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 2008  aprile 20 Domenica calendario

Tremonti: crisi, la ricetta Draghi non basta. Corriere della Sera 20 aprile 2008 I malati gravi non si curano con l’aspirina

Tremonti: crisi, la ricetta Draghi non basta. Corriere della Sera 20 aprile 2008 I malati gravi non si curano con l’aspirina. Per Giulio Tremonti l’aspirina è il rapporto al Financial stability forum del governatore di Bankitalia Mario Draghi sulla crisi dei mutui finanziari. Secondo il ministro dell’Economia in pectore, il rapporto è reticente su parole chiave come «aiuti di Stato», «nazionalizzazioni » e «salvataggi»: «Si parla di iniezioni di liquidità e altre cose fumose: siamo di fronte a un tipo di cultura non più sufficiente ad affrontare i problemi di un mondo cambiato». Pur parlando in una sede accademica – il convegno Aspen a Parigi – la critica di Tremonti è un’indicazione – forse influenzato dal caso Alitalia – della visione economica del prossimo governo e un’anticipazione di atteggiamenti «interventisti» in vari campi. Del resto, gli esempi britannici (nazionalizzazione della Northern Bank, prestito della Banca centrale di 50 miliardi di sterline alle banche in difficoltà) sono tutt’altro che ortodossi. Lo stesso Tremonti ha rilanciato l’idea dell’Eurobond, il debito pubblico europeo per finanziare progetti d’importanza strategica: infrastrutture, ricerca, energia. Al di là delle prevedibili polemiche, è il contesto dell’ emergenza finanziaria internazionale a vivacizzare la discussione sulle terapie d’urto. Il titolo della conferenza «Europa, Usa, disordine globale e nuova Bretton Woods» è forse ambizioso per un «think tank», ma le indicazioni del dibattito, per quanto condizionate da molte variabili (elezioni americane, crisi in Medio Oriente, emergenza alimentare in Africa, guerra in Iraq e sfida iraniana) conducono alla necessità di inventare i rimedi e condividere una nuova gerarchia di valori: più trasparenza, più equilibrio fra competitività e protezione, in una parola «più politica». Alcune battute di banchieri, economisti ed esperti internazionali sulla crisi erano da raduno no global più che da convegno a porte chiuse in un grand hotel di Parigi. L’unilateralismo del presidente Bush è il più grande fallimento politico degli ultimi anni. Bisogna riscoprire Keynes, il ruolo della politica nella governance dei processi economici. La crisi dei mercati finanziari è gravissima, paragonabile a quella del 1929. Non si tratta soltanto di saper cogliere le sfide della globalizzazione, ma di inventare contromisure per ripararne i guasti, gli shock economici, sociali, alimentari, energetici, ecologici degli ultimi anni. L’Europa sta dando il buon esempio in termini di stabilità della moneta e di regole del mercato interno, ma rischia di essere isolata in un mondo senza regole in cui si affermano le potenze emergenti (Cina, India) e i Paesi che detengono le più importanti risorse energetiche (Russia e mondo arabo/ musulmano). Battute non attribuibili per prassi Aspen (con eccezione di Tremonti che parlava nei corridoi), ma eloquenti nella condivisione di critiche pesanti alla globalizzazione senza controllo e al Vangelo liberista, inteso come fiducia messianica nelle potenzialità e nell’autoregolamentazione del mercato. Non si tratta di rispolverare forme di protezionismo statalista, in cui talvolta si confondono vecchie ricette delle destre nazionaliste o delle sinistre anticapitaliste, il vento neocon e l’ira no global, ma di ritrovare una rotta sicura nella navigazione fra gli iceberg del Titanic globale. Può essere stimolante collegare la riflessione di Aspen alla lunga coda di turisti-cittadini del mondo per visitare al Louvre l’esposizione dedicata al mito di Babilonia, grande metafora della globalizzazione nell’ antichità. Esaltata dall’Illuminismo come capitale universale degli scambi mercantili e culturali e denigrata dal Romanticismo come ambizione, paurosa e fuori misura per la condizione umana. Oggi, come nell’antichità, c’è differenza fra nuovo ordine globale e torre di Babele. Il presidente della Bocconi, Mario Monti (citabile nel breefing fuori conferenza), ha sottolineato almeno due motivi di speranza: la prossima presidenza francese dell’Unione Europea («un grande Paese e un presidente forte possono far sentire più che in passato la voce dell’Europa nelle sedi globali ») e la nuova amministrazione americana che segnerà in ogni caso la fine dell’era Bush. Massimo Nava