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 2008  maggio 01 Giovedì calendario

VITTORIO SABADIN

CORRISPONDENTE DA LONDRA
Uno è un socialista che simpatizza per Fidel Castro e Hugo Chávez, non nasconde di bere volentieri e ha avuto cinque figli da tre donne diverse, pur dichiarandone solo due; l’altro è diventato famoso per le sue gaffes, per avere partecipato a un quiz televisivo, avere insultato gli abitanti di Liverpool e quelli della Nuova Guinea e avere definito «negretti» i bambini di colore; il terzo è un ex alto funzionario di polizia, dichiaratamente gay e amante delle maratone. Sembrano i nuovi protagonisti di un reality show o di una nuova edizione del Grande Fratello, ma sono in realtà i candidati alla carica di primo cittadino della più importante metropoli d’Europa.
Oggi Londra voterà per il suo nuovo sindaco e alcuni autorevoli commentatori si chiedono sconsolati come sia stato possibile cadere così in basso. «La nostra è una città seria, con problemi seri - scriveva ieri mattina il Daily Telegraph - perché abbiamo dovuto assistere a una campagna elettorale da barzelletta?» E’ troppo tardi per domandarselo: oggi potrebbe essere confermato nella carica Ken «il rosso» Livingstone o potrebbe vincere l’istrionico Boris «il clown» Johnson, in testa nei sondaggi (43 per cento contro 39 per cento). Meno probabile la vittoria del liberal democratico ed ex poliziotto Brian Paddick, accreditato di uno scoraggiante 11 per cento.
Si voterà anche per quasi 160 «council» locali, in un test elettorale che potrebbe riservare brutte sorprese per i laburisti: la popolarità del governo non è mai stata così bassa, la gente è esasperata per l’incremento dei prezzi dei carburanti e del cibo e se la sinistra venisse duramente punita dal voto non si escludono neppure le dimissioni del premier.
In Gran Bretagna le elezioni sono spesso grigie e noiose, i cittadini votano per il proprio partito e Gordon Brown è finito a Downing Street senza che nessun elettore scrivesse il suo nome su una scheda. Persino la votazione per il sindaco di Londra è ancora una novità, visto che è stata istituita da Tony Blair per la prima volta nel 2000. Blair voleva un’autorità cittadina simile a quella che governa New York, ma certo non si aspettava che invece di un Rudolph Giuliani venisse eletto un «bloody (maledetto) Livingstone», come lo definì, né avrebbe mai immaginato che a contendergli il posto sarebbe arrivato, otto anni dopo, un personaggio ancora più discusso e apparentemente inaffidabile come Boris Johnson.
Ken «il rosso» è uno straordinario animale politico, un attore che recita benissimo la parte di se stesso. Probabilmente, nel momento in cui i conservatori hanno dovuto scegliere un candidato da opporgli, hanno pensato che l’unico che avrebbe potuto farcela doveva essere un altro attore, e loro avevano l’uomo giusto: Boris «il buffone». La campagna elettorale si è così snodata su un palcoscenico mediatico che ha avuto al suo centro la televisione, i bagni di folla nelle strade, i confronti diretti pieni di battute e punzecchiature che hanno trasformato la politica in qualcosa che la gente è abituata a vedere: un reality show.
Forse per la prima volta a Londra, una votazione non è più dunque tra Laburisti e Conservatori, tra Mr. Livingstone e Mr. Johnson: la forte personalità dei due candidati l’ha trasformata in una battaglia individuale tra Boris e Ken, molto più simile alla lotta per la Casa Bianca (o a quella tra Silvio e Walter in Italia) che al compassato sistema elettorale inglese. Poco importa a quale partito appartengano i candidati, perché in fondo anche i loro programmi politici non divergono più di tanto: è ovvio che bisogna combattere la microcriminalità, migliorare il traffico e i trasporti pubblici, regolare in modo responsabile l’immigrazione, evitare che le società finanziarie abbandonino la City e fare in modo che le Olimpiadi del 2012 siano un successo.
Ma molti dubitano che entrambi siano in grado, dopo averli elencati, di affrontare anche sul serio i problemi: Livingstone governa da otto anni nei quali ha fatto molto, ma ha anche sperperato - per la città, ma senza trascurare gli amici - l’equivalente del prodotto interno lordo di un piccolo Stato. La gente è stanca di pagare tasse elevate senza avere sicurezza e servizi adeguati e, dicono tutti i sondaggi, ha voglia di cambiare.
 Johnson la soluzione? Molti pensano che quando Lynton Crosby, lo stratega australiano della comunicazione che l’ha tenuto un po’ a freno nella campagna elettorale, se ne sarà tornato a casa, rivedremo il Boris di prima, pasticcione e inaffidabile. Il «Ken and Boris show» finirà questa sera, e nei prossimi quattro anni i londinesi potrebbero pentirsi di averlo trovato così divertente.