Libero 20 aprile 2008, GUGLIELMO SASININI, 20 aprile 2008
Ha ospitato Bin Laden e pianificato l’olocausto dei cristiani sudanesi. Libero 20 aprile 2008 Uomo di religione, cultura, politica e di terrore, nato nel 1932 nella provincia di Kassala nell’Est del Sudan, al confine con l’Eritrea, da una famiglia osservante Sufi la dottrina mistica che prevede il raggiungimento della dhawq "l’intuizione", intesa come il massimo dono di Allah, attraverso la profonda conoscenza della legge islamica
Ha ospitato Bin Laden e pianificato l’olocausto dei cristiani sudanesi. Libero 20 aprile 2008 Uomo di religione, cultura, politica e di terrore, nato nel 1932 nella provincia di Kassala nell’Est del Sudan, al confine con l’Eritrea, da una famiglia osservante Sufi la dottrina mistica che prevede il raggiungimento della dhawq "l’intuizione", intesa come il massimo dono di Allah, attraverso la profonda conoscenza della legge islamica. Hassan El Turabifiglio di un Qadi (giudice coranico) ha ricevuto un’educazione ispirata all’apprendimento giuridico in chiave Sufi. Dal 1951 al ’55 frequenta la Khartoum University dove si laurea - per l’appunto - in giurisprudenza, poi a Londra dal 1955 al ’57 dove ottiene un il primo dottorato in legge e quindi un’alta specializzazione in diritto internazionale a Parigi nel 1964. Sposato, un figlio, cognato di Sadiq alMahadi ex premier sudanese, anch’egli Sufi. El Turabiha percorso tutto il cammino sulla "via" ( tari qah ) che conduce ad Allah. Nel 1964 quando rientra in patria diventa il leader di una élite molto istruita il cui progetto è quello di trasformare il Sudan in uno Stato islamico che «canalizzi pensiero, educazione e azioni per imporre la Sharia mondiale». Organizza la sollevazione contro il presidente sudanese Ibrahim Abboud, grazie all’appoggio dei Fratelli musulmani, la potente organizzazione islamica presente in Sudan dal 1949. SUFI STRAGISTA Dopo il rovesciamento del presidente Abboud, El Turabi assume il comando del Fronte dello Statuto islamico, braccio armato dei Fratelli musulmani. Nella sua opera di "rieducazione" fa uccidere milioni di sudanesi. Nel maggio 1969 i sovietici spaventati da questa crescente ondata fondamentalista-sufi, che non comprendono e quindi non controllano, appoggiano un colpo di Stato e impongono Jafaa Nimeiri. Turabi viene arrestato, passa sei anni in carcere, quindi fugge in Libia dove Gheddafi lo ospita per tre anni. Nel ’79 rientra a Khartoum, si riconcilia con Nimeiri che lo nomina Avvocato generale del Sudan, ma il vizietto di tramare assieme ai Fratelli musulmani gli costa un processo per sedizione. Quando Nimeiri lascia il Sudan per un viaggio negli Stati Uniti (6 aprile ’85) il luogotenente generale Suwar al-Dhahab vendica il "mae stro" con un colpo di Stato grazie al quale Turabi, che nel frattempo ha creato il Nif, Fronte nazionale islamico, ritorna al comando della nuova giunta militare al potere a Karthoum. SANTUARIO DEL MALE Quattro anni dopo un gruppo di ufficiali organizza un ennesimo golpe e impone Omar Hassan Ahmad al-Bashir, il quale prima incarcera El Turabi e poi lo libera chiedendogli di riscrivere le leggi del Sudan in modo che siano compatibili con quelle dell’islam. Tra l’89 e il 1991 la sharia diviene obbligatoria per tutti i sudanesi, inclusi i 10 milioni di non musulmani nel Sud a maggioranza cristiana, il che costa la vita a oltre tre milioni di persone, per lo più cristiani, oltre allo sterminio dei non arabi. Nel Darfur le milizie del regime sotto la regia del "maestro" Sufi attuano un genocidio mai visto dai tempi dell’Olocausto. Il Sudan diventa il santuario di tutti i maggiori terroristi internazionali, da Carlos detto "lo sciacallo", che dopo essersi convertito all’islamismo per quattro anni vive indisturbato a Khartoum (dove poi verrà rapito con una rocambolesca azione dei servizi segreti francesi) a Osama Bin Laden che trascorre