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 2008  aprile 20 Domenica calendario

Incredulità, delusione e rabbia E la paura di una vita nuova. La Repubblica 20 aprile 2008 ROMA - C´è da piangere, che si pianga pure

Incredulità, delusione e rabbia E la paura di una vita nuova. La Repubblica 20 aprile 2008 ROMA - C´è da piangere, che si pianga pure. «Mi sono chiusa in casa per due giorni. E ho pianto». Liberata dalle lacrime Vladimir Luxuria s´avvia all´ascolto del discorso, anch´esso singhiozzante, di Franco Giordano, il segretario traghettatore che rotola sotto il peso di una sconfitta sensazionale. Limpida giornata e già calda quella che Roma fa trovare ai compagni di Rifondazione riuniti e smarriti in questo piccolo auditorium di San Lorenzo, quartiere fino a pochi mesi fa rosso antico. E´ molto più di una sconfitta da riparare. E´ la vita intera che bisogna riprendersi. Inventarsela. Ma così, su due piedi, è tremendo. «Oltre alla politica ci sono dettagli di vita quotidiana che sorprendentemente ti impensieriscono. Ora il mio problema più acuto è la privazione di un compagno a cui chiedere di fare cose semplici ma indispensabili. Dovevo smentire di voler fare il direttore di Liberazione e mi sono trovato solo. Senza qualcuno che inviasse la dichiarazione alle agenzie di stampa. Non ci ero abituato, mi è sembrato strano». Diciotto anni nel Palazzo avevano consegnato a Giovanni Russo Spena gli agi dai quali è stato allontanato. Tutto daccapo. Anzi, come ha titolato Liberazione, punto e a capo. Bisognerebbe saper perdere. Ma non ci riescono nemmeno i migliori. E la rabbia indicibile di essere stati sbattuti fuori trova solo la ferocia delle parole a farle compagnia. Sul palco il segretario regionale dell´Emilia Romagna, un cinquantenne in jeans: «E´ una catastrofe. Io l´ho detto, l´ho detto a tutti. Posso essere colpevole io? E chi l´ha deciso che Bertinotti dovesse candidarsi? E perché, durante la campagna elettorale ha dichiarato che, appena dopo le elezioni, avrebbe chiuso con la politica?». Azzerare. E´ l´ora di cacciare i responsabili del tracollo, i dirigenti pelandroni, imborghesiti, lontani dalla gente, dagli operai, dallo spirito del tempo. «Non abbiamo trovato un portuale per candidarsi con noi», dice il compagno di Trieste. «Mi risulta che anche a Genova la ricerca sia stata vana». Il fisico di Giordano, già naturalmente compresso e breve, risulta debilitato dalle accuse che giungono al suo Fausto, il comandante di un tempo. Non c´è. Vive oramai da lontano il dispiacere del momento. L´applauso piuttosto burocratico della platea lo accompagna nell´altra vita che gli tocca iniziare: pensionato. Infatti, ancora rabbia alla tribuna: «In questo partito è vissuto lo spirito più anticomunista possibile. Parlavi di comunismo e ti tappavano la bocca». Una signora dai bei tratti gentili, i capelli bianchi, romana: «Abbiamo esternalizzato le decisioni. Qui dentro si conveniva una cosa e poi ci si riuniva in disparte e si decideva altro. Abbiamo ascoltato in tv quel che si doveva fare e dire». I volti dei possibili successori cospargono la scena di ansia. Il piemontese Paolo Ferrero o il pugliese Nichi Vendola? Ferrero ha il fisico del comunista conservativo, e la dottrina rigida, inflessibile. La disciplina, poi: «Ero abituato a uno stipendio di duemila euro al mese. I soldi in più in questi due anni di ministro li ho destinati al mutuo: cinquanta metri quadrati a Pinerolo, tasso fisso però. Ho mantenuto il medesimo stile di vita. Ho solo messo la cravatta, che prima non portavo. Ho mangiato tutti i giorni in ufficio. Tutti i giorni della verdura in un piatto di plastica. Mi ero ripromesso di non abituarmi a nessun comfort». E perciò, figurarsi: «Io torno in strada con gli abiti in cui sono entrato nel Palazzo». Ferrero è di religione valdese. Quadrato, sicuro, genuinamente fazioso. Integro nella fede che la falce e il martello siano dentro il destino di Rifondazione. E Rifondazione nel recinto delle fabbriche, nella nebbia del nord operaio. Sul lato opposto c´è Nichi Vendola. Il comunismo pugliese di Vendola è più sorridente, più sentimentale e perfino spregiudicato. Anche dotato di grandi parole per raccontare il mondo. Nichi parte con la forza straripante della sua plurima diversità: gay e cattolico, poeta e amministratore. Legge il futuro con la forza della suggestione. A Firenze, da dove è giunto, gli hanno tributato una standing ovation. Ha detto, perplesso e triste: «Non riesco a condividere questa specie di emozione ingenerosa, questa ingratitudine e anche ferocia che c´è nel cercare in Bertinotti e nei dirigenti della Sinistra Arcobaleno l´immagine di tutte le colpe». Danni collaterali s´intitola il cd in vendita nel minuscolo banchetto di libri, canzoni e cinema preparato alla bisogna. Danni collaterali dalla sconfitta? Ah, Ramon Mantovani: «Non ho fatto niente per meritarmi lo choc da privazione del Palazzo. Non me ne frega niente di Montecitorio. Per qualche altro la faccenda si fa buia». Buia, ricorda Alfonso Gianni « come la faccia del giornalaio che non voleva credermi: né sottosegretario né deputato. Niente di niente. E non so nemmeno dove portare gli scatoloni del ministero». ANTONELLO CAPORALE