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 2008  aprile 15 Martedì calendario

La Ue conta poco o niente. Libero Mercato 15 aprile 2008 Tra i maggiori meriti ascrivibili alle ultime fatiche letterarie di Giulio Tremonti c’è quello di aver riconosciuto la centralità dell’Organizzazione Mondiale Diventare grandi Nel commercio mondiale l’Unione europea conta assai meno Per l’Omc è l’Italia e non Bruxelles ad avere diritti, poteri e responsabilità

La Ue conta poco o niente. Libero Mercato 15 aprile 2008 Tra i maggiori meriti ascrivibili alle ultime fatiche letterarie di Giulio Tremonti c’è quello di aver riconosciuto la centralità dell’Organizzazione Mondiale Diventare grandi Nel commercio mondiale l’Unione europea conta assai meno Per l’Omc è l’Italia e non Bruxelles ad avere diritti, poteri e responsabilità. L’Ue ha un incarico da arbitro, tocca a Roma trovarsi un ruolo del Commercio (OMC/WTO). Dall’istituzione dell’OMC (Marrakech, 15 aprile 1994) - Tremonti scrive, e noi sottoscriviamo - "il mondo non sarebbe stato più, e non è più, come prima"; "il WTO sta al vecchio GATT come il nucleare sta al vapore”. In effetti, l’OMC ha trasformato il mondo, realizzando una grande rivoluzione copernicana. Tremonti osserva però solo per un attimo il nuovo sistema mondiale perché poi, anziché cercare di penetrarne le regole di funzionamento, sceglie di ritrarsi, continuando ad assumere che al centro possa rimanerci l’UE e finendo così, sotto ogni aspetto, per trattare non della realtà ma di una sua falsa immagine. Afferma Tremonti: "il commercio estero, proiezione esterna del mercato interno, è di specifica competenza europea", "Tutti gli altri vanno nel WTO con la forza dei propri governi; l’Europa ci va solo con un ’Commissario’". Si tratta di asserzioni infondate, perché il profilo dell’Unione Europea è, e resta, quello di arbitro (Organizzazione Internazionale) – nata per arbitrare, nel gioco della concorrenza tra le nazioni CEE (mercato unico europeo) - e non si può pretendere che, quando il gioco della concorrenza europea finisce perché il mercato si fa globale, l’arbitro si ricicli come giocatore. Arbitri e giocatori Nelle Organizzazioni Internazionali i giocatori sono le nazioni. Basta consultare i resoconti delle riunioni OMC per trovare traccia delle posizioni autonomamente assunte a Ginevra dall’Italia e dagli altri Stati (che sono membri dell’UE e dell’OMC). E non è vero che all’Italia, all’Austria o alla Germania, al Regno Unito o al Portogallo, in quanto membri UE, l’OMC preclude di imporre divieti nazionali alle importazioni straniere. Il Belgio e i Paesi Bassi, ad esempio, hanno regolarmente notificato all’OMC i propri provvedimenti nazionali, adottati per ragioni di ’morale pubblica’ (art. XX GATT), con cui essi vietavano, sul territorio nazionale, l’importazione di prodotti derivanti da pelli di foca. La stessa Italia, per motivi analoghi, ha vietato, informandone l’OMC, l’importazione di collari elettrici per cani (G/TBT/N/ITA/7, del 21 settembre 2005). Se si volge lo sguardo verso la realtà, e non verso l’immagine che ne fornisce lo specchio comunitario, la fragilità del soggetto ”UE” si manifesta subito, già dalla presentazione che ne fa il sito web dell’OMC (http://www.wto.org/english/thewto_e/countries_e/european_comunities_e.htm): "I 27 Stati membri dell’UE sono membri WTO nella loro autonomia giuridica. L’UE è una unione doganale con un sola politica commerciale e tariffaria. La Commissione Europea parla per conto di tutti gli Stati membri dell’UE in quasi tutte le riunioni WTO". Il fatto è che la globalizzazione c’è ed è basata sul diritto inter-nazionale, quindi sulle Organizzazioni Inter-nazionali, quindi sulle Nazioni ("Fino a un ventennio fa, si poteva a ragione notare l’inadeguatezza del diritto relativo alle organizzazioni internazionali .. Ma .. nell’ultimo quarto di secolo l’ordine giuridico globale ha fatto passi da gigante, per cui il diritto gioca in esso un ruolo determinante … Al centro del sistema vi è l’OMC. Attraverso il commercio, questo finisce per regolare – o, meglio, finisce per prestare la sua forza regolatoria – ad autorità diverse, per l’applicazione di regole che riguardano i settori più disparati, dall’ambiente all’agricoltura, alla fauna, alla salute, alla sicurezza alimentare", Sabino Cassese, ”Oltre lo Stato”, 2006). La grande frustrazione originaria della Comunità Europea - ”inesistente” per il diritto internazionale, per gli altri Stati e per le Organizzazioni Internazionali – da 14 anni è dunque crisi esistenziale. Il 7 marzo 