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 2008  aprile 28 Lunedì calendario

I primi della classe non stanno simpatici a nessuno. Adrien Brody, il più giovane premio Oscar della storia (a 29 anni con Il pianista), l’unico americano ad aver vinto lo snobbissimo premio César (l’Oscar francese) e l’uomo più elegante del mondo del 2004 secondo la rivista Esquire, di dieci in pagella ne ha davvero tanti

I primi della classe non stanno simpatici a nessuno. Adrien Brody, il più giovane premio Oscar della storia (a 29 anni con Il pianista), l’unico americano ad aver vinto lo snobbissimo premio César (l’Oscar francese) e l’uomo più elegante del mondo del 2004 secondo la rivista Esquire, di dieci in pagella ne ha davvero tanti. Sarà quell’aria dinoccolata di chi dei divismi se ne frega, sarà la sua sincera e totale adesione a ognuno dei suoi ruoli ma Adrien tutto è tranne che antipatico. E la sua autentica passione per la moto, per noi, è il modo migliore per rompere il ghiaccio e arrivare a conoscerlo davvero. Come descriveresti la tua relazione con la moto? « sicuramente una storia d’amore. pericolosa e attraente e mi caccia nei guai ma la amo. Il vantaggio con le moto è che non è necessario essere monogami: a volte flirto anche con il mio scooter» Ti ricordi la prima volta che sei salito su una moto? «Sì, avrò avuto 13 anni. Mi fu data una moto decrepita con un motore a kerosene, o almeno io ho usato quello per farla andare. Non si accendeva e quindi ho pulito tutte le parti del motore che potevo e ho provato a metterla in moto a spinta scaraventandomi giù dalla collina più ripida del quartiere. Ho fatto su e giù almeno 50 volte prima di riuscire a farla andare. Una volta messa in moto, l’unico modo di trovarmi era seguire la scia di fumo e l’odore di olio». stata lei a scegliere te o viceversa? «Ero squattrinato e i miei non volevano che io avessi una moto. Quindi ho ”sedotto” la vicina del palazzo di fronte convincendola a darmi il motorino dei figli ormai grandi. Non ero certo schizzinoso: un vecchio motorino per me andava benissimo. Per me qualunque cosa meccanica che mi mettesse in movimento era bella e attraente. La mia prima macchina era una Volvo 164E del 1974 completamente smarmittata e senza la retromarcia. Mi era costata 50 dollari. Cosa potevo pretendere?» Nel 1992 hai avuto un brutto incidente motociclistico. Hai mai pensato di smettere? «Certo che ci ho pensato. Ho proprio smesso di andare in moto. O meglio: ho smesso di possedere una moto mia. Finché un caro amico non mi ha regalato una Ducati per i miei trent’anni (e per aver vinto l’Oscar)». L’incidente ti ha insegnato qualcosa? «Andare in moto in aree densamente popolate e trafficate è estremamente pericoloso. Non è sicuro e non lo raccomanderei a nessuno ammesso che non si abbia molta esperienza e prudenza. Comunque mi ha insegnato ad affrontare gli incroci con prudenza e non aspettarmi che gli altri si fermino». In Europa il casco è obbligatorio. Cosa pensi del fatto che in alcuni stati degli USA si possa andare in moto senza? «Ovviamente è più eccitante la libertà di andare in moto senza casco. Ma le chance di sopravvivere a un incidente diminuiscono drasticamente. Se la scelta fosse lasciata al singolo individuo la tendenza generale sarebbe di non portarlo se non altro perché sembrerebbe meno figo rispetto a chi rischia la vita senza. Io sono andato in moto senza casco. divertente ma non è sicuramente sensato». Da celebrità, non hai la sensazione che il casco protegga il tuo anonimato? «Certo! Il casco è mio alleato». Per Il Pianista hai dovuto prepararti in modo decisamente radicale: rinunciando a molte comodità moderne. Quanto ti mancava la moto? «All’epoca non avevo la moto. Mi sono dovuto separare dalla maggior parte dei miei averi, tra cui anche una Porsche 911, ma non ne ho sentito molto la mancanza. Quando ti liberi di tutte le stronzate che ti circondano capisci quali sono le cose che contano davvero: famiglia, amore, salute e un tetto sulla testa». Descrivici il tuo ruolo in The Darjeeling Limited. « la storia di tre fratelli che viaggiano in India per ricongiungersi dopo la morte del padre. Io sono il fratello di mezzo che sembra voler fuggire dalle sue responsabilità. In realtà i tre fratelli sono un insieme unico: tre frammenti di un essere umano completo. Se non avessero l’un l’altro sarebbero spezzati». Durante le riprese ti sei legato spiritualmente ai tuoi fratelli di scena? «C’era molta complicità. Wes Anderson ha creato un’atmosfera meravigliosa sul set e l’India ha regalato a tutti noi una grande avventura. Sia in scena che fuori. Era il luogo ideale per legarsi a gente speciale e condividere insieme un’esperienza importante. Io penso che il film catturi quella bellezza e quella magia e restituisce allo spettatore qualcosa di personale. Per me rivederlo sarà come una sorta di diario di quel periodo della mia vita». Come hai reagito quando hai saputo del tentato suicidio del coprotagonista del film, Owen Wilson? «Owen è un caro amico. E questo dovrebbe dire tutto». Che ricordo hai dell’India? «L’India, come nessun altro posto al mondo, ti ricorda di essere vivo. Tutti i sensi vengono continuamente presi d’assalto e stimolati. La gente laggiù, anche quella che non ha nulla, è la più dolce e generosa che possiate incontrare. un luogo complesso e molto spirituale che mi è rimasto dentro». Quando eri un ragazzino ti esibivi alle feste come mago e ti facevi chiamare Amazing Adrien. Cosa sopravvive di Amazing Adrien nell’Adrien Brody di oggi? «Non cresciamo mai del tutto. Recitiamo solo la parte dei grandi, alla fine». Che tipo di ragazzino eri quando crescevi a Queens? «New York è davvero un calderone di culture. Almeno lo era quando ero bambino. Era pazzesco: pieno di vita e di drammi e io sono decisamente un prodotto di quell’ambiente. Alla fine è stata una benedizione crescere lì anche se a volte era difficile». E ora che tipo di ruolo ti piacerebbe recitare? «Di solito mi piacciono i ruoli che mi portano in un luogo dove non sono mai stato. il percorso individuale del singolo personaggio che mi deve parlare. Quindi può essere qualunque cosa…».