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 2008  aprile 19 Sabato calendario

La morte di lord Brummel I PUNTATA Al terzo piano dell’ Hôtel d’ Angleterre, a Caen, abitò a lungo, nei suoi ultimi anni, George Brummell

La morte di lord Brummel I PUNTATA Al terzo piano dell’ Hôtel d’ Angleterre, a Caen, abitò a lungo, nei suoi ultimi anni, George Brummell. La sola interruzione fu un soggiorno di due mesi e diciassette giorni in prigione, per debiti. Alle cinque scendeva alla table d’ hôte e accettava di farsi offrire qualche buon vino da ignoti. Certi turisti, dopo aver ammirato gli arazzi di Bayeux, si fermavano un giorno all’ Hôtel d’ Angleterre per vedere da vicino il celebre dandy. Chiedevano a Monsieur Fichet, il proprietario, di farli sedere a tavola di fronte a lui. Ora Beau Brummell si presentava come un ex console in un buco della provincia francese. Non aveva nulla da fare, se non contare i debiti. Un libraio gli mandava le novità da Parigi. Lunghissima, come sempre, la toilette al mattino, passeggiare lungo il Cours Caffarelli, insulso ma poco frequentato, andando in direzione del mare. Disegnare ritratti per l’ album di Mademoiselle ***, a Luc-sur-Mer: una Gilberte o Albertine che si azzardava sulla spiaggia normanna. Parasole, bagni en costume de bal, i capelli sciolti si asciugavano al vento. Una contessa polacca sdraiava le sue perle sulla sabbia, perché prendessero aria. Daignez agréer l’ offrande d’ une esquisse pour votre album. Alla sera, la società di Caen offriva partite di whist, da evitare, e balli contegnosi. «Monsieur, nous sommes ici pour danser, non pour causer». Uscito dalla prigione, Brummell continuava a obbedire ai suoi rituali, anche se era ridotto a cambiarsi la biancheria una sola volta al giorno. Il nitore del suo aspetto si era appannato, ma l’ argentea batterie de toilette lo assisteva ancora. Il vernis de Guitton arrivava da Parigi. Un primo segno nefasto si ebbe quando una vecchia dama gli consigliò scherzosamente lo jabot nero, che Brummell aveva sempre aborrito. Ma ora sapeva che i suoi avevano perso freschezza. Accettò il consiglio («in senso figurato, si può dire che Brummell spirò quel giorno» secondo il capitano Jesse, «questo ammirevole cronista che non dimentica a sufficienza» lo avrebbe definito una volta Barbey d’ Aurevilly). A partire dall’ inverno 1836 lo stato della sua mente sembrò deteriorarsi. Non v’ era dubbio: Brummell «era diventato del tutto indifferente al proprio aspetto». Ora lo si incontrava per strada come un vecchio signore trascurato e sporco. Soltanto le sue maniere rimanevano intatte. Diede via alcuni vasi di porcellana, un orologio e qualche gioiello, ultime reliquie che non aveva voluto includere nella grande asta dei suoi oggetti a Londra. Ma così poteva continuare a comprare i suoi amati biscuits de Reims in una confetteria davanti all’ albergo. Certe volte diceva che doveva dare un ricevimento, doveva invitare persone illustri di cui era amico. Alcune avevano nomi di morti. Il suo domestico metteva in ordine le stanze, accendeva i candelieri, preparava il tavolo per il whist. Alle otto, secondo le istruzioni ricevute, apriva la porta annunciando la duchessa di Devonshire. «Al suono del nome di Sua Grazia, che ben ricordava, il Beau si alzava immediatamente dalla sua poltrona e andava verso la porta, salutando l’ aria gelida che veniva dalle scale come fosse la bella Georgiana». Le offriva poi di sedersi in una poltrona: « un dono della duchessa di York, mia grande amica; ma, povera cara, come sapete non è più tra noi». Alle dieci il domestico annunciava che le carrozze erano alla porta. Nell’ inverno del 1836 Brummell ricevette una visita che lasciò qualche traccia nella memoria degli occasionali testimoni. Già il solo fatto che qualcuno andasse a trovarlo «provava che c’ era ancora, in qualche luogo remoto, una persona che si interessava al suo stato, o almeno aveva una singolare curiosità di vedere il rudere prima che crollasse». Così scrive il fedele e malevolo capitano Jesse. E prosegue: «Era una dama, che arrivò una mattina fredda e tetra, senza carrozza, domestico o bagaglio, all’ Hôtel d’ Angleterre. La straniera aveva una certa età ed era vestita semplicemente, ma la sua aria e le sue maniere indicavano che aveva vissuto nella più alta società. Nel vedere quella elegante apparizione passare davanti al vetro del suo bureau, il vigile proprietario si fece avanti nel cortile alla sua rencontre, ed ella gli chiese di mostrarle una stanza. Il proprietario l’ assecondò, ed era sul punto di ritirarsi; ma lei lo pregò di restare e gli chiese se Mr Brummell viveva ancora nell’ albergo. "Mi piacerebbe molto