Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  maggio 01 Giovedì calendario

DANIELA DANIELE

ROMA
Si farà diagnosi sull’embrione, prima di impiantarlo in utero. Anche le coppie in cui l’uomo sia portatore di una malattia virale che si trasmette col sesso potrà avere figli, con l’aiuto della scienza, e in ogni centro accreditato dovrà essere presente uno psicologo, a disposizione degli aspiranti genitori. Così cambia la legge sulla procreazione assistita.
Sul filo di lana, il ministro della Salute, Livia Turco, ha firmato le nuove linee guida l’11 aprile. Ieri il decreto è uscito sulla Gazzetta Ufficiale. E dalla maggioranza subito l’accusa: è un colpo di mano. «Emanare queste linee guida negli ultimi istanti del governo Prodi è un atto di mancanza di rispetto delle istituzioni», tuona Luca Volontè, deputato dell’Udc.
I commenti si dividono tra chi, da destra, lancia anatemi su un provvedimento «che sa di eugenetica», chi si dice soddisfatto del traguardo tanto agognato e chi, a sinistra, lamenta che «si poteva fare di più».
La novità più attesa, e anche quella che crea le più accese polemiche, è l’eliminazione dei commi che vietavano la diagnosi preimpianto. Decisione che prende le mosse dalle recenti sentenze di alcuni tribunali (come Cagliari e Firenze) e in particolare del Tar del Lazio, dell’ottobre 2007. Prima si poteva fare solo un’indagine osservazionale. Salvo, poi, consentire l’aborto terapeutico se l’embrione risultava malato, come prevede la legge sull’interruzione di gravidanza.
Il secondo cambiamento. Potranno ricorrere alla procreazione assistita anche le coppie nelle quali l’uomo sia portatore di malattie virali che si trasmettono sessualmente. Via libera, perciò, a sieropositivi e malati di epatite B e C, perché la loro condizione è assimilabile all’infertilità. Così si potrà trasferire l’embrione nell’utero della donna non infetta. Questo perché c’è un rischio di infezione per madre e feto se si hanno rapporti non protetti con partner sieropositivo.
La terza novità. Ogni centro riconosciuto dovrà assicurare la presenza di un adeguato sostegno psicologico alle coppie.
Soddisfatta Livia Turco: «Abbiamo centrato due obiettivi: la piena e corretta applicazione della legge e la necessità di fornire idonee e puntuali indicazioni agli operatori sanitari». Il ministro della Salute uscente ha poi sottolineato l’impegno del suo mandato per l’applicazione dell’articolo 2 della legge, sulla prevenzione delle cause di sterilità.
E adesso si chiarisca cosa si intende per «selezione eugenetica». Lo chiedono le parlamentari teodem del Pd Emanuela Baio e Paola Binetti. «La diagnosi preimpianto sull’embrione - dicono - è in contraddizione con l’articolo 1 della legge 40 (che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito, ndr). Questa diagnosi permette indirettamente test genetici non osservazionali. Si potranno così prelevare cellule dall’embrione, danneggiandolo». Alfredo Mantovano, senatore Pdl, assicura invece che fra i primi compiti del nuovo esecutivo dovrà esserci anche «quello di riparare quest’ultimo danno provocato dal ministro Turco». Allarmismi e polemiche «fuori luogo», invece, per il ministro uscente della Famiglia, Rosy Bindi, che ricorda come «l’aggiornamento periodico è atto dovuto e non c’è nessun via libera a indagini pre-impianto a fini eugenetici».
Anche i tecnici dicono la loro. Claudio Giorlandino, presidente della Società di diagnosi prenatale, sostiene che le nuove norme non cambiano molto le cose, ma creano un clima di maggiore apertura. «Hanno eliminato un po’ di ipocrisia, ma bisogna vedere cosa farà il nuovo ministro della Salute: se sarà schierato ideologicamente, le aperture potrebbero azzerarsi». Carlo Flamigni, pioniere della fecondazione artificiale, assegna un sette più alla Turco, ma ritiene che il punto debole della legge stia nel limite dei tre embrioni impiantabili. E il ginecologo Severino Antinori annuncia querele a Paola Binetti e a chiunque affermi che la diagnosi preimpianto è un atto di eugenetica.

MARIA CORBI
Ignazio Marino, lei era il presidente della Commissione Sanità nella passata legislatura, è soddisfatto delle nuove linee guida alla legge 40 sulla procreazione assistita?
«Soddisfatto, perché ho sempre pensato che l’unico aspetto positivo della legge 40 sia quello di poter emanare ogni tre anni le linee guida. Che in questo caso correggono alcune delle contraddizioni antiscientifiche contenute nella legge stessa. Mi pare difficile da contrastare il desiderio di una coppia portatrice di una malattia genetica di mettere al mondo un figlio sano».
C’è l’estensione della possibilità di accedere alle tecniche di fecondazione anche alle coppie in cui l’uomo è sieropositivo o ha l’epatite.
«Finalmente si è superata l’intollerabile discriminazione nei confronti delle persone sieropositive, che erano escluse da qualsiasi progetto di famiglia. Una battaglia che porto avanti da anni. Nel 2001 ho trapiantato un sieropositivo, sollevando enormi polemiche. Una limitazione, oggi superata, che era contraria alla cultura della vita da tanti propagandata senza poi far seguire fatti concreti. Non c’è nessun motivo né medico né etico per impedire a queste persone, che ormai hanno una qualità e un’aspettativa di vita normali, di avere figli quando questo è possibile».
Rimane un no alla fecondazione eterologa. D’accordo?
«Quando il dibattito è iniziato, ero psicologicamente a favore, ritenendola una forma di adozione. Poi negli Usa specialisti della materia mi hanno fatto leggere studi pubblicati che dimostrano come nei Paesi come la Svezia questa possibilità si scontri con il diritto di ognuno di conoscere la propria storia genetica. E nel 30% dei casi si creano gravi conflitti nella famiglia, soprattutto nelle ragazze adolescenti».

***