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 2008  aprile 26 Sabato calendario

La battaglia degli ingredienti. La Stampa, sabato 26 aprile 2008 L’aumento dei costi alimentari non è un problema solo per i consumatori

La battaglia degli ingredienti. La Stampa, sabato 26 aprile 2008 L’aumento dei costi alimentari non è un problema solo per i consumatori. Le imprese non riescono a contenere i prezzi, vanno fuori mercato e riducono le vendite. Allora si industriano per rimanere competitive, e sopravvivere alla crisi. La Nestlè ha annunciato che sta sostituendo gli ingredienti di alcuni prodotti per i mercati emergenti: via i cereali costosi, dentro quelli economici. Altri produttori si muovono analogamente, riscoprendo per esempio la birra di sorgo africana (la bevevano gli schiavi che costruivano le piramidi) al posto di quella di malto. La strada è aperta. Il timore è che non passi lontano da noi. Secondo Carlo Altomonte, docente di politica economica europea all’università Bocconi di Milano, il comportamento della Nestlè «è quello che ci si deve aspettare che accada». Il ragionamento è lineare: «La crisi nasce dal fatto che per una serie di ragioni la domanda cresce più velocemente dell’offerta. Dunque i prezzi aumentano. Si dice: prima o poi l’offerta si adeguerà. Questo è un caso tipico: cambiando gli ingredienti la Nestlè fa scendere i prezzi del prodotto finito». Ma un conto è cambiare gli ingredienti nei prodotti destinati a mercati africani e asiatici, un altro farlo per l’Europa. «Per due motivi. Primo: in Italia si tende a vendere un prodotto semplice, poco ”pasticciato”. Quindi il margine d’intervento per le aziende è limitato. Secondo: in Europa siamo soggetti a norme rigorose sui prodotti, a disciplinari che tutelano le produzioni tipiche e i consumatori. Aggirarli non è facile. E poi se cambi ingredienti devi cambiare etichetta, nome, packaging...». Eppure c’è chi ci prova. A «pasticciare» il prodotto, ad allentare le regole, a cambiare ingredienti. Lo racconta Luciano Sita, presidente della Granarolo, una di quelle aziende che non «pasticciano». Del resto il prodotto principale è il latte, c’è poco da pasticciare. Almeno per ora, perché Sita prevede che «i prossimi saranno anni di battaglia». Contro chi? «Sugli ingredienti stiamo entrando in un territorio rischioso. Per me il latte è latte e il grano è grano. Punto. Ma c’è una forte pressione dal Nord Europa per allentare i vincoli. Le grandi imprese francesi e tedesche sono aggressive». E che cosa vogliono fare? «Per esempio, consentire di aggiungere latte in polvere al latte fresco o ridurne le proteine. Ma quello non è più latte, è un’altra cosa! Il latte fresco dura due giorni, quello in polvere puoi farlo arrivare dagli Usa e si conserva finché vuoi». La prima battaglia si è già disputata nei mesi scorsi. «I francesi volevano fare il formaggio col latte in polvere, siamo riusciti a impedirlo». La trincea è stata difesa. «L’andazzo è di superare i vincoli d’integrità del prodotto: comporlo, scomporlo e manipolarlo. Addio naturalità. Per gli italiani sarebbe un disastro, non potremmo competere». Secondo Sita la strada per le imprese è riorganizzarsi, dalla dimensione alla logistica. Spiegano a Nestlè Italia: «Noi cerchiamo di approvvigionarci riducendo il numero degli intermediari, avvicinandoci sempre più alla fonte. Priorità ai fornitori locali, vicini agli stabilimenti, per ridurre gli interlocutori e ottimizzare i costi di trasporto». Cambiare gli ingredienti? Mai, è la risposta di Danone e Barilla. Poi c’è la «differenziazione del prodotto». Altomonte fa un esempio proprio sul latte: «Visto che i margini di manovra sugli ingredienti sono scarsi, si differenzia il prodotto mettendo in vendita diversi tipi di latte, ognuno con un tappo di colore diverso. Ogni colore una sfumatura di sapore, una proprietà specifica, un consumatore con gusti particolari». Le indagini dimostrano che ai consumatori questa differenziazione di prodotto piace. Chi s’affeziona al latte col tappo di un colore è disposto a pagare un prezzo più alto. Chi invece vuole un prodotto «basic» (niente tappi di colore, latte fresco e basta) non tollera l’aumento dei prezzi, e si rivolge altrove. «Una biforcazione del mercato», spiega Altomonte. Infatti nei mercati riforniti direttamente dai produttori il latte sfuso costa un euro al litro, in un supermercato può toccare l’euro e quaranta. Marco Sodano