varie, 21 aprile 2008
MARANTELLI
MARANTELLI Daniele Varese 18 gennaio 1953. Politico. Eletto alla Camera nel 2006 con L’Unione, nel 2008 col Pd • «[...] ”eroe” padano del Partito democratico, che a Varese, roccaforte leghista, ha portato il partito di Veltroni al 27,4% contro il 22,9% del Carroccio. ”Stiamo parlando di Davide contro Golia, perché vengono da qui Bossi, Maroni, Giorgetti, Bonomi, Marano, Bianchi Clerici... noi abbiamo le fionde e loro i carri armati” cerca di spiegare Marantelli, segretario cittadino del Pd, alla sua seconda volta in Parlamento (la prima nel 2006), ma sempre molto legato al territorio [...] ha dovuto sviluppare una strategia politica alternativa, cercando di capire le esigenze di una zona che ”nel 2006 ha avuto un export pari al Pil della Liguria”. Perciò Marantelli è da anni che parla di ”salari differenziati territorialmente, di federalismo fiscale, di artigiani da tutelare, di un partito nazionale basato su forme federali, che faccia scegliere al territorio i propri candidati, i programmi, le alleanze flessibili”. Tanto è bastato per bollarlo come ”leghista rosso” e lui non ha gradito anche se è ”amico” di Maroni e rispetta ricambiato Bossi (’mi disse che sono l’unico sopra il Po a non avere la puzza sotto il naso”). ”Appiccicano etichette per evitare di misurarsi con i problemi – commenta ”. Certe definizioni infastidiscono e feriscono. Non sono mai stato un funzionario di partito – rivendica – questo mi ha permesso di conservare libertà di giudizio e serenità”. Sempre in anticipo sui tempi e sul partito questo Marantelli. [...] ”Sono figlio di operai, cresciuto con ben presente il concetto di solidarietà. Nel 2000 accoltellarono un nero della Sierra Leone. Lo andai a trovare, lo aiutammo...” [...]» (Francesca Basso, ”Corriere della Sera” 21/4/2008) • «Quando nel 1985 il padre nobile della Lega, il senatore Giuseppe Leoni, fece il suo primo intervento in Consiglio comunale a Varese in dialetto (di Mornago), lui lo interruppe in dialetto bosino (di Varese) e suscitò clamore, soprattutto fra i banchi della sinistra. Identica boutade, da consigliere regionale della Lombardia, nel 1995, quando chiese più trasparenza nella gestione dei fondi, ma lo fece sempre in dialetto, e fu difeso dall’allora presidente del Consiglio regionale, oggi sindaco leghista di Varese, l’avvocato Attilio Fontana. Di aneddoti come questi, Daniele Marantelli, conosciuto a casa sua come il ”leghista rosso”, anche se a lui non piace questa definizione, e ormai a Montecitorio come il ”pontiere”, ufficiale di collegamento fra la Lega e quella parte del Pd che ha intuito da tempo la forza del progetto leghista, ce ne sono tantissimi. Dai sigari cubani ricevuti dai compagni dell’Avana, mandati al ”capo”, Umberto Bossi, attraverso la moglie di lui, Manuela Marrone, con l’augurio ”di ritrovare l’antico spirito rivoluzionario e di non appiattirsi su Berlusconi” [...] si definisce un libero battitore, ”un riformista coerente”, è uno di loro. Nel senso che fin da quando era comunista ha sempre avuto due obiettivi: la tutela del territorio e il federalismo fiscale. E infatti è stato lui che, nella scorsa legislatura, dopo aver incassato i voti della Lega e di tutto il centrodestra, riuscì a far approvare il provvedimento per le infrastrutture destinate alla zona pedemontana da dove ”nel 2004 sono stati esportati 32 miliardi di euro, pari al 12 per cento dell’intero export italiano”, precisa Marantelli per farci capire che si sta parlando di cose serie, non di folklore. E poi non è un segreto per nessuno che lui è amico di Roberto Maroni, non solo perché giocano a calcio insieme, ma perché insieme all’opposizione in Consiglio comunale nel ”90 hanno sempre combattuto sullo stesso fronte, quello della tutela del territorio. Una politica, la sua, che spesso è stata considerata un’eresia dalla sinistra più radicale, ma anche all’interno del proprio partito, e che a Varese nel 2000 gli portò più di 10 mila preferenze e alle elezioni del 13 aprile 2008 gli ha permesso di far prendere al Pd il 27,44 per cento dei voti, quasi quattro punti e mezzo in più della Lega, proprio nel feudo di Bossi. [...]» (’Il Foglio” 7/5/2008).