Cristina Taglietti, Corriere della Sera 30/4/2008, pagina 41, 30 aprile 2008
Il falso come genere letterario. Corriere della Sera, mercoledì 30 aprile Libri copiati, prestiti non attribuiti, fonti citate in modo improprio, grossolani errori di ricerca, a volte veri e propri plagi, con gli editori costretti alle rettifiche, quando non a buttare al macero migliaia di copie
Il falso come genere letterario. Corriere della Sera, mercoledì 30 aprile Libri copiati, prestiti non attribuiti, fonti citate in modo improprio, grossolani errori di ricerca, a volte veri e propri plagi, con gli editori costretti alle rettifiche, quando non a buttare al macero migliaia di copie. Che sia nato un nuovo genere letterario nel nome della deregulation più assoluta? Sembrerebbe di sì, almeno a leggere le cronache editoriali di questi ultimi tempi. Mentre si è appena spenta in Italia l’eco del caso Galimberti, il filosofo reo di aver preso a prestito (senza citazione) per alcuni suoi libri interi brani di altri colleghi, dalla Gran Bretagna arriva un caso che coinvolge addirittura il re Sole, ricostruito ieri con ampli dettagli dal «Guardian». L’editore Bloomsbury è stato costretto a posticipare l’uscita di una biografia dedicata a «Madame de Maintenon. La moglie segreta di Luigi XIV», perché l’autrice, Veronica Buckley, ricercatrice neozelandese trapiantata a Parigi, avrebbe citato come fonte storica i diari segreti del re medesimo, «un pacco di fogli ingialliti, legati con uno spago e sigillati con la ceralacca» trovati soltanto nel 1997, più o meno 282 anni dopo essere stati scritti, in una cesta in un castello della Loira. Peccato che il Re Sole non abbia mai tenuto un diario e che quello usato come fonte fosse un apocrifo scritto da un accademico francese, François Bluche che, nel 1998, decise di immaginare come sarebbero potuti essere i taccuini di Luigi XIV mettendo insieme moltissime informazioni, quelle sì raccolte da migliaia di documenti storici. Insomma, un classico lavoro di reinvenzione, al massimo verosimile, è diventato la base di una biografia che pretende invece di essere storica, sulla falsariga di un altro lavoro della Buckley, Cristina regina di Svezia. La vita tempestosa di un’europea eccentrica, tradotto in Italia da Mondadori. stata la Buckley stessa a segnalare l’errore ai giornalisti e ai critici delle pagine culturali dei quotidiani inglesi che ricevono solitamente le copie staffetta per la recensione. In una lettera la storica si scusa «per ogni confusione e problema » creati dall’errore, ma precisa che questo non influenza minimamente il senso del lavoro. Così sembra pensarla anche l’editore che ha solo posposto la pubblicazione del libro da maggio a luglio, il tempo necessario per buttare al macero le copie sbagliate (un numero imprecisato, ma nell’ordine delle centinaia) e correggere l’errore. Un equivoco forse non così difficile da scoprire dal momento che già un lettore su Amazon Francia metteva in guardia dal carattere apocrifo del testo in modo abbastanza chiaro: «evitate questo libro, vi indurrà in errore». Il caso ha suscitato in Gran Bretagna una vivace discussione, anche perché le biografie storiche sono molto di moda, sebbene spesso non vengano fatte le dovute verifiche sulle fonti e si privilegino aspetti sensazionalistici sui genuini dettagli storici. Scarso controllo (anche degli editor) e esigenze commerciali sono una miscela a volte esplosiva. D’altronde sono passati ormai più di vent’anni da quando i presunti diari di Hitler, 60 volumi rilegati in cuoio e pagati dal settimanale tedesco «Stern» una cifra che allora si aggirava sui sei miliardi di lire, vennero presentati come lo «scoop » giornalistico del secolo, e tutti li presero per buoni. Li aveva scritti, imitando alla perfezione la calligrafia di Hitler, Konrad Kujau, falsario e nostalgico nazista, in parte usando discorsi del Führer, libri di storia e testimonianze, in parte inventando di sana pianta, ma sempre all’insegna della verosimiglianza. Eppure ad autenticarli fu lo storico Hugh Trevor-Roper, l’ex ufficiale di Sua Maestà scomparso nel 2003, che aveva ricostruito in un libro magistrale gli ultimi giorni di Hitler nel bunker e che con quell’incidente intaccò una reputazione fino ad allora inattaccabile. La falsa biografia sembra aver contagiato anche molti scrittori contemporanei, pronti a inventarsi un passato tormentato, il più possibile appetibile per le pagine di un libro. Basti ricordare il recente caso di Misha Defonseca, autrice di un bestseller tradotto in 18 lingue e trasformato in un film, tutto fondato sul suo passato di bambina ebrea che, nel ’41, percorre a piedi tremila chilometri dal Belgio all’Ucraina per ritrovare i genitori deportati dai nazisti e sopravvive perché viene adottata da un branco di lupi. Tutto falso, a cominciare dal nome. A indurre l’autrice a uscire allo scoperto non è stato un tardivo ripensamento, ma un’inchiesta giornalistica. Tutto ciò non ha impedito all’editore italiano (Ponte alle Grazie) di ripubblicarlo con la spiegazione, in quarta di copertina, che la storia, «benché frutto di fantasia vale comunque la pena di essere letta». Il filone della falsa Shoah d’altro canto vanta illustri frequentatori, come Binjamin Wilkomirski che, nel 1995, pubblicò «Bruchstücke» (tradotto in italiano da Mondadori con il titolo Frantumi). Anche lì il protagonista, lo stesso Wilkomirski, doveva essere un bambino ebreo nei lager di Majdanek e Auschwitz, invece è Bruno Dössekker, che ebreo non lo è per niente e (per sua fortuna) non ha mai visto un campo di concentramento. Non arriverà, probabilmente, in Italia l’ultimo falso memoir americano, «Love and Consequences » in cui Margaret B. Jones, racconta la sua storia di povera «Nativa Americana» cresciuta nel ghetto di Los Angeles dove spacciava droga per una gang. Smascherata dalla sorella Cyndi, Margaret B. Jones si è rivelata essere Margaret Selzer, wasp nata in una famiglia benestante della San Fernando Valley ed educata in una scuola privata episcopale, volontaria in un centro di recupero per tossici e baby criminali, ignari ispiratori della «sua» storia. Conclusione: lacrime pubbliche (sue e dell’editor raggirata), copie ritirate, tour di presentazione cancellato. Pubblico ludibrio e gogna televisiva officiata da Oprah Winfrey, erano toccate, lo scorso anno, anche a James Frey, autore di una biografia selvaggiamente contraffatta, dal titolo In un milione di piccoli pezzi (Tea). Quasi tutti rigorosamente falsi. Cristina Taglietti