Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  aprile 21 Lunedì calendario

il welfare all´italiana un esercito di nonni. La Repubblica 21 aprile 2008 Sulla panca del focolare, intrecciando un cesto di vimini, il vecchio nonno dell´iconografia contadina del secolo passato era dispensatore di ricordi e di saggezza

il welfare all´italiana un esercito di nonni. La Repubblica 21 aprile 2008 Sulla panca del focolare, intrecciando un cesto di vimini, il vecchio nonno dell´iconografia contadina del secolo passato era dispensatore di ricordi e di saggezza. Fin quando le forze gli reggevano, non molto in là negli anni, era attivo nei campi. Il nonno del dopoguerra, già contadino e ora inurbato, si aggirava spaesato negli spazi ristretti e ostili delle città, privato delle sue tradizionali funzioni e senza risorse per costruirne di nuove. All´inizio del nostro secolo, i nonni, vissuti nell´Italia della crescita e della prosperità, ritirati dal lavoro abbastanza presto, hanno ritrovato una funzione importante: quella di dispensatori di modesto ma sicuro welfare per le nuove generazioni di figli e nipoti. Con pensioni generalmente modeste, sono proprietari di un´abitazione, hanno buona salute (compatibilmente con l´età) e dispongono di qualche risorsa in più frutto di oculati risparmi. Questi tre ritratti stereotipati semplificano all´eccesso una realtà assai più variata e articolata, ma ci fanno riflettere sul mutamento dei ruoli delle generazioni al cambiare della società e dell´economia. La condizione di nonno riguarda quasi 12 milioni di uomini e di donne (più donne che uomini); circa tre persone su quattro – oltre i 65 anni – è nonna o nonno. Raramente i nonni convivono con i loro nipoti, ma sette su dieci hanno nipoti che vivono nello stesso comune e di questi uno su sei vive nello stesso caseggiato e uno su tre nel raggio di un chilometro. I legami sono stretti e i contatti frequenti; le indagini confermano che l´aiuto dato – soprattutto dalle nonne – nella cura dei bambini dei figli che lavorano è spesso essenziale all´equilibrio familiare, altrimenti difficile da raggiungere quando gli asili sono scarsi, la cadenza dei tempi di scuola e lavoro dissonanti, i bilanci familiari all´osso. Una madre lavoratrice su due affida il bambino di uno o due anni alla nonna e solo una su quattro ad un asilo. Un sistema di welfare bislacco e avaro con le famiglie – vengono loro destinati solo quattro euro ogni cento che la mano pubblica trasferisce ai cittadini per finalità sociali (pensioni, sanità, assistenza), contro dodici in Francia e Scandinavia e quasi dieci nella media europea – trova parziale compenso nel sostegno informale delle generazioni più anziane. E´ una compensazione efficiente quando le famiglie hanno buone risorse affettive, umane, di salute ed economiche, ma quando le risorse sono scarse o mancano del tutto, le carenze della mano pubblica rendono la vita difficile. Ecco perché il welfare familiare tende a riprodurre – e spesso ad accentuare – disparità e disuguaglianze. Fortemente influente sull´accresciuto ruolo delle terze generazioni (nonni) rispetto alle prime (nipoti) è il loro rapporto numerico che si è alterato fortemente con l´allungarsi della longevità e l´abbassarsi della natalità. Così se all´inizio del secolo scorso due dei quattro nonni non erano più in vita alla nascita di un bambino, oggi tutti e quattro i nonni sono (quasi sempre) vivi e nella maggior parte dei casi sopravvivono per tutta la loro minore età. Così le occasioni di interazione nonni-nipoti si sono straordinariamente moltiplicate diventando canali normali – e non eccezionali come in passato – di trasmissione di affetto, valori, cultura, e risorse. Questo effetto è ulteriormente accresciuto dall´abbassamento della natalità, cosicché oggi la maggiore presenza dei nonni non si diluisce più, come in passato, su tanti nipoti, ma si concentra su pochi. Una semplice prova numerica da conto dell´enorme rivoluzione avvenuta. Ammettendo che intercorrano trent´anni tra una generazione e la seguente, possiamo definire come rappresentativa dei nonni la popolazione tra i 60 e i 65 anni e come rappresentativa dei nipoti quella sotto i 5 anni. Ebbene, nel 1950 c´erano 43 nonni ogni 100 nipoti; i primi superavano in numero i secondi negli anni 80 e crescevano gradualmente a 140 ogni 100 nel 2008. Il rapporto tra nonni e nipoti continuerà ad aumentare fino a raggiungere un massimo tra il 2020 e il 2030 quando, mediamente, oltre due nonni saranno a "disposizione" di ogni bambino. Dopo il 2030 il rapporto inizierà a scendere gradualmente fino a normalizzarsi nei decenni successivi grazie al riassorbirsi di quel divario numerico tra generazioni che ha segnato la demografia dei decenni a cavallo del millennio. La lunga sovrapposizione tra generazioni (si affaccia anche la quarta, quella dei bisnonni) è uno degli aspetti positivi della longevità delle società moderne. Tuttavia un´altra considerazione si impone se riflettiamo sulla direzione di marcia della società. Negli ultimi decenni, la congiuntura demografica (essenzialmente, il lungo calo delle nascite) si è avviticchiata con quella economica (un lungo ristagno). Le scarse risorse poste a disposizione del sistema famiglie hanno alimentato la bassa natalità, funzionale alla condizione delle coppie, strette nella morsa lavoro-famiglia. Le terze generazioni hanno funzionato da ammortizzatore generale, e questa funzione ha motivato il ritiro dal lavoro di molti adulti-anziani. L´ulteriore aumento del rapporto nonni-nipoti nei prossimi vent´anni rischia di accentuare il fenomeno, ritardando la riforma del sistema di welfare, mantenendo bassa l´occupazione delle terze generazioni (la più bassa in Europa) e accentuando le disuguaglianze tra chi riceve sostegno da robuste catene familiari e chi, invece, ne è privo. MASSIMO LIVI BACCI