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 2008  aprile 20 Domenica calendario

Irritazione del leader. La Stampa 20 aprile 2008 Caratterizzare il Pd al Nord con un impianto culturale e politico adeguato a quella realtà; dotarlo di una classe dirigente che lo rappresenti ma che pesi in modo forte anche sul piano nazionale; permettergli un sistema di alleanze, Lega compresa, che non debba necessariamente ricalcare quello di qualunque altra regione

Irritazione del leader. La Stampa 20 aprile 2008 Caratterizzare il Pd al Nord con un impianto culturale e politico adeguato a quella realtà; dotarlo di una classe dirigente che lo rappresenti ma che pesi in modo forte anche sul piano nazionale; permettergli un sistema di alleanze, Lega compresa, che non debba necessariamente ricalcare quello di qualunque altra regione. Piero Fassino interviene così nel dibattito apertosi intorno alla crezione di quel che è stato per semplicità chiamato il Pd del nord. L’ultimo segretario dei ds considera assolutamente necessario porsi il problema del futuro del Partito democratico nelle aree settentrionali del Paese e («al di là degli incarichi formali») mette a disposizione della causa la sua esperienza di uomo e di politico formatosi appunto al Nord. Con una avvertenza: che la discussione avviata per impulso del sindaco di Bologna, Sergio Cofferati, non ignori alcuni dati oggettivi. Del tipo, onorevole Fassino? «Del tipo che non possiamo dipingere il Nord come una ”terra straniera” ed il Pd come un partito estraneo a quelle aree ed incapace di rappresentarle». A volte, però, sembra che le cose stiano effettivamente così... «E non è una lettura corretta della realtà. Ci sono uomini e donne del Pd - e prima ancora della sinistra - che hanno interpretato e governato il Nord, e che ancora lo fanno. Torino, Venezia, Genova, Bologna, grandi città e province come quella di Milano o regioni come la Liguria, il Piemonte e l’Emilia sono amministrate dal Pd. E anche città difficili come Pordenone, Bergamo e Belluno o la provincia di Lecco e di Lodi. Non si può rappresentare il Nord come un’area dalla quale siamo stati espulsi. Basterebbe pensare che a Torino abbiamo raccolto, una settimana fa il 40% e insieme a Di Pietro superiamo il 46...». L’accuseranno di una analisi del risultato elettorale reticente e consolatoria, non crede? «Al contrario, io voglio una riflessione sul voto che non sia consolatoria. Anch’io ritengo, infatti, che sia assolutamente giusto porsi la questione del Nord e penso - anzi - d’averlo fatto ripetutamente negli ultimi anni. Quindi, non solo sono d’accordo che venga assunta con ancor maggior determinazione, ma sono convinto che da una risposta adeguata al problema del Nord può arrivare il rilancio forte del Pd su base nazionale. Del resto, è impensabile governare l’Italia senza comprendere e rappresentare la parte più dinamica del Paese». E da dove comincerebbe, lei? «Bisogna caratterizzare il Pd al Nord come un partito che abbia forti radici in quei territori e che esprima un impianto programmatico e culturale adeguato alla realtà del Settentrione; occorre una classe dirigente capace di rappresentarlo davvero e che però pesi in modo forte anche sul piano nazionale; e credo, infine, che sia necessario costruire un sistema di alleanze che non deve necessariamente essere quello che si riproduce automaticamente in qualunque altra regione italiana». Pensa, insomma, ad accordi anche con la Lega? «Le dinamiche politiche messe in evidenza dal voto ci dicono che è difficile, se parliamo dell’oggi o di domattina. Ma in prospettiva credo che occorra certamente porsi il problema di avere un confronto e un dialogo con quello che la Lega esprime. E anche l’Udc, naturalmente, è un interlocutore da assumere anche al nord». Quindi si iscrive anche lei al partito di chi ritiene che sia un errore continuare a considerare la Lega un elemento di folklore e i voti che ottiene di mera e sola protesta? «A quel partito sono iscritto da tempo, in verità. La Lega ottiene voti perché è considerata un elemento di tutela e protezione rispetto a questioni e paure che segnano il Nord: dalla sicurezza alla carenza di infrastrutture, dal federalismo - politico e fiscale - fino al funzionamento della Pubblica amministrazione. Che la Lega sia davvero in grado di fornire queste tutele, lo vedremo: certo, però, che è questa la convinzione, il sentimento di chi l’ha votata. Un sentimento che riguarda il partito di Bossi ma anche la destra più in generale: pensiamo alle suggestioni che può aver esercitato sulla piccola e media industria del Nord la lettura protezionista della globalizzazione che offre Tremonti...». Un’ultima domanda, onorevole Fassino: alla nascita del Pd lei si disse disponibile a trasformarsi nell’ambasciatore al Nord del nuovo partito. E’ pronto a riproporre quella disponibilità? «Così poi voi sparate il titolo ”Fassino capo del Pd del Nord”... Lasciamo stare, io non cerco galloni. Penso che sia molto importante che Veltroni domani a Milano discuta con i segretari regionali del Nord il da fare. Spero che dalla riunione nasca una stagione di attenzione e iniziativa del Pd verso quest’area del Paese. Io darò il mio contributo al di là degli incarichi formali. Sono nato al Nord e ho fatto buon parte della mia esperienza politica lì. Questa società la respiro e la capisco. Da ministro per il Commercio con l’estero ho costruito un rapporto intenso e forte con imprese grandi e piccole di quell’area. E’ un mondo che conosco. Questo mi porta non solo a essere attento e sensibile, ma interessato a concorrere al rilancio di una presenza forte del Pd al Nord. Però di questo si tratta. Il resto, lo si vedrà». Federico Geremicca