Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  aprile 20 Domenica calendario

MAMBOR Renato

MAMBOR Renato Roma 4 dicembre 1936. Artista • «[...] come le piace definire il suo lavoro? “Una guida al vedere. Quando faccio un quadro vorrei che finisse nell’occhio dello spettatore. L’idea dell’opera aperta chiede che ci sia attività anche da parte di chi guarda. Voglio condividere il mio lavoro con altre persone”. Due tra i temi della sua produzione: l’omino statistico degli anni Sessanta e l’osservatore degli anni Novanta: come sono nati? “Il primo appartiene alla cultura della ‘non espressione’. Con Castellani, Manzoni, Savio ho condiviso l’idea di scaricare la tela da ogni specularità, di intenderla come un corpo opaco. Un giorno ‘scopro’ l’omino statistico, bidimensionale, come la tela, come la mia pittura piatta, che non è finzione ottocentesca di chiaroscuri, ma azione concreta. Dopo un periodo di crisi, mi avvicino alla terapia ghestaltica che mi ha portato a conoscere l’Uomo. E me in rapporto all’Uomo. Ad osservare la vita e a trasportarla sulla tela in elementi pittorici [...] Mi chiedevo chi ero. Sono un pittore, è la mia identità, la mia essenza [...] Nel ’70 mi ero stufato di fare il pittore: gallerie fredde, cose concettuali... Un giorno comincio a frequentare il teatro Alberico. Conosco Benigni, Lucia Poli, Paola Pitagora, Leo De Bernardinis, c’era un clima caldo affettuoso. È stato uno scivolamento, una cotta che avevo dentro. E mi nasce il desiderio di mettere sotto cornice la realtà, di ‘indicarla’, di lasciarla così com’è. È una mia ossessione. Così, dopo aver costruito l’evidenziatore che segnala gli oggetti afferrandoli, costruisco una trousse di profilato metallico e fotografo dentro questa struttura Remo Remotti, cioè un uomo, non più un ‘uomo statistico’, e vado a indagare cosa c’è dentro di lui”. Schifano, Tacchi, Mochetti, Lombardo, Mambor: i protagonisti di grandi stagioni dell’arte italiana. Cosa vi accomunava? “La grinta, la voglia di vivere le giornate più belle a tutti i livelli. La mattina andavo in canoa sul fiume, il pomeriggio in piscina, la sera al mare. La vita era come un gelato da leccare fino in fondo. C’era quel desiderio pre-sessantottesco di capire il funzionamento della vita e di metterlo in pratica, ma non secondo una moda o un’ideologia. Si è spinto molto sul lavoro, usando tutti i mezzi. Poi, per questo desiderio, qualcuno ci ha anche rimesso le penne”» (Anna Lisa Martella, “Il Messaggero” 20/4/2008).