La Stampa 21 aprile 2008, Francesco Semprini, 21 aprile 2008
Tibet, la parola che Ratzinger ha dimenticato. La Stampa 21 aprile 2008 Tibet e Vaticano, casualità o disegno politico? La visita di Papa Benedetto XVI negli Stati Uniti, la prima del suo pontificato, si è svolta secondo copione
Tibet, la parola che Ratzinger ha dimenticato. La Stampa 21 aprile 2008 Tibet e Vaticano, casualità o disegno politico? La visita di Papa Benedetto XVI negli Stati Uniti, la prima del suo pontificato, si è svolta secondo copione. Le imponenti misure di sicurezza e un programma dettagliato e curato in ogni minimo particolare hanno scandito le tappe americane del viaggio del Santo Padre consentendogli di rispettare ogni impegno e concedendo anche qualche fuori-programma. Il bilancio è quindi più che positivo, se non fosse per il fatto che nei cinque giorni trascorsi da Papa Ratzinger tra Washington e New York sia mancato un esplicito riferimento a una vicenda che ha riempito le pagine di cronaca internazionale nelle ultime settimane, ovvero la rivolta tibetana in vista delle Olimpiadi di Pechino. Sull’argomento si interrogano commentatori politici, militanti per i diritti civili, e blogger specializzati all’indomani della visita del Pontefice negli Usa. Erano in molti ad attendere un chiaro segnale da Benedetto XVI in occasione della visita negli Stati Uniti, dove solo qualche giorno fa il leader spirituale Dalai Lama ha partecipato a una serie di conferenze sul tema della religione e dei diritti umani, a pochi giorni dall’ondata di proteste contro il regime di Pechino avvenute in occasione del passaggio della fiaccola olimpica nella città di San Francisco. Una vicenda quella tibetana che ha sollevato reazioni di ogni matrice e che ha diviso anche il mondo politico americano nel bel mezzo della campagna per le elezioni presidenziali. Mentre i candidati alla Casa Bianca, sia democratici che repubblicani, hanno accennato a iniziative di protesta contro il pugno di ferro da parte di Pechino, il presidente americano George W. Bush ha confermato la sua partecipazione alla cerimonia inaugurale della manifestazione sportiva che si svolgerà in estate nella capitale del Paese asiatico, dribblando gli appelli al boicottaggio. La determinazione dell’amministrazione americana ha sollevato obiezioni e polemiche da parte dell’opinione pubblica internazionale che attendeva dalla massima autorità di Santa Romana Chiesa un segnale forte proprio in occasione della visita di Ratzinger negli Stati Uniti. Convinzione ancor più forte se si considera che Benedetto XVI ha parlato a Palazzo di Vetro in occasione del sessantesimo anniversario della nascita della Carta per i diritti umani spesso ignorata dal pugno di ferro del regime di Pechino. Per i siti che ospitano le istanze degli attivisti per i diritti civili come Mlive o M&C, l’omissione del Tibet tra le materie all’ordine del giorno di Ratzinger negli Usa non si può considerare casuale. Il Santo Padre, al suo esordio americano da Pontefice, raccoglieva un’eredità importante come quella di Giovanni Paolo II e aveva il difficile compito di affrontare la questione delle molestie sessuali sui minori che hanno travolto numerose diocesi statunitensi. Aprire un altro spigoloso capitolo sarebbe stato un azzardo specie in territorio americano dove la leadership repubblicana si è già trovata in imbarazzo nel barcamenarsi tra la ragion di Stato e le battaglie per il rispetto dei diritti umani in favore del Tibet. Francesco Semprini