1994, a 37 giorni dalla firma del Trattato OMC - alla cui stesura si era pervenuti a seguito di 8 anni di negoziato - gli Stati aderenti all’UE si riunirono a Lussemburgo e si domandarono chi - tra l’UE ed il singolo Stato - avesse la responsabilità di firmare, o non firmare, il trattato OMC. In quella circostanza la Commissione Europea sostenne che non gli Stati ma soltanto la C.E. avrebbe dovuto apporre la firma al nuovo Trattato, asserendo che "l’Atto finale (...) nonché gli accordi ad esso allegati rientrano nell’esclusiva competenza della Comunità". I rappresentanti degli Stati però dissentirono e decisero "di procedere alla firma .. a nome dei loro governi. Gli Stati Membri ritengono infatti che l’Atto finale e l’Accordo che istituisce l’Organizzazione Mondiale del Commercio riguardano ugualmente questioni di competenza nazionale". A Marrakech, il 15 aprile, l’Italia valutò dunque, e quindi firmò, il trattato, a titolo autonomo, assumendo lo status di Membro OMC. Con quella firma ’statale’ si ammetteva, ufficialmente che, per 8 anni - il tempo nel quale era stato negoziato, dall’UE, il testo delle migliaia di disposizioni degli accordi OMC - gli italiani non erano stati rappresentati. Si riconosceva inoltre, e si sanciva de-fi-ni-ti-va-men-te, che non c’era coincidenza tra la ”politica commerciale comune” e le materie OMC e che quindi il rappresentante degli italiani nell’Organizzazione che disciplina il mercato mondiale non poteva essere la Commissione UE. Nel quadro OMC, l’UE diventa dunque un’anomalia assoluta, un membro ”sui generis” (così lo hanno definito i giudici OMC), l’unico membro privo infatti di soggettività giuridica autonoma e quindi di prerogative proprie (il voto è degli Stati e lo stesso contributo annuale al bilancio OMC lo versano gli Stati). Per effetto della firma italiana apposta a Marrakech, i rappresentanti della nazione italiana, al contrario, hanno tutti i diritti e i doveri degli altri Membri OMC. Tremonti, assolutizzando l’ottica comunitaria, scrive: "Il negoziato Unione europea – Cina sul WTO viene chiuso il 19 maggio 2000. A questo punto per i singoli Stati europei l’adesione è un atto dovuto". La verità OMC è però ben diversa: a Doha, nel novembre 2001, quando si decise l’accesso della Cina all’OMC, il Governo italiano c’era, aveva il potere di votare contro, ma non lo fece. La cosa è abbastanza semplice: la globalizzazione è una partita per le nazioni. Ciascuna nazione può decidere di giocarla o meno, ma non ha alcun senso - e infatti il tentativo UE non conosce imitazioni - pretendere di giocarla attraverso un soggetto diversamente abile. La missione dell’OMC è infatti quella di ricercare un ragionevole equilibrio tra il commercio e le altre dimensioni della vita (salute, sicurezza, ambiente, morale, produzione nazionale, etc.), mentre i trattati UE riconoscono che molte fondamentali sensibilità sono differenti da nazione a nazione per cui l’UE non ne possiede, e quindi non può esprimerne, di proprie. "Karl Marx ha proposto la tesi secondo cui le religioni e le filosofie sarebbero solo sovrastrutture ideologiche di rapporti economici. Ciò non corrisponde totalmente alla verità, si dovrebbe piuttosto parlare di un’influenza reciproca: atteggiamenti spirituali determinano comportamenti economici, situazioni economiche influenzano poi a loro volta retroattivamente modi di vedere religiosi e morali … Che cosa significa tutto questo per il problema dell’Europa? [Il] progetto orientato unilateralmente alla costruzione di una potenza economica di fatto produce da se stesso una specie di nuovo sistema di valori, che deve essere collaudato per saggiarne la sua capacità di durata e di creare futuro" (Card. Joseph Ratzinger, ”Europa”, 2004). Sebbene sia evidente che la rivoluzione globale è regolabile soltanto attraverso il diritto delle nazioni, stranamente in Italia domina una deferenza inerziale all’UE e ai sogni (nel Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli si affermava : "La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista") che alcuni forse ancora vi associano: "Peraltro, il seggio unico dell’Unione Europea non confligge con l’esistenza di quelli della Gran Bretagna e della Francia; nella storia delle Nazioni Unite, infatti, già esistono precedenti di seggi assegnati a paesi che facevano parte di altre organizzazioni statuali: basti pensare all’Ucraina e ad altri paesi che erano presenti nelle Nazioni Unite (anche se non nel Consiglio di sicurezza) pur facendo parte dell’Unione sovietica" (on. Sergio Mattarella, intervento