La Repubblica 24 aprile 2008, LUCA IEZZI, 24 aprile 2008
Compagnie in crisi per il caro-carburante. La Repubblica 24 aprile 2008 ROMA - Il caro-carburante tinge di rosso i conti delle compagnie aeree e per i manager l´imperativo è risparmiare, a qualsiasi costo
Compagnie in crisi per il caro-carburante. La Repubblica 24 aprile 2008 ROMA - Il caro-carburante tinge di rosso i conti delle compagnie aeree e per i manager l´imperativo è risparmiare, a qualsiasi costo. E per questo rischia di diventare una preoccupazione anche per i passeggeri, esposti addirittura al pericolo di trovarsi a secco in alta quota. Il Dipartimento dei trasporti americano ha verificato che si tratta di un minaccia concreta. Il caso dell´aeroporto di Newark, in New Jersey dove aumentano dismisura gli atterraggi di emergenza proprio per mancanza di carburante è solo il caso più inquietante. Da questa parte dell´oceano si bada soprattutto a tagliare i consumi: è di ieri la notizia che la Brussels Airlines ha deciso di ridurre su alcune tratte europee la velocità di crociera (all´incirca da 858 a 845 km/h). Si arriva due o tre minuti dopo, ma si risparmia e soprattutto non aumenta la parte del biglietto (Fuel Surcharge) collegata al kerosene. Aumenti che invece hanno già attuato tutti i big. Air France impone tra i 2 e i 10 euro a seconda della lunghezza del volo. Lufthansa è passata da 14 a 17 euro. Persino la Emirates Airlines ha annunciato che ridurrà il proprio programma di acquisto di nuovi aerei a causa della riduzione dei margini sulle proprie tratte. Il costo del carburante è un problema anche per loro. Ryanair, come al solito tra le più originali, ha bloccato gli stipendi dei 36 manager di rango più alto. Per tutti non mancano poi i "trucchetti" come l´uso di un solo motore nel parcheggio, o salire alle alte quote delle vecchie rotte militari per trovare meno resistenza aerodinamica. Ma per capire i veri effetti sul mondo dell´aviazione bisogna andare a Wall Street dove la raffica di bilanci in rosso delle prime cinque compagnie del settore negli ultimi giorni è il segnale che il vento è di nuovo cambiato e molti già rievocano la crisi globale del 2002, quella post 11 settembre. Ma con il petrolio a 120 dollari al barile e il prezzo del carburante per aerei del 60-65% più caro di un anno fa, appare il fantasma di un terremoto ben più lungo e strutturale di allora. L´aumento medio dei biglietti finora è stato del 5% (10% per il lungo raggio). Ma il dilemma è: fino a che punto si possono alzare le tariffe senza far crollare la domanda? In attesa di una risposta, un pugno di compagnie regionali Usa sono già fallite. L´altro problema è quello di dover presidiare il mercato: gli orari estivi prevedono un aumento dell´offerta tra Europa e Usa del 6,4%, per qualcuno si trasformeranno in pesanti perdite. Il caso più eclatante è quello di Delta-Northwest, due compagnie che vengono da una lunga e dolorosa ristrutturazione post 2001 e sono passate in una settimana dall´annuncio trionfale di una fusione che le porterà a diventare il big mondiale a dover ammettere una perdita operativa combinata da 460 milioni di dollari tra gennaio e marzo (cui si aggiungono ben 10 miliardi di svalutazioni volontarie pre-fusione). E nei giorni scorsi la United ha svelato un rosso da 537 milioni di dollari, mentre la principale rivale di Delta, l´American Airlines, ha denunciato un passivo di 300 milioni di dollari. In Borsa gli analisti studiano quanto spendono a gallone di kerosene i vari concorrenti (tra i 2 e i 3 dollari): la differenza di pochi centesimi dà un indizio su chi per primo andrà in difficoltà. La convinzione diffusa è che i prezzi per far volare gli aerei resteranno a lungo a questi livelli e quindi bisogna tagliare altrove: United ha già annunciato il 10% di riduzione dei voli (e 1.100 esuberi). Dalla fusione Delta-Northwest si aspettano risparmi per un miliardo di dollari l´anno. La tecnologia aiuta, materiali innovativi, profili aerodinamici più performanti sulle ali. Infatti tutti stanno affrettando la dismissione degli aerei più vecchi con quelli nuovi, più leggeri e con un numero di posti più alto che significa meno consumo pro-capite. D´altronde i vettori, specie i big europei, vengono da quattro-cinque anni di continua crescita e hanno le risorse per non preoccuparsi da subito e possono investire nei nuovi aeromobili. Ma la strada industriale è già tracciata: più fusioni che permettono di tagliare flotte, organici e voli. I network diventeranno sempre più grandi e integrati e chi resta solo è perduto. Lo hanno chiaramente capito proprio le due più grandi compagnie sui due lati dell´Atlantico, Air France-Klm e Delta-Northwest, che hanno siglato una joint venture che gestirà congiuntamente i collegamenti sull´Atlantico tra Londra, Parigi e le principali città americane: fatturato previsto 12 miliardi di dollari e una quota di mercato del 30%. LUCA IEZZI