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 2008  aprile 21 Lunedì calendario

NE ABBIAMO (TROPPO) PIENE LE TASCHE

La Stampa 21 aprile 2008
Anche le tasche non sono più quelle di una volta. Fatti salvi i jeans, in dura e spessa tela anche nelle parti interne, quasi tutti gli altri calzoni che ho acquistato nel corso dell’ultimo anno risultano un po’ deboli a livello delle tasche. Si strappano con facilità, così che sono costretto a farle ricucire o più spesso a far applicare delle toppe per non perdere il loro contenuto. La ragione è che oggi portiamo in tasca molte più cose rispetto al passato, soprattutto cose più ingombranti: portamonete, chiavi, tessere (carta di credito, tessera fidelity, tessera di noleggio, pass dell’ufficio ecc.), fogli di carta, cellulare. In questo modo le tasche si logorano più in fretta. I produttori, poi, le hanno realizzate pensando che contengano solo fazzoletti o qualche spicciolo come si usava sino a un decennio fa. Invece noi ci cacciamo dentro ogni cosa.
E dire che di tasche indosso ne abbiamo tante: tasche dei calzoni, della giacca, del soprabito, dell’impermeabile, in inverno tasche del giaccone e del cappotto, ma anche altre tasche esterne sulle gambe dei calzoni negli abiti giovanili, e ancora quella tasca supplementare che è lo zainetto, pieno a sua volta di ulteriori tasche. Lo zainetto sostituisce nei maschi la tradizionale borsetta femminile, che oggi le ragazze portano pendente sulla spalla sinistra.
La tasca è una delle «cose» più curiose che abbiamo addosso; letteralmente è un sacchetto cucito all’interno del vestito. Si tratta di un oggetto topologico, ovvero appartiene a quella parte della matematica che si occupa delle proprietà qualitative delle figure geometriche. Le tasche sono tali solo se si possono completamente rovesciare: la concavità c’è sempre, dall’altra parte. Secondo gli studiosi di etimologia la parola verrebbe dal latino taxicare: stimare, ma anche tassare. Significato ambivalente. Del resto, le tasche hanno sempre avuto a che fare con il denaro. Lo dice bene Manzoni nei Promessi sposi, dove usa l’espressione proverbiale: «Non me ne viene in tasca nulla». Il portafoglio è una tasca, alla pari del portamonete che a causa dell’introduzione dell’euro abbiamo reintrodotto. Negli anni Settanta i nostri padri usavano il borsello, così simile alla borsetta femminile, poi caduto in disuso forse per il suo sottile significato sessuale. Oggetto ambivalente, alludeva alla femminilizzazione della moda maschile all’epoca condannata in modo drastico da Pier Paolo Pasolini.
In effetti, oltre che con il denaro, le tasche hanno a che fare con il sesso, meglio, con gli organi genitali. I biologi definiscono gli organi sessuali due tasche: una introflessa, femminile, e una estroflessa, maschile. Sono tasche anche se non ce ne rendiamo conto. Il nostro vestiario non veicola solo simboli, ma sovente replica in altro modo quello che esiste già nel nostro corpo. Un necessario raddoppiamento in cui la Cultura diviene il nostro vero abito sostituendo la Natura. Ma come la Natura anche la Cultura non è inesauribile, si logora e si consuma. Soprattutto a livello delle tasche.
Marco Belpoliti