Stefano Parola, Tuttoscienze 30/4/2008, pagina III, 30 aprile 2008
Le particelle fanno ricca l’Italia. Tuttoscienze, mercoledì 30 aprile 2008 Sistemi di pompaggio ad ultra-alto vuoto che parlano torinese, altri, di tipo «getter», con accento milanese, solenoidi superconduttori con inflessione genovese
Le particelle fanno ricca l’Italia. Tuttoscienze, mercoledì 30 aprile 2008 Sistemi di pompaggio ad ultra-alto vuoto che parlano torinese, altri, di tipo «getter», con accento milanese, solenoidi superconduttori con inflessione genovese. Al Cern di Ginevra c’è tanta industria italiana. Grandi aziende e soprattutto piccole e medie imprese, con un denominatore comune che fa la differenza rispetto alla concorrenza mondiale: la propensione all’altissima tecnologia. I numeri parlano chiaro. «Siamo il secondo Paese fornitore del Cern, dopo la Francia e a pari merito con la Germania», spiega Sandro Centro, direttore dell’«Industrial liason officer», l’organo che fa da tramite tra l’Organizzazione europea per la ricerca nucleare e l’industria italiana. I bandi relativi all’Lhc - il Grande collisore adronico - sono stati una gallina dalle uova d’oro: hanno garantito un ritorno industriale di circa 88 milioni di euro nel 2004 e nel 2005, mentre i contributi dati dall’Italia al Cern in quegli anni non hanno mai superato gli 80 milioni. «Per misurare il ritorno - spiega Centro - si usa un coefficiente: si parla di giusto equilibrio, quando questo è attorno allo 0,9, mentre negli ultimi quattro anni l’Italia ha fatto registrare un ottimo 1,4». Significa che per ogni euro investito dal nostro Paese corrispondono 1,40 euro in commesse per le industrie italiane. L’Lhc è il più grande acceleratore di particelle del mondo e dal prossimo autunno, quando comincerà a entrare in funzione, consentirà ai fisici di Ginevra di studiare alcuni misteri dell’Universo, di andare alla ricerca di nuove particelle, di indagare problemi-base come la massa, la materia oscura e l’antimateria. Consiste in un anello di 27 chilometri (ospitato nel tunnel un tempo utilizzato per il Lep, lo storico acceleratore disattivato nel 2000), in cui due fasci di particelle verranno accelerati a oltre il 99,9% della velocità della luce per farli collidere e creare così una pioggia di nuove particelle. Tutte condizioni che necessitano di tecnologie di altissimo livello, in buona parte fornite da aziende italiane. Come spiega Roberto Petronzio, presidente dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, «nel corso degli anni il ritorno in commesse è passato da una prevalenza di bassa tecnologia all’attuale egemonia dell’hi-tech». Una volta nell’anello, i fasci subiranno un’accelerazione tale da raggiungere un’energia finale di 14 TeV. Per controllarli occorreranno dei magneti superconduttori in grado di generare campi particolarmente potenti. Esattamente ciò che produce la Ansaldo Superconduttori di Genova. «Oltre metà dell’energia immagazzinata per gli esperimenti è stata fornita dalla nostra società tramite i solenoidi che abbiamo costruito», spiega il responsabile commerciale Roberto Cappellini. Con i suoi magneti dipoli superconduttori e quadripoli correttori Ansaldo interviene sia sull’anello principale che su Cms e Atlas, due dei quattro esperimenti svolti nelle profondità ginevrine. Tradotto in euro, si parla di 100 milioni di commesse per l’Lhc. Tuttavia, per incrementare la potenza dei campi magnetici sarà utile portare la temperatura a livelli straordinariamente bassi, anche fino a 1,9 gradi kelvin, cioè -271 gradi celsius. Per farlo, sono necessari gli impianti di criogenia e i loro costruttori. Come la Criotec di Chivasso, nel Torinese, o come la Simic di Camerana, in provincia di Cuneo, che hanno realizzato alcuni dei macchinari che mantengono il freddo e lo distribuiscono sull’anello. L’azienda cuneese ha anche prodotto il criostato per l’esperimento Atlas e ha incassato circa 30 milioni di euro dalle forniture offerte al Cern nel corso degli anni. Un settore, quello della criogenia, che coinvolge anche aziende che creano componenti meccaniche, come la Zanon di Schio, nel Vicentino. «Gli apparecchi per la fisica costituiscono una parte secondaria del fatturato, ma sono il nostro fiore all’occhiello», dice il titolare Ettore Zanon, che non esita a togliersi un sassolino dalla scarpa: «Spesso si è coinvolti nella fase prototipale - afferma - ma quando i progetti si fanno corposi arrivano i grossi gruppi e si viene tagliati fuori». Per raggiungere una velocità prossima a quella della luce i fasci di particelle elementari devono viaggiare in un vuoto estremo. Ecco entrare in gioco, anche in questo caso, aziende italiane. «Abbiamo iniziato con il fornire al Cern 27 chilometri di nastro ”getter” per il Lep, soluzione tecnologica indispensabile per permettere a questo acceleratore di particelle di raggiungere condizioni di ultra-alto vuoto – spiega Paolo Manini della milanese Saes Getters -. In seguito, nell’ambito della stessa collaborazione, abbiamo continuato a fornire fino alla chiusura del progetto pompe da vuoto di nostra produzione, utilizzate in sistemi altamente sofisticati. Più recentemente Saes ha acquisito la licenza per una particolare tecnologia, sviluppata dal Cern, relativa alla deposizione di film sottili di materiale ”getter”». Produce, invece, pompe ioniche la Varian, società americana la cui sede di Leinì, vicino a Torino, è nata negli Anni 60 proprio nell’ottica di servire i fisici di Ginevra. Oggi lo stabilimento torinese è un fornitore a tutto tondo, dalle pompe in sé ad altre componenti come i misuratori o i cerca-fughe. Questi sono solo alcuni esempi di un ricco tessuto di Pmi italiane che si sono arricchite collaborando con il Cern e con l’Istituto nazionale di fisica, sia a livello economico sia in termini di trasferimento tecnologico. Ora le maxi-commesse dell’Lhc sono un ricordo, proprio perché l’acceleratore sta per entrare in funzione. D’ora in poi le attività italiane in Svizzera saranno soprattutto di manutenzione o per interventi straordinari. Ma per tanti ingegneri e tecnici il viaggio a Ginevra ha significato acquisire un «know how» da spendere in altri progetti: per esempio per Iter, il reattore a fusione nucleare che sorgerà a Cadarache, in Provenza. Stefano Parola