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 2008  aprile 15 Martedì calendario

L’inchiesta farsa che incolpa Berlusconi della strage di Linate. Libero 15 aprile 2008 Caro direttore, venerdì scorso leggo la prima pagina di Repubblica e faccio un salto sulla sedia

L’inchiesta farsa che incolpa Berlusconi della strage di Linate. Libero 15 aprile 2008 Caro direttore, venerdì scorso leggo la prima pagina di Repubblica e faccio un salto sulla sedia. "Le carte della verità sulla strage di Linate" e, a pagina 25, con intestazione "Il documento", il titolo "Li nate, non fu un errore del pilota". Pagina intera. Carlo Bonini, autore dell’articolo, mette in essere una tesi (lui la chiama "evidenza") a suo vedere trascurata dalle indagini della magistratura e dell’Agenzia Nazionale Sicurezza Volo: il Cessna tedesco che, sbagliando strada nella nebbia e in assenza di radar di terra, causò l’incidente con il Md 87 Sas (118 morti), avrebbe preso il raccordo sbagliato perché, non conoscendo bene l’aeroporto né, badate, "come vanno le cose a Linate", avrebbe seguito come un’ana tra un altro aereo executive più grosso, il Gulfstream IV di Berlusconi in partenza per Roma. E quest’ultimo, pur istruito dai controllori di volo affinché imboccasse il raccordo R6, che gira intorno alla pista, dopo aver confermato che avrebbe richiamato quando arrivato davanti alla postazione dei Vigili del Fuoco, alla chetichella avrebbe invece preso il più breve raccordo R5, attraversato la pista, infilato il raccordo R2 contromano e contattato come un angioletto la torre una volta sul posto. Come un ciclista brocco che dopo aver controllato che non ci sia nessuno a vederlo, taglia una scorciatoia dentro il bosco per andare in testa. Perché il pilota del Gulfstream avrebbe commesso una simile, inenarrabile fesseria? Per risparmiare carburante e perché a Linate (è il tono di tutto lo scritto) i vip tracotanti fanno quello che pare loro. Questa notizia, se confortata da documenti, basterebbe a mettere sotto tutela sanitaria i magistrati dell’inchiesta e gli ispettori dell’An sv: se non hanno visto "l’evidenza" che dopo sette anni è rimasta così evidente da produrre le verità testè rivelate, o sono dei ciucci incapaci di intendere, o hanno la coscienza sporca. Per colpa di chi? Di Berlusconi: il quale, pur trovandosi quel giorno già a Roma e quindi non sull’aereo, era il proprietario dell’aeroplano. Anzi: alle 8.31, dice Repubblica, la torre di Linate riceve una telefonata concitata dal "traffi co aereo" (si suppone Bonini intendesse l’ufficio traffico): "Da Roma mi stanno stressando, vogliono avere informazioni relative a quel signore". Chi sia il "signore", nonché chi fossero i soggetti concitati alle varie cornette, tra tutte le evidenze, nell’articolo non è affatto evidente, tantomeno dichiarato: tuttavia, a Bonini è chiaro che un’ombra ha già messo mano alla pala e al mucchio di sabbia. Arrivo alle considerazioni. Una prima, sui fatti: nell’articolo è detto che il Gulfstream è stato pizzicato perché ha percorso in nove minuti una distanza per cui ne occorrono sedici. Anche tralasciando che i tempi scritti sono del tutto piantati a caso, queste cose, "deliberata mente", non le fa nessuno, perché ci si già ammazza con gli errori e nessuno nell’aviazione d’affari ha voglia di fare l’asino mentre lavora; tantomeno piloti professionisti, esperti nella gestione di macchine complesse e abituati a operare in mezzo a un traffico importante. E poi, perché mai uno che si può permettere un aereo grande come una casa di due piani, che in volo consuma 30 chili di carburante al minuto, dovrebbe, per risparmiare sette minuti coi motori al minimo, mettere a rischio vite, carriere, aeroporto? Per malvagità? La seconda, sul metodo. Con la scritta "il documento" in occhiello, ho cercato il documento, ma non l’ho trovato. Ci sono le parole di un ex comandante Alitalia, Giuliano Mansutti, oggi a capo di un centro studi, Aerohabitat, che dichiara di aver studiato le carte delle inchieste, oggi pubbliche, e di aver rilevato le "evidenze". Ora, se io ho una notizia di questa portata, le trascrizioni dei documenti, delle telefonate eccetera che la provano, le metto sul giornale integralmente, anche a puntate. A pagina 25 di Repubblica, invece, c’è una miniatura incomprensibile, che potrebbe essere un estratto conto della carta di credito, una lista della spesa o una marca da bollo, con una didascalia che dice: queste sono le registrazioni delle "conversazioni tra la torre e gli equipaggi", che tra l’altro non sono nemmeno l’oggetto centrale della notizia. Un’ultima nota. Nell’articolo la parola Mediaset è citata undici volte; e oltre a Berlusconi (che, insiste l’articolista, la mattina dell’incidente era a Roma: a fare che? Solo il presidente del Consiglio?) c’è finita in mezzo perfino la figlia Marina: perché, attenzione, ben un anno dopo l’inciden te, nel luglio 2002, essa è stata passeggera di un volo coinvolto in una mancata collisione (molto ripresa dai giornali ma anche molto mancata: un chilometro di distanza in orizzontale e 240 metri in verticale, e per pochi istanti), con un piccolo velivolo da addestramento. E per di più come vittima del fatto, non come colpevole. Mancavano due giorni alle elezioni. Stavolta l’illa zione la faccio io. *Direttore del mensile "Volare" GIUSEPPE BRAGA