Vittorio Sabadin, La Stampa 23/4/2008, pagina 27., 23 aprile 2008
Luca, che fa impazzire il Covent Garden. La Stampa, mercoledì 23 aprile Se qualcuno pensa che chi suona per strada sia solo un rumoroso vagabondo, dovrebbe venire al Covent Garden, a Londra
Luca, che fa impazzire il Covent Garden. La Stampa, mercoledì 23 aprile Se qualcuno pensa che chi suona per strada sia solo un rumoroso vagabondo, dovrebbe venire al Covent Garden, a Londra. Di fianco al mercato, in uno degli angoli della piazza, tra il negozio di Walt Disney e quello di Fred Perry, ad ogni week end si forma sempre un capannello di gente. In mezzo alla folla c’è Luca, un ragazzo di Pisa. Ha una voce molto bella, canta in un ottimo inglese, suona benissimo la chitarra ed è la vera star del Covent Garden, molto più popolare di tutte le Carmen, i Figaro e le Donne Elvire che si esibiscono nella Royal Opera House, a pochi metri di distanza. Luca è uno delle centinaia di «buskers» che ogni giorno cantano nelle strade o nella metropolitana della città. La differenza rispetto ai suonatori che entrano nelle trattorie e nelle pizzerie di Milano, Torino, Firenze o Roma (e che paghiamo subito perché se ne vadano in fretta) è che sono tutti bravissimi. Il «busking» a Londra non è una cosa per vagabondi, ma una professione seria, con le sue regole e i suoi standard di qualità, che vanno rispettati. Non si sa che cosa significhi esattamente la parola, che ha radici inglesi ma è nata forse dallo spagnolo «buscar», prendere le monete lasciate dai passanti. E se è vero che davanti ai «buskers» c’è ancora come una volta la custodia vuota della chitarra, del violino o del sassofono destinata a raccogliere qualche penny, tutto il resto è cambiato, si è adattato ai tempi e alle possibilità offerte dalle nuove tecnologie di comunicazione per fare il salto dalla strada a un ristorante, a un locale notturno, magari alla sala di registrazione di qualche casa discografica. Prendete Luca, per esempio. Suona per strada al Covent Garden da quattro anni, ma ha fatto stampare i biglietti da visita, sui quali c’è l’indirizzo e-mail, quello del suo sito web e quello del suo profilo su myspace. Ha distribuito finora dodicimila di queste business cards, quasi certamente più del presidente della Ford in tutta la sua carriera. Vende i cd delle canzoni che canta e sta per inciderne un disco con quelle che sta scrivendo a Londra. E un incontro, avvenuto a Dublino, ha cominciato a cambiare la sua vita. «Stavo suonando in una piazza - racconta - quando è passato Eddie Jordan, l’ex proprietario della scuderia di Formula 1. Eddie suona la batteria ed è rimasto colpito ascoltandomi. Mi ha proposto di suonare ad alcune feste, mi ha invitato a Silverstone, mi ha fatto conoscere molte persone». E lo ha portato al Carpaccio, il ristorante italiano di South Kensington frequentato da Flavio Briatore, Bernie Ecclestone, David Coulthard, Boris Backer e da chiunque altro conti qualcosa tra Hyde Park e Cheney Walk, a Chelsea. Con le serate e le feste, Luca potrebbe benissimo fare a meno delle sterline lasciate nella custodia della sua chitarra. Ha suonato persino con Michael Rutherford dei Genesis, cosa che sarebbe un punto di arrivo per tutti, e una sua canzone è finita nel film «Natale a New York». Ma il «busking», spiega, non è un modo di arrangiarsi da abbandonare quando arrivano tempi migliori, è qualcos’altro. «A volte sono a casa, qui vicino, e sento un richiamo. Prendo la chitarra, l’altoparlante e il microfono e torno nel mio angolo in strada. Non so come descrivere la sensazione che si prova. Voglio dire, se suoni in discoteca, in un concerto, in uno stadio, la gente è già lì che ti aspetta. Se suoni in strada non c’è nessuno, e tutti quelli che si fermeranno li avrai fatti fermare tu. Con gli spettatori si crea un rapporto strano, straordinario, del quale continuo ad avere bisogno. A volte, d’estate, molti ragazzi e ragazze si siedono in circolo intorno, cantano con me e sembra di essere in una spiaggia italiana». Luca toglie da una busta la sua cosa più cara, sette volumi con una copertina nera, pieni di dediche. Ne tiene uno aperto per terra davanti a sé quando canta perché ognuno ci scriva quello che vuole o lasci magari un indirizzo e-mail al quale rispondere. Le dediche, che occupano ormai un migliaio di pagine, sono quasi tutte di ragazze, moltissime italiane: Elena, Francesca, Sarah, Glenda... Cuoricini trafitti, promettenti numeri di telefonino, tantissimi complimenti per la voce e il repertorio, che spazia dai Cold Play agli U2, dai Beatles ai Goo Goo Dolls («Iris» è il suo cavallo di battaglia), da Battisti a Vasco o a De Gregori. «Quando attacco una canzone italiana i turisti arrivano di corsa da qualunque angolo, è davvero emozionante. Il ”busking” ha qualcosa di democratico, ricorda quello che Internet ha fatto con la musica, permettendo a tutti di scaricarla direttamente. Quando canti per strada non ci sono intermediari tra te e il pubblico, non ci sono obblighi. C’è una sensazione di libertà guardando il cielo e spesso le stelle, con la consapevolezza di poter smettere quando vuoi e fare quello che vuoi senza dover sottostare ad aspettative di altri». Nella metropolitana di Londra si esibiscono ogni giorno circa 500 «buskers». Hanno il loro spazio, delimitato da un semicerchio disegnato per terra, i loro orari che rispettano scrupolosamente alternandosi, il loro sito Internet, nel quale sono indicate le stazioni nelle quali si esibiscono. Vengono selezionati da una commissione per verificare che la loro musica sia un intrattenimento e non un tormento per i passanti, cosa che forse molti sindaci italiani dovrebbero imitare. Ogni anno c’è un concorso organizzato da Thelondonpaper e da Radio Capital, nel quale i passeggeri votano il re del «busking», il «busKing». L’ultima volta ha vinto una donna, la prossima, giurano tutti i passeggeri che scendono a South Kensington, vincerà quel tenore italiano la cui voce si sente ancora prima che si aprano le porte dei vagoni. Canta l’abusato «Con te... partirò...», ma decisamente meglio di Bocelli. Vittorio Sabadin