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 2008  aprile 23 Mercoledì calendario

Il mistero della lucertola italiana in trent´anni un´evoluzione da record. la Repubblica, mercoledì 23 aprile Un gruppo di "lucertole italiane", quelle che normalmente osserviamo sui muri o tra i sassi di casa nostra, introdotto in una piccola isola al largo della Croazia, si è evoluto in soli 30 anni dando origine a una trasformazione morfologica e comportamentale che di solito in natura avviene nell´arco di milioni di anni

Il mistero della lucertola italiana in trent´anni un´evoluzione da record. la Repubblica, mercoledì 23 aprile Un gruppo di "lucertole italiane", quelle che normalmente osserviamo sui muri o tra i sassi di casa nostra, introdotto in una piccola isola al largo della Croazia, si è evoluto in soli 30 anni dando origine a una trasformazione morfologica e comportamentale che di solito in natura avviene nell´arco di milioni di anni. In sole tre decadi la lucertola, che è lunga mediamente 13 centimetri, ha sviluppato una nuova struttura del proprio intestino (e ciò le ha permesso di mangiare anche vegetali, mentre da sempre la sua alimentazione si basava su piccoli insetti), ha allargato la dimensione della testa e sviluppato un morso molto più forte che nel passato. Nel 1971 un gruppo di ricercatori introdusse cinque coppie di lucertole italiane nella piccola isola di Mrcaru, prendendole dall´isola Kopiste, entrambe nel Mar Adriatico meridionale. Oggi le cinquemila lucertole che si trovano sull´isolotto sembrano molto diverse da quelle introdotte trent´anni fa, ma l´analisi del loro Dna ha dimostrato senza ombra di dubbio che sono tutte discendenti proprio delle dieci rilasciate agli inizi degli anni Settanta. La scoperta della mutazione è stata fatta solo recentemente perché l´isola, dal momento in cui vennero introdotte le lucertole italiane, non fu più oggetto di studio per un lungo lasso di tempo. Dapprima la ricerca si trovò ad affrontare diversi problemi finanziari, poi ci ha pensato la guerra che ha sconvolto la ex Jugoslavia a tenere lontani i ricercatori. Spiega Duncan Irschick dell´università del Massachussetts (Usa), autore della ricerca pubblicata su Proceedings of the National Academy of Sciences. «Solo dal 2004 l´isola è diventata una meta turistica e così abbiamo potuto ricominciare le nostre ricerche senza problemi. Fino a quel punto non sapevamo neppure se le cinque coppie iniziali fossero sopravvissute. Ciò che abbiamo scoperto è stato, per noi biologi, davvero scioccante». Continua il ricercatore: «Negli anni Settanta l´isola aveva una propria specie di lucertole, molto meno aggressiva di quella introdotta. La nuova specie ha quasi del tutto cancellato quella indigena. Tuttavia, al momento, non sappiamo come ciò sia avvenuto. Ma la vera sorpresa sta nel fatto che la lucertola italiana si è perfettamente adattata all´isola grazie ad una velocissima evoluzione, la cui rapidità non ha confronti». Per capire quanto avvenuto va detto che di solito i piccoli rettili non sono in grado di digerire i vegetali, e che sull´isola croata vi sono moltissime piante, cibo abbondantissimo per quegli insetti sui quali si basava la dieta delle lucertole italiane. Ciònonostante le lucertole hanno sviluppato anche un altro modo di cibarsi. Prosegue Irschick: «Ci ha sorpreso scoprire che dopo soli 30 anni le lucertole hanno sviluppato la valvola ileo-cecale, che congiunge il piccolo con il grande intestino e che rallenta la digestione permettendo loro di cibarsi anche di cellulosa». Ciò vuol dire che ora oltre che degli insetti, le lucertole possono cibarsi anche di piccoli vegetali. Ed è stato questo mutamento a far sì che si sviluppassero in loro mascelle più forti (in grado di recidere piccoli fusti) e di conseguenza anche una testa più grande. In seguito alle trasformazioni fisiche c´è stata anche un´evoluzione della società delle lucertole: la grande quantità di cibo ora a disposizione ha dato il via ad una veloce riproduzione della specie e a un aumento inusitato della densità di individui. Ma come è potuto avvenire un tale mutamento in così poco tempo? Spiega Andrei Hendry, dell´Università McGill di Montreal (Canada): «Esistono due possibilità. La prima può essere legata ad un puro fatto genetico, la seconda a un classico caso di "risposta plastica all´ambiente". Tendo a ritenere che però qualcosa di genetico debba esserci per forza». Luigi Bignami