Raffaella Polato, Corriere della Sera 28/4/2008, 28 aprile 2008
Il Mar Caspio e il giallo del gas russo. Corriere della Sera, lunedì 28 aprile 2008 Dice Aleksandr Medvedev che loro, a Nabucco, "non sono contrari"
Il Mar Caspio e il giallo del gas russo. Corriere della Sera, lunedì 28 aprile 2008 Dice Aleksandr Medvedev che loro, a Nabucco, "non sono contrari". Dicono gli altri che sì, va bene, speriamo: perché intanto, nei fatti, il veto russo al transito della pipeline nel Caspio è sempre lì. Capitolo di un racconto i cui protagonisti, scenari, trame piacerebbero ai Follett e ai Le Carré orfani della Guerra Fredda. Forse (ma non c’è da giurarci) i primattori non sarebbero le vecchie superspie. Certo (e almeno qui non c’è alcunché da rimpiangere) i fantasmi da neutralizzare non hanno più la sagoma delle contrapposte testate nucleari. Però che storia, in effetti. Uno accende l’interruttore della luce o apre la manopola che farà bollire l’acqua per il the e non sa che per quel quotidiano, banalissimo gesto, si muovono e si scannano diplomazie, capitali politiche e ovviamente capitali economici, superpotenze e mini-blocchi alleati ora di qua, ora di là, ora sia di qua che di là. la partita del gas, e non a caso qualcuno la chiama (appunto) seconda Guerra Fredda. Con la Russia da una parte, l’America dall’altra (però ufficialmente sullo sfondo), l’Europa nel mezzo. In generale. E nel particolare, ossia in quello che, tra i tanti singoli match della scacchiera continentale, è lo specchio più eclatante dell’intero, nuovo Grande Gioco: la sfida dei gasdotti meridionali, delle due cordate con due diverse pipeline. In teoria non si escludono a vicenda e, sempre in teoria, all’Europa servirebbero in blocco. Poi però, nella pratica, finiscono con lo spaccare il continente. Creando quelle trame che, negli snodi tra Mosca, Bruxelles, Berlino, Roma, Londra, Washington, ma pure posti tipo Ashgabat e Baku e altre capitali di altri Stati ex sovietici o ex satelliti, offrirebbero ampio materiale ai re dei best seller. Hanno nomi suggestivi, le pipeline della discordia europea. Nabucco, appunto: come il re babilonese nell’opera verdiana. E South Stream: come un’energica corrente del Sud. Insieme porterebbero gas sufficiente a soddisfare solo un decimo del fabbisogno che potremmo avere da qui al 2020 (600 miliardi contro i 300 di oggi). Attraverseranno l’una il Mar Caspio, l’altra il Mar Nero. Ma è qui, sui ponti verso l’Europa, che cominciano i guai. Tutti geopolitici. Tutti questione di supremazie da mantenere, o conquistare, o scongiurare. Il nodo è uno: la Russia. oggi e sarà domani - il maggior fornitore di gas. Ha quasi 48 mila miliardi di metri cubi di riserve, vale a dire il doppio del secondo produttore (teorico: l’Iran non è oggi considerato un venditore "sicuro") e dieci volte tanto i numeri del terzo (l’Algeria). Quel che può accadere se, per una ragione qualsiasi, lungo il tragitto dal nord russo ai mercati europei si chiudesse anche un solo rubinetto, lo si è visto a Capodanno 2006 con la vicenda Ucraina: rischio freddo, ma anche buio (soprattutto per l’Italia, che con il gas produce anche il 60% dell’energia elettrica). Il che porta al secondo grosso problema dei Paesi consumatori: in una situazione di quasi monopolio i prezzi non li fa chi compra. Morale? vero, come ripete spesso il numero uno dell’Eni Paolo Scaroni, che è l’Europa a essersi cacciata in questa situazione quando, con il gas a prezzi bassissimi e unica fonte "pulita" di energia, ha scartato il nucleare e il carbone e puntato tutto sul metano "creando uno dei primi mercati con dipendenza da domanda e non da offerta". vero pure che la Ue non si è accorta del fenomeno fino a che non è scoppiata la crisi di Kiev. Resta il fatto che ora la situazione è questa. E le reazioni sono due. C’è Nabucco, che nasce come tentativo europeo di ridurre la dipendenza da Mosca bypassandola. Sponsor Bruxelles (ma anche gli Usa, preoccupati dello strapotere russo), sono Turchia, Bulgaria, Ungheria, Romania, Austria e Germania a creare il consorzio. Obiettivo: acquistare il gas direttamente dai vari Stati-"stan" (Turkmenistan per primo) che oggi, non avendo vie d’accesso dirette all’Europa, vendono alla solita Russia. Piccolo dettaglio (e tassello del Grande Gioco): per passare dal Turkmenistan all’ Azerbaijan, e da lì alla Turchia e ai Paesi di Nabucco, occorre attraversare il Caspio. E sul Caspio la Russia, come tutti gli Stati che sul mare si affacciano, grazie a un vecchio decreto sovietico, può vietare il "transito". Ora Medvedev, numero due di Gazprom (per anni guidata da un altro Medvedev, il Dimitri che tra un po’ succederà a Vladimir Putin), con l’intervista di martedì scorso al "Corriere" assicura che Mosca al gasdotto non si opporrà, "non è un nostro concorrente". Non c’è ragione di non credergli. Ma è superfluo dire che intanto il diritto di veto il Cremlino l’ha usato, e che in queste condizioni il tratto sottomarino della pipeline non si può fare. Perciò si dice che Nabucco è nato già a rischio: l’unico fornitore sicuro è il Paese al di qua del Caspio, l’Azerbaijan, ma ha riserve solo per 1.370 metri cubi. Iran e Iraq? Possibili venditori, sì. Ma chissà quando. L’instabilità dell’ area relega oggi il loro ruolo a una pura scommessa sul futuro. Vanno meglio le cose per South Stream. L’altra risposta europea alla partita del gas. Nella Ue che non ha una vera politica energetica comune, l’Italia con l’Eni ha scelto l’alleanza (peraltro storica) con Mosca e con la Gazprom. La stessa cosa ha fatto la Germania: con North Stream, il progetto equivalente a Nord, quello che tante polemiche ha creato per la presidenza affidata all’ex cancelliere Gerhard Schroeder. Per Eni-Gazprom sono nate meno diatribe di quelle che hanno colpito i tedeschi, la cui pipeline bypassa per esempio la Polonia (furibonda in sede Ue). Ma certo anche Scaroni ha tuttora un bel daffare diplomatico tra Bruxelles e Washington: a spiegare, per esempio, che l’Italia non è così Cremlino-dipendente, che noi dai russi importiamo solo il 35% (contro il 65% di una E.On), e che in ogni caso è meglio "co-gestire" che "subire". Pure South Stream, insomma, ha i suoi nemici: la Turchia, non esattamente felice di vedersi scavalcata dal nuovo gasdotto, non è l’unica a parlare di un altro "cavallo di Troia" moscovita. curioso, però, che la "via continentale" di South Stream passi da alcuni degli stessi Paesi azionisti dell’"anti-russo" Nabucco. Bloccato sul Caspio dal veto russo, sì, per cui ci si potevano attendere ritorsioni: invece Bulgaria, Romania, Ungheria i diritti di transito ai (presunti?) rivali li hanno già firmati o li stanno trattando. Geopolitica. O realpolitik? Raffaella Polato , corriere della sera 28/4/2008