ben cinque accanto al "maestro" che lo illumina sui principi della dottrina Sufi e sulla necessità di costruire un nuovo ordine mondiale islamico. Quando gli chiedono la natura dei suoi rapporti con Bin Laden, Turabi risponde serafico: «Osama è un uomo d’affari illuminato da Allah, con il quale parlare di islam e di Afghanistan. Non c’è nessun collegamento con il terrorismo internazionale, le mie relazioni con lui fanno parte di quel rapporto di reciproca fiducia che ho sempre avuto coi mujaheddin afgani». Nega che Osama gli abbia mai rivelato le sue intenzioni di creare Al Qaeda, ma i rapporti tra Hassan e Osama sono così stretti che vengono sigillati da una giovanissima nipote di Turabi che viene concessa in sposa a Bin Laden, così come non è un caso che il fratello acquisito di Osama, Mohammad Jamal Khalifa, assieme al suo socio siriano, Ahmad al-Hamwi, sia il primo che garantisce finanziamenti ai gruppi terroristici attraverso la banca Al Taqwa, fondata dai Fratelli musulmani alle Bahamas nel 1988, con filiali operative anche in Algeria, Liechtenstein, Italia, Malta, Panama, Svizzera. SUFI E SALAFITI Il vero sposalizio Turabi-Bin Laden è quello tra la filosofia sufista e il pensiero qaedista-salafita. Una miscela esplosiva che unisce i Fratelli musulmani coi veterani afghani di Bin Laden, ma anche con Hamas e la Jihad islamica palestinese e quella egiziana, i pasdaran iraniani e i terroristi algerini, libici, eritrei, etiopici, tunisini, ugandesi, un’armata composita alla quale Hassan El Turabi offre un porto sicuro e una base per colpire l’Arabia Saudita e i Paesi del Golfo, il Corno d’Africa, l’area del Maghreb. Al Qaeda in Sudan può fare di tutto, non paga dazi né tasse, è esentata dal rispettare le leggi sudanesi, importa armi dall’Iran, addestra liberamente i suoi miliziani. il grande idillio. La "base" si trasforma, da organizzazione terroristica retta da un uomo in una sorta di Internet islamista globale, dotata di sistemi di reti e punti di accesso in tutto il mondo. Il regime sudanese viene inserito nell’elenco degli "Stati canaglia" e subisce pesanti ritorsioni economiche internazionali, la situazione finanziaria diventa disastrosa, El Turabi, a conoscenza dei progetti di Al Qaeda inizia ad accorgersi che la stretta amicizia con Bin Laden sta diventando troppo ingombrante e soprattutto che l’ideologia salafita è diventata troppo estrema anche per un radicale come lui, quindi apre canali segreti con Washington promettendo importanti rivelazioni sui piani di Al Qaeda, ma dopo gli attentati alle ambasciate americane in Africa Orientale il presidente Clinton ordina di bombardare alcune basi terroristiche alla periferia di Khartoum, El Turabi che si appresta a tradire Osama cade in disgrazia e si scontra con Al-Bashir il quale resosi conto dell’aria che tira nel febbraio 2001 lo accusa di incitamento al colpo di stato e lo mette agli arresti domiciliari fino all’ottobre 2003. DA CARNEFICE A VITTIMA Appena libero Turabi lancia il gruppo islamico Jem (Justice and Equality Movement) all’attacco delle milizie janjaweed fedeli al governo e organizza un complotto contro Al-Bashir il quale nel marzo 2005 lo fa arrestare nuovamente per poi liberarlo nel luglio 2007. Nel frattempo il suo ex amico-discepolo, Bin Laden, gli fa piovere sulla testa una fatwa di condanna a morte per apostasia. Il più influente leader islamico sudanese che per anni ha indossato i panni del carnefice si trova a vivere il ruolo di vittima. Ma c’è chi giura che la verità sia ben altra. L’anziano maestro sufico, che di ciò che è accaduto l’11 settembre a New York e Washington conosceva con largo anticipo ogni dettaglio, è abituato da sempre a tradire e ad essere tradito, a morire e a risorgere. Ora starebbe finendo di scrivere un libro assieme ad un gruppo di mistici Sufi sui punti di contatto tra il sufismo e i predicatori salafiti. Guglielmo Sasinini