alla Commissione III della Camera dei Deputati, il 28 luglio 2006, a sostegno della proposta italiana di istituire un seggio UE presso le Nazioni Unite). In questo quadro meglio forse si comprende perché la Corte di Giustizia delle Comunità Europee - in contrasto con l’OMC, la quale tutela esplicitamente il ”made in” (art. IX GATT) e la ”reputazione” delle nazioni (art. 22 dell’Accordo sulla proprietà intellettuale) - nega il diritto dei consumatori di conoscere l’origine dei prodotti (obbligo d’indicazione del ”made in”), asserendo (si vedano i casi 207/83 e 325/00) che siffatta informazione, nel richiamare le tradizioni delle nazioni, darebbe ai consumatori "la possibilità di far valere i loro eventuali pregiudizi nei confronti delle merci straniere". Una domanda, a questo punto, dovrebbe erompere spontanea. Come è stato gestito finora il dualismo tra il diritto internazionale e i Trattati comunitari? Ebbene, se l’UE resiste, ciò accade unicamente perché sul territorio degli Stati UE si è accettato di negare in radice l’esistenza stessa del diritto internazionale. La negazione del diritto L’Unione Europea afferma infatti che il diritto internazionale non ha valore ("è giurisprudenza costante che, tenuto conto della loro natura e della loro economia, gli accordi OMC non figurano in linea di principio tra le normative alla luce delle quali la Corte controlla la legittimità degli atti delle istituzioni comunitarie", caso C-377/02, 1 marzo 2005). In questo schema – che l’attuale giudice costituzionale G. Tesauro definì nel 1997 "inaccettabile" e contro il quale N. Lavranos (’The Communitarization of WTO Dispute Settlement Reports: An Exception to the Rule of Law”, European Foreign Affairs Review, 2005; Concurrence of Jurisdiction between the ECJ and other International Courts and Tribunals, European Environmental Law Review August/September 2005) invoca l’intervento della Corte internazionale per la tutela dei diritti umani - la norma internazionale (varata presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio o l’Organizzazione Internazionale del Lavoro o l’Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale o l’Organizzazione Mondiale della Salute, etc.), per potere venire ad esistenza in Italia, in Germania, nel Regno Unito o in Spagna, deve dunque assumere le sembianze di un regolamento comunitario, accettando così di sottomettersi ai trattati comunitari e quindi all’interpretazione, non più del tribunale internazionale competente, ma a quella, per definizione parziale (l’UE copre solo una ’parte’ del mondo), della Corte di Giustizia delle Comunità Europee. Si tratta peraltro di uno schema che molto difficilmente può accettarsi in un ordinamento, come quello italiano, nei cui princìpi fondamentali vengono espressamente esaltati il diritto internazionale (art. 10 Cost.) e le Organizzazioni Internazionali (art. 11 Cost.), e del tutto ignorata l’Europa (il 24 marzo 1947, l’Assemblea Costituente valutò, e deliberatamente scartò, l’idea, del deputato Bastianetto, di citare la parola Europa nel testo dell’art. 11, perché s’intese privilegiare invece la prospettiva inter-nazionale e si volle evitare ogni rischio di indebolimento del legame con gli USA, v. http://legislature.camera.it/_dati/costituente/lavori/Assemblea/sed074/sed074nc_2429.pdf). a Ginevra che meglio si coglie l’anomalia UE. Nel 1996 Renato Ruggiero (’Italia Miope”, Corriere della Sera), allora Direttore Generale OMC, notava: "L’Italia sta chiaramente attraversando un’involuzione culturale drammatica che non le permette di vedere e capire qual è il suo posto nel mondo ... come se fossimo una vecchia marchesa che guarda la vita dalla finestra e non la capisce. Stiamo attraversando una grande rivoluzione: negli ultimi anni sono arrivati sui mercati due miliardi di individui che prima ne erano tenuti fuori e nei prossimi anni ne entreranno in campo altri due miliardi. qualcosa che cambia tutto e ovunque provoca reazioni, positive e negative … [L’Italia] rischia di fare tutte le scelte sbagliate: per incomprensione di ciò che succede". Ruggiero diceva il vero, ma quel che andrebbe pure detto è che il coma onirico di cui gli italiani sono preda ha una precisa causa e questa è l’Unione Europea. Quello che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla. * Esperto di diritto del commercio internazionale - Dal 2003 al 2007 membro della Delegazione Permanente Italiana presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio. (Le opinioni espresse nell’articolo sono strettamente personali) Dario Ciccarelli