La Stampa 21 aprile 2008, Giovanni Cerruti, 21 aprile 2008
NORD CHE VECCHIA CANZONE
La Stampa 21 aprile 2008
La Lega che si gonfia di voti, la Questione Settentrionale, il Pd del Nord... Da dove si vuol (ri)cominciare questa novità già vecchia? Si può partire dalla Stazione Centrale di Milano.
O meglio da un bar che stava da quelle parti, in via Bordoni, e dal pomeriggio del 14 giugno 1987. Alle sei del pomeriggio Umberto Bossi ordina un chinotto per celebrare la sua prima elezione, da questo momento sarà «il Senatùr». «Diventeremo il primo partito al Nord - dice -, avremo il sindaco di Milano e caleremo a Roma prendendo voti a destra e sinistra, categorie che spariranno. Noi rappresentiamo gli interessi di chi sta al Nord».
Un visionario? Più o meno l’hanno sempre trattato così ed è stata la sua fortuna. Fine Anni 80, la Dc si affida agli studi della Fondazione Bassetti: « un fenomeno transitorio e avrà una durata fisiologica di 7 anni, come la "Lista del Melone" a Trieste». O all’idea di Giuseppe De Rita, allora consigliere del segretario Dc Ciriaco De Mita: «Bossi? Basta comprarlo». Formidabili quegli anni, per Bossi. L’unico che aveva capito qualcosa - diceva prima dell’ictus - era stato Bettino Craxi: «Era venuto perfino a Pontida, aveva riunito l’Assemblea nazionale del Psi a Brescia. Ma la verità è che i partiti di Roma ci hanno sempre inseguito».
A proposito di Brescia. Anno 1991, elezioni amministrative, la Dc è il primo partito, il Pds di Achille Occhetto cerca il consenso operaio. La sera dell’ultimo giorno di campagna elettorale, nella sala conferenze dell’hotel Vittoria, Occhetto confida tutto il suo ottimismo. Un cronista domanda, «e la Lega?». Risposta sicura: «Ho girato le fabbriche, arrivo adesso dall’OM. Non ne ho sentito parlare, e dunque credo che non ne risentiremo parlare neppure dopo il voto». Risultato: trionfo della capolista, tale Roberta Pizzicara, e Lega primo partito nella città operaia e bianca di Paolo VI, di Mino Martinazzoli, dei Bazoli, di Lucchini.
Dopo il voto, dopo ogni voto da quegli Anni 80, riparte la vecchia canzone: ah, la questione settentrionale... La memoria fa scoprire che nemmeno il Pd del Nord è una novità. Ne avevano parlato gli eletti nei Ds due anni fa, subito dopo la vittoria di Romano Prodi, l’«Ulivo del Nord». del 29 gennaio 2007 un convegno alla Fiera di Verona, con il ministro Vannino Chiti. Non è per infierire, ma belle parole e basta. E già allora il bresciano Pierangelo Ferrari avvertiva: «Abbiamo come un handicap territoriale, siamo quelli di Craxi e poi di Bossi e poi di Berlusconi. Un’area da mettere politicamente sotto tutela».
Come negli anni di Massimo D’Alema presidente del Consiglio e Walter Veltroni segretario Ds. Ah, la questione settentrionale... Da Roma viene inviato il signor delegato della direzione, l’onorevole Pietro Folena, forse perché sulla carta d’identità c’è scritto nato a Padova. Un ufficio a Milano, qualche comparsata, e quando si avvicinano le elezioni del 2001 Folena si candida nel collegio di Manfredonia, Veltroni va a sedersi al Campidoglio e Questione Settentionale ti saluto, ci rivediamo dopo il voto. E infatti, altro crollo di voti al Nord e un paio di convegni per meditarci su. Qualche settimana e chi se la ricorda più.
Arriva Veltroni, oggi. E riunirà i suoi segretari regionali del Nord a duecento metri da quel barettino del chinotto di Bossi, vicino alla Stazione Centrale. Lasciato il loft ha scelto come location una room dell’hotel Michelangelo, l’albergone dei businessmen, una volta detti commessi viaggiatori, quelli che scendono dal treno concludono l’affare e ripartono. Segretari regionali, come si sa, eletti su indicazione di Veltroni. Ascolterà, ha anticipato. Ma niente Partito democratico del Nord, e tra gli ex Ds c’è chi ipotizza un maligno perché: il passaggio a seguire, magari, sarebbe la secessione dal Pd di Roma.
Eppure, almeno una volta, tra quel che erano i Ds e la Lega un avvicinamento serio c’era stato. Quando D’Alema era ancora premier incaricato e Bossi, al primo incontro, aveva offerto l’appoggio esterno al suo governo. «Calma». Avevano concordato le tappe, e nell’accordo siglato ai tavoli del ristorante «Gianni e Dorina», sempre dalle parti della Stazione Centrale, c’era l’appoggio della Lega al governo D’Alema e il patto elettorale che avrebbe portato Roberto Maroni alla presidenza della Regione Lombardia. «Ma poi - raccontò Bossi - quasi sul più bello mi chiama D’Alema per dirmi che i suoi l’avevano ingabbiato. Peccato. Per lui».
D’Alema era stato applaudito al congresso leghista di Milano, Bossi lo elogiava: «Massimo è un aquilotto, uno che in politica sa volare, Veltroni una gallinella». lì, tra il ’99 e il 2000, che si spezzano gli ultimi fili. E la Lega, tranne che per i dirigenti Ds del Nord, torna a essere una banda di mezzi baluba, mezzi razzisti, quasi fascisti, xenofobi. Tranne dopo il voto. Ah, la Questione Settentrionale... E il Nord che aveva votato Ulivo e Prodi nel 2006 non è che sia stato trattato granché meglio: tra lombardi e veneti, al governo era andata solo Barbara Pollastrini, al ministero delle Pari opportunità, proprio quel che serviva.
da maneggiare con cura la Questione Settentrionale, anche quando viene declinata come Partito Democratico del Nord. Sul suo blog Pierangelo Ferrari, già segretario regionale Ds rieletto alla Camera, scrive: «Non abbiamo perso le elezioni a causa della composizione delle liste, ma i criteri con cui sono state composte e imposte sono il prodotto di una cultura centralistica che ci chiude nei loft e ci allontana dal Paese reale. Non si vince con le icone sbandierate sui media, l’imprenditore di successo, la ragazza naïve, l’uomo d’ordine del’esercito, l’operaio esibito come l’ultimo dei Mohicani...».
Benvenuto al Nord, segretario Veltroni.
Giovanni Cerruti