era allora un torello così bellicoso che si sarebbe tirato dietro quell’immagine per anni. Al punto di spingere un giornale non ostile come ”Panorama” a titolare un suo ritratto: ”Dalla spranga all’aratro / la lunga marcia di Alemanno al potere”. Un marchio non immeritato. Ma datato. E alla fin fine ingiusto. Com’è accaduto sulla sponda opposta non solo a Fischer ma a vari esponenti della sinistra compreso Massimo D’Alema, che un giorno confessò d’aver lui pure tirato una molotov, il ministro dell’agricoltura ha compiuto negli anni un percorso di allontanamento dall’idea manesca della politica assai più netto di altri camerati rimasti attardati assai più di lui nelle nostalgie del passato. Direte: facile, dato che la responsabilità e i rischi degli strappi se li assumeva Fini. Vero: l’uomo è finito spesso nella scia del capo godendo del traino senza pagar dazio. Neppure per certe frasi infelici sfuggitegli quando già era adulto. Tipo: ”Se sento parlare di storicizzazione del fascismo, metto mano alla pistola”. Sulla svolta di Fiuggi, però, gli va riconosciuto che mise sul piatto perfino la moglie. Era sposato con la figlia di Pino Rauti, l’ex segretario radicalmente contrario alla svolta. Lei, Isabella, era incinta. Diede alla luce Manfredi più o meno mentre nasceva An e per quattro giorni non rivolse al marito la parola. Il matrimonio stesso andò in crisi: ”C’erano anche elementi personali, naturalmente, ma la politica fu determinante”, spiegò qualche anno dopo l’ex ”Lupomanno”. ”Poi ci siamo ritrovati. Ci siamo persino risposati simbolicamente, scambiandoci di nuovo le fedi nella stessa cappella del vero matrimonio alla presenza di nostro figlio”. Isabella ora ha cambiato idea: ”Anche se mi costa un po’ dirlo, devo riconoscere che a Fiuggi Gianni aveva visto giusto”. Da giovani, confida, sognavano il potere: ”Ma in fondo eravamo convinti che non ci saremmo mai arrivati”. Lui è diventato ministro, lei consigliere ministeriale alle Pari Opportunità. Insieme nei turbolenti anni Settanta, insieme (sia pure a tempi sfalsati) nella revisione del passato, insieme in vacanza gratis a Zanzibar, denuncia l’’Espresso” sulla base di un rapporto della Finanza, a spese della ”Parmatour” di Callisto Tanzi: ”Al rapporto sono allegati diversi documenti imbarazzanti. A partire dall’elenco delle persone che viaggiavano gratis. Accanto alla data 28 dicembre c’è scritto: Giovanni Alemanno; Isabella Rauti (moglie) e M. (figlio). Non basta: alla data del 1 ? marzo del 2003, sempre secondo gli atti Parmalat, è partita per le Seychelles la segretaria particolare del ministro, Alessandra Lippiello, che non avrebbe pagato 3.900 euro”, scrive Peter Gomez, ”Per le Fiamme Gialle anche la scelta dei tempi è sospetta: ”La data di partenza del 28 dicembre del 2002 coincide con il termine dei lavori della seconda commissione Interministeriale sul latte microfiltrato, quella che diede il via libera al latte ”frescoblu’ sul quale Tanzi aveva puntato centinaia di milioni di euro”. Capiamoci: il via libera del ministro dipese dal parere della commissione. Ma la rivelazione è seccante. Come seccante fu la scoperta che Parmalat aveva finanziato con 74.400 euro la rivista Area attraverso una pubblicità della ”Bonatti”. Evento che lui cercò di sdrammatizzare dicendo: ”Non sapevo che la Bonatti fosse dei Tanzi”. [...]» (Gian Antonio Stella, ”Corriere della Sera” 16/5/2005).

Famiglia. Alla manifestazione di San Giovanni per la famiglia (12 maggio 2007), andò con la moglie Isabella. I cronisti, vedendoli a braccetto in un giorno simile, si mossero subito verso di loro: «Lui - camicia sbottonata sul petto e troppo attillata, considerata la giornata di caldo estivo - capisce l’antifona e allunga il passo verso il palco di piazza San Giovanni. Lei, coraggiosa, si ferma. ”Non è stato facile, tutt’altro”. Le va di ricordare, signora Rauti? ”Siamo stati sposati e, a un certo punto, ci siamo separati legalmente”. Separati, per quanto? ”Sei anni. E sei anni, mi creda, sono lunghi”. Con un figlio. ”Che, oggi, ha 12 anni”. Poi cos’è successo? ”Ci siamo ritrovati. stato stupendo”. Sei anni, lei dice, sono lunghi. Ma in quei sei anni... ”Abbiamo avuto, sia io che lui, le nostre relazioni. Dovrei dirle il contrario? Raccontarle una bella bugia? No, sarei una stupida”. Va via dicendo che il senso del loro ritrovarsi è poi anche quello di venire a testimoniare qui, mano nella mano davanti ai fotografi» (Fabrizio Roncone).

Anelli. Gianni Alemanno e Isabella Rauti si sposarono nel 1992, si lasciarono nel 1997, tornarono insieme nel 2002, quando lui dovette «operarsi a una mano e per un periodo rimase inabile. Mi telefonò: ”Vengo a casa tua”. Si piazzò da noi”». Poi si risposarono: «In occasione di quello che sarebbe stato l’undicesimo anno di matrimonio, ci siamo scambiati gli anelli nello stesso giorno, nella stessa chiesa, davanti agli stessi testimoni alle nostre nozze. E con Manfredi al fianco». Suo padre come l’ha presa? «E’ stato contento per noi. Quando Gianni è diventato ministro è voluto andare da mio padre. Su sono parlati. Né io né mamma abbiamo mai saputo cosa si siano detti».
Flora Lepore, Chi, maggio 2005.

Vizi e virtù. Isabella Rauti sul marito: «Idealista, appassionato e generoso. Ma anche distratto e disordinato» (a Isabella Angius di ”A”).

Shishapangma. «Provetto scalatore, ha affrontato lo Shishapangma, ottomila tibetano. Accampato 25 giorni, arrivò fino a 5.700 metri. Poi la politica lo richiamò a casa, ma si era ormai beccato una broncopolmonite che gli durò tre mesi».
Giancarlo Perna, ”Panorama” 21/6/2001