Corriere della Sera 1 maggio 2008, Fabrizio Dragosei, 1 maggio 2008
Crisi tra Russia e Georgia Putin manda più soldati. Corriere della Sera 1 maggio 2008 MOSCA – Prima sono arrivate le dichiarazioni bellicose e le accuse reciproche che hanno fatto salire la tensione
Crisi tra Russia e Georgia Putin manda più soldati. Corriere della Sera 1 maggio 2008 MOSCA – Prima sono arrivate le dichiarazioni bellicose e le accuse reciproche che hanno fatto salire la tensione. Adesso Georgia e Russia hanno aumentato la presenza militare ai confini. Oggetto del contenzioso è sempre la repubblica separatista dell’Abkhazia, una delle due enclave in territorio georgiano (l’altra è l’Ossezia del Sud) abitate da popolazioni che guardano più a Mosca che a Tbilisi e che hanno difeso la loro indipendenza con le armi in due guerre negli anni Novanta, dopo lo scioglimento dell’Urss. La miccia è stata riaccesa dalla «quasi associazione» della Georgia alla Nato e il riconoscimento internazionale dell’indipendenza del Kosovo. Immediatamente Abkhazia e Ossezia hanno chiesto che anche la loro indipendenza de facto che dura da un quindicennio venisse riconosciuta. E la Russia ha rotto il fronte internazionale che aveva posto un embargo nei commerci con Abkhazia e Ossezia. Poi si sono succeduti avvenimenti che, secondo i protagonisti, potrebbero portare a una nuova guerra. La Georgia ha effettuato alcune ricognizioni aeree sull’Abkhazia con i cosiddetti droni, apparecchi robot. Uno di questi è stato abbattuto da un Mig che per i russi sarebbe abkhazo e per i georgiani sarebbe russo. Negli ultimi giorni, poi, i georgiani avrebbero incrementato di almeno 1.500 unità il numero dei soldati schierati sul confine e ieri è arrivata la risposta di Mosca. In base a una decisione della Csi, la Confederazione di Stati Indipendenti che riunì gran parte delle repubbliche ex sovietiche (ma che oggi quasi non esiste più) sono proprio i russi a esercitare la funzione di peacekeeping sul confine. Il loro ruolo non è riconosciuto dall’Onu ma è sempre stato accettato, anche se obtorto collo, dalla Georgia. Ieri dunque i russi hanno portato il numero dei loro uomini da due a tremila, il massimo consentito dagli accordi. La Georgia ha condannato questo fatto, bollandolo come una provocazione. Anche il rappresentante dell’Unione europea per la politica estera Solana l’ha giudicata una mossa «poco saggia». Secondo i georgiani, la Russia avrebbe schierato anche armamento pesante, creando 15 nuovi posti di osservazione lungo la frontiera. In questi momenti di grande tensione, il presidente georgiano Saakashvili, subito appoggiato dal suo omologo ucraino Yushchenko, ha rilanciato l’appello ad abkhazi e osseti per ritornare all’interno della Georgia. Ha offerto ampia autonomia e una vice presidenza. Ma dalle due capitali, Sukhumi e Tskhinvali, la risposta è stata gelida: «Impossibile. Siamo stati già parte della Georgia e la nostra gente è stata sottoposta a un vero e proprio tentativo di genocidio». La riunificazione sembra assai problematica. Ma altre soluzioni, visto che la Georgia non vuole rinunciare alla sua integrità territoriale, sono egualmente difficili. E intanto ognuno usa gli strumenti che ha. Tbilisi chiede che le truppe di pace russe vengano sostituite dagli europei. E intanto blocca l’ingresso della Russia nell’Organizzazione del Commercio. Mosca ha congelato le importazioni dalla Georgia e lavora per una sempre maggiore integrazione con l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud. E intanto si muovono anche i cosacchi del Don che stanno per mandare un loro rappresentante a Sukhumi. «Se i georgiani attaccano – ha annunciato il loro ataman (capo) Viktor Vodolatskij – i cosacchi proteggeranno la repubblica con le armi, come già hanno fatto 15 anni fa». Fabrizio Dragosei