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 2008  maggio 01 Giovedì calendario

La vendetta di Putin sulla stampa una legge speciale contro il gossip. La Repubblica 1 maggio 2008 MOSCA - Martedì 29 aprile

La vendetta di Putin sulla stampa una legge speciale contro il gossip. La Repubblica 1 maggio 2008 MOSCA - Martedì 29 aprile. Redazione di Argumenty i Fakty, il settimanale più diffuso della Russia: ha una tiratura media di tre milioni di copie. Si festeggia il trentesimo anniversario delle pubblicazioni. Ospite d´onore, Dmitri Medvedev, che il 7 maggio si insedierà ufficialmente al Cremlino, come terzo presidente democratico russo, dopo Eltsin e Putin. Il neopresidente elogia i media del suo Paese, dice che la Russia ha la migliore televisione del mondo, si rammarica perché la gente legge sempre di meno. Qualcuno gli chiede: la stampa in Russia è libera? Medvedev risponde prontissimo: «Sì, è assolutamente libera». E aggiunge «Semmai, è cambiato il modo di leggere, sono cambiate le richieste della società». Poi, suggerisce ai giornalisti «più verità e responsabilità» in quello che scrivono. Il messaggio è chiaro e inequivocabile. Basta con le notizie che fanno scandalo. Guardate cosa è successo con Moskovskij Korrespondent, lo scoop sulla love story tra Putin e la bella ginnasta Alina Kabaeva è stata smentito, non era vero, è stata un´intrusione illegittima nella vita privata di Putin e della Kabaeva. Il che ha permesso, con sospetta tempestività, alla Duma - docile strumento parlamentare del Cremlino, dove Russia Unita, il partito al potere, domina con 315 deputati su 442 eletti - di approvare con maggioranza bulgara il 25 aprile alcuni emendamenti all´articolo 4 della legge sui mass media, trasformandola in uno strumento liberticida. Un solo coraggioso deputato ha osato opporsi, votando contro. Gli altri 339 presenti hanno detto sì alle nuove norme in cui si prevede la sospensione e la chiusura per le testate che abbiano «diffuso informazioni false deliberatamente dannose all´onore e alla dignità», e questo in maniera preventiva, prima dell´eventuale ricorso in sede penale o civile il reato di diffamazione è equiparato a quelli di terrorismo, estremismo e odio razziale. Sia nella forma che nei contenuti, ricorda tanto il provvedimento preso nel 1922 dal Soviet supremo, quando nel 1922 si abolì di fatto la libertà di stampa. Il paradosso è che questi emendamenti anti-calunnia, o meglio, anti-libertà di stampa, erano stati inizialmente respinti qualche settimana fa dalla stessa Camera bassa russa. Grazie al provvidenziale articolo su Putin e la Kabaeva, sono stati riveduti e corretti, in peggio, e presentati dal più giovane deputato della Duma, il ventiquattrenne Robert Schlegel, un personaggio già noto alle cronache dell´intolleranza politica, portavoce dei Nashi (i Nostri), il movimento jugendputiniano utilizzato spesso e volentieri come forza d´assalto per sabotare le manifestazioni liberali e degli oppositori, a cominciare dall´odiato Kasparov, e che soprattutto tenne sotto assedio l´ambasciata britannica a Mosca e quella estone, nei giorni della rivolta contro la rimozione della statua al milite ignoto sovietico di Tallinn. Amnesty International e Reporters sans frontières hanno denunciato l´inquietante «caso» russo. Direttamente o indirettamente, il Cremlino controlla quasi tutte le tv e i giornali. Gli «emendamenti Schlegel» attendono ora d´essere sottoposti ad altre due «letture» parlamentari. Ma qualcosa deve essere successo nelle ultime ore al Cremlino. Forse non tutti gli uomini vicini al potere sono d´accordo con questa stretta mortale al collo dei mass media. Lo dimostra un episodio. Il 29 aprile mentre Medvedev visitava «Argomenti e Fatti», al club dei politologi chiamato 4 Novembre (la data della nuova festa nazionale voluta da Putin che rievoca il giorno del 1612 in cui i russi scacciarono i polacchi e i lituani), un circolo liberalconservatore affiliato a Russia Unita, c´è stato un dibattito proprio sull´iniziativa di Schlegel. «E´ andato troppo oltre», hanno contestato in tantissimi. Interpretazione del dissenso: Medvedev non vuole cominciare la sua avventura presidenziale con il marchio dell´affossatore di uno dei diritti fondamentali dell´uomo. LEONARDO COEN