La Repubblica 20 aprile 2008, MAURIZIO BONO, 20 aprile 2008
"In architettura è il sacro che vince". La Repubblica 20 aprile 2008 Architetto Botta, Benedetto XVI, parlando nella cattedrale di St
"In architettura è il sacro che vince". La Repubblica 20 aprile 2008 Architetto Botta, Benedetto XVI, parlando nella cattedrale di St.Patrick a New York ha detto che le torri gotiche di quella chiesa «vengono di gran lunga superate dai grattacieli di Manhattan, ma sono un segno vivo che ricorda la nostalgia dello spirito umano di elevarsi verso Dio». Che effetto fa a un architetto che ha costruito molte chiese famose, ma anche un grattacielo di 50 piani a Seul? «Mi fa molto piacere che la gerarchia ecclesiale si occupi degli spazi del sacro, da architetto sono una delle tipologie più straordinarie che conosco. In architettura la bellezza, in Occidente, è prima di tutto quella delle chiese, noi tutti ci siamo tutti formati a quel canone. E anche in una società apparentemente secolarizzata o disattenta ai valori dello spirito, le chiese sono segni della memoria che continuano a parlare alla città contemporanea. Malgrado la globalizzazione, sono forme di resistenza della vita spirituale collettiva. Infatti conservano un ruolo fondamentale nelle città europee. Magari un po´ meno in quelle americane... ». Sarà per questo, che quel confronto tra guglie e grattacieli il papa l´ha fatto proprio a New York. «Certo, New York in un certo senso è i suoi grattacieli. E il grattacielo spesso si presta alla speculazione edilizia, comporta vantaggi economici, ma anche rischi di degenerazione: mettere gente a lavorare davanti a un computer al 50° piano quando li si potrebbe magari sistemare altrettanto efficientemente davanti a un giardino, non guarda certamente alla qualità della vita dell´uomo. Ma ciò che ha di straordinario l´edificio religioso è che, come dice il Papa, non compete per efficienza o per tecnologia con gli altri, perché esprime la ricchezza di uno spazio deputato allo spirito». Una gerarchia anche estetica? «Vede, io ho fatto diverse chiese, una sinagoga in Israele e anche il progetto di una piccola moschea ad Amman. E ogni volta l´emozione è quella di reinventare, dopo la rivoluzione delle avanguardie, uno spazio del sacro che ha lo stesso significato da duemila anni. In fondo è il primo gesto di ogni architetto: tracciare un perimetro che separa lo spazio sacro dal macrocosmo che gli sta attorno». E non la preoccupa neppure un po´, da architetto, che Benedetto XVI elogi tanto il neogotico un po´ bruttino di St. Patrick? «Macchè, al di là degli stili una chiesa investe comunque nella città un carattere simbolico superiore. Sono certo che parlava di questo. Piuttosto, ero rimasto sorpreso quando Giovanni Paolo II, visitando la chiesa che ho costruito a Evry, in Francia, aveva inaspettatamente tessuto un elogio della architettura contemporanea, mostrando una disponibilità sorprendente verso la modernità». Lei ha appena finito anche l´avveniristica chiesa di San Salvatore a Torino, che evoca lo stile industriale delle acciaierie Fiat di cui ha preso il posto. Crede che anche Benedetto XVI si lascerebbe conquistare dal contemporaneo? «Per ora ha apprezzato il cardinal Poletto, e anche il sindaco Chiamparino. Ma come si suol dire, le vie della provvidenza... ». MAURIZIO BONO