Sergio Rizzo Gian Antonio Stella, Corriere della Sera 30/4/2008, pagina 15, 30 aprile 2008
E la soprintendente blocca i pannelli. Corriere della Sera, mercoledì 30 aprile 2008 ’O sole! Ecco l’idea: ’o sole! Lo stesso Carlo Rubbia in realtà, come ricorda una cronaca di «Galileo» sulla Conferenza nazionale sull’energia e l’ambiente aveva una decina di anni fa moltissimi dubbi: «Supponiamo di voler ottenere con pannelli fotovoltaici circa un quarto dell’energia di cui avremo bisogno nel 2100, cioè circa la quantità d’energia consumata oggi
E la soprintendente blocca i pannelli. Corriere della Sera, mercoledì 30 aprile 2008 ’O sole! Ecco l’idea: ’o sole! Lo stesso Carlo Rubbia in realtà, come ricorda una cronaca di «Galileo» sulla Conferenza nazionale sull’energia e l’ambiente aveva una decina di anni fa moltissimi dubbi: «Supponiamo di voler ottenere con pannelli fotovoltaici circa un quarto dell’energia di cui avremo bisogno nel 2100, cioè circa la quantità d’energia consumata oggi. L’energia che arriva dal sole è, nella situazione più favorevole, di 270 watt al metro quadro. Questa energia va poi trasformata in elettricità e, considerando un’efficienza complessiva del 10%, significa che bisognerebbe coprire 700.000 chilometri quadrati del pianeta con pannelli solari». Assurdo: «Il Giappone dovrebbe coprire più del 35% del suo territorio, la Svizzera poco meno del 25, all’Italia (terra soleggiata) "basterebbe" circa il 12%. Per soddisfare la metà del nostro futuro fabbisogno elettrico con l’energia solare servirebbero circa 22.000 chilometri quadrati di pannelli, un’area grande più o meno quanto tutta la Sardegna ». (..) Dieci anni dopo, è più ottimista. (…). La tecnologia ha fatto passi da gigante. Un gruppo di scienziati riuniti nella Trans-Mediterranean Renewable Energy Cooperation (Trec) ha messo a punto un progetto per sfruttare il luogo più assolato e disabitato del mondo, il Sahara, dove il sole batte 365 giorni l’anno e dove una distesa di pannelli solari potrebbe scaldare a temperature altissime una condotta speciale che alimenterebbe, ha spiegato sull’Espresso Federico Ferrazza, una turbina in grado di produrre energia elettrica in quantità. Una cosa nuova, capace di «soddisfare l’attuale domanda di energia elettrica di Europa, Medio Oriente e Nord Africa» con 35 impianti che occuperebbero solo lo 0,3% della superficie del deserto. Anche Rubbia è al lavoro sul «solare termodinamico». Col Progetto Archimede. Ispirandosi al genio siracusano che concentrando il calore del sole in grandi specchi «ustori» riuscì a incendiare le navi romane che assediavano la città, il premio Nobel ha previsto di piazzare un chilometro quadrato di specchi parabolici che assorbono e scaricano il calore su una rete di tubi dentro i quali scorre una miscela di sali che viene portata a 550 gradi, una temperatura impossibile da raggiungere col «solare » tradizionale fotovoltaico. « come uno scaldabagno: puoi farti la doccia anche di notte o quando non c’è il sole». Costretto ad andarsene dall’Enea ai tempi del governo berlusconiano dopo essere stato bollato di incapacità da Claudio Regis, un sedicente ingegnere soprannominato «Valvola» e nominato nel CdA per meriti leghisti, il grande fisico goriziano ha potuto per anni portare avanti il suo progetto solo in Spagna. Dove fu accolto a braccia aperte e dove oggi stanno nascendo una ventina di centrali solari di ultima generazione. E qui è il punto. L’ipocrisia più fastidiosa. Costretti a dipendere per l’88% dall’estero e diffidenti se non ostili a ogni altra forma di energia, ci riempiamo la bocca da anni con «il solare, il solare, il solare!». Poi vai a vedere i numeri e scopri che nel 2006 la Germania, dove il sole è quello che è, ha prodotto col solare 2000 gigawattore di energia elettrica, contro le 35 dell’Italia: 57 volte di più. Che in Austria, altro Paese dal clima non mediterraneo, ci sono come in Grecia 200 metri quadrati di pannelli per la produzione d’acqua calda ogni mille abitanti, da noi solo 8. Che il Lussemburgo, nonostante sia grande poco più della metà del Molise e abbia 182 giorni di pioggia l’anno, produce col «solare» il 60% dell’elettricità che coi pannelli produciamo noi. Ma la «chicca» è una circolare mandata nel novembre del 2007 dalla soprintendente per i Beni architettonici e il paesaggio del Lazio Anna Maria Affanni a una sessantina di Comuni. Tre righe. Oggetto: impianti fotovoltaici. «Si informa che la Direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici del Lazio con nota del 22/10/2007 prot. n. 13635 ha comunicato di sospendere qualsiasi iniziativa in materia, in attesa che il Comitato di settore elabori uno schema di norma di indirizzo a valore per tutto il territorio nazionale». Norme attese da anni. Traduzione: fermi tutti. Basta pannelli solari. Sono così brutti, sui tetti assolati del Bel Paese... Sergio Rizzo Gian Antonio Stella