vederlo, signore" disse la dama. "Può far sì che possa vederlo senza che lui abbia modo di vedere me?". "Nulla di più facile, signora" rispose il proprietario: "Alle cinque, senza eccezione, Mr Brummell scende dalla sua stanza alla table d’ hôte; il suo appartamento dà su questa stessa scala, così in ogni caso dovrà passare davanti al suo; se permette, la raggiungerò a quell’ ora e, quando lo sentirò scendere, gli andrò incontro: se lei si mette allora sulla porta, lo vedrà benissimo, perché tiene sempre un lume in mano". Puntuale all’ appuntamento, Monsieur Fichet incontrò Brummell e lo trattenne a conversare per pochi minuti, sulle scale, in un punto dove lo si poteva osservare bene; tornando nella stanza della sconosciuta, la trovò in lagrime e molto scossa, tanto che dovette passare un po’ di tempo prima che potesse ringraziarlo per la sua gentilezza. Subito dopo, pagò il conto e partì la sera stessa per Parigi con la diligence». Talvolta Brummell si distraeva scrivendo lettere, per esempio a Mademoiselle ***, Luc-sur-Mer, un giorno di luglio: «Perché mai, in nome della comune prudenza e della mia propria tranquillità, non sono riuscito a contentarmi di limitare la mia conoscenza di voi all’ etichetta mondana del togliermi il cappello, quando per caso ci fossimo incontrati? Durante gli anni in cui ho vegetato nella sterile palude della mia vita recente, ho evitato con cura di gettarmi con la mia pazza testa in quel che si può definire un’ assurda pena; e ora, a dispetto di tutto il mio essere in teoria circospetto e avveduto, mi trovo con testa e piedi, cuore e anima, innamorato di voi. Non posso, a costo della vita, fare a meno di dirvelo; ma, poiché non tutta la ragionevolezza mi ha per sempre abbandonato, mi metterò in una camicia di forza e mi farò incatenare allo stipite del letto... Ma voi ridereste di me nascondendovi dietro la manica di crinolina; perché non c’ è niente di più ridicolo di una persona nel mio stato disperato». E una sera di agosto: «Quell’ orangutang del libraio mi ha mandato una sciagurata traduzione francese di Manzoni, invece dell’ originale italiano che gli avevo chiesto. Dice che glielo hanno rubato. Mi vergogno a trasmettervi questa notizia: a un primo sguardo, si direbbe che il libro vi annoierà. Se tale fosse il suo fato, dategliene uno ancora peggiore: gettatelo in mare. Nulla, al momento, è affiché a Londra o Parigi che valga assolutamente la pena leggere: nel momento in cui apparisse, sarà per voi. «La mia esistenza qui è ormai perfettamente desolata, insipida e infruttuosa: non vedo più o meno nessuno, non parlo a nessuno: e mi trovo così miserabilmente abattu e distrait che sono incapace di passare le ore, lunghissime, in quelle occupazioni che erano mia risorsa e divertimento. Sono consapevole della mia colpevole inerzia di spirito, ma, anche mettendoci tutta l’ anima, non riesco a raccogliere l’ energia sufficiente per costringermi a fuggire questo luogo disgraziato anche se ciò mi sarebbe di grande sollievo». A una di queste lettere Brummell accluse una poesia che aveva scritto anni prima, quando versi del genere erano in voga a Londra: Il funerale della farfalla. (1-continua) © Roberto Calasso La vita *** George Bryan Brummell visse tra il 1778 e il 1840. Amico del principe di Galles (il futuro Giorgio IV), fu l’ arbitro dell’ eleganza nella società londinese del suo tempo II Puntata Per la meccanica celeste, il dandy è il contrappeso dell’ utilitarista. Beau Brummell e Jeremy Bentham vivono negli stessi anni e nello stesso luogo: Londra. Ed è come se l’ esistenza dell’ uno calamitasse quella dell’ altro. Da morto, Bentham diventerà la mummia impeccabilmente vestita che andavano a venerare i suoi seguaci allo University College, dove tuttora si trova. Erano uomini sobri, che si dichiaravano esenti da pregiudizi, esperti nella contabilità dei piaceri e dei dolori. Anche se viene da domandarsi quali piaceri e quali dolori fossero in grado di provare. Brummell invece si polverizza fra gli anonimi che finiscono la loro vita in un padiglione del Bon Sauveur. Quell’ ospizio aveva sostituito l’ Hôtel d’ Angleterre. Il monotono degradarsi di Brummell negli anni di Calais e di Caen tocca l’ eroismo dell’ inutilità. Rimanere inutile, sempre e ovunque. Presentarsi come console d’ Inghilterra, come detenuto in una prigione per debiti, come invitato pittoresco, come appassito corteggiatore di una debuttante di provincia, come demente in un ospizio. Tutti ruoli corrosi dall’ implacabile inutilità del dandy. «I suoi trionfi ebbero l’ insolenza del disinteresse» scrisse Barbey d’ Aurevilly. Così anche le sue umiliazioni. I dandies della Reggenza non sapevano niente di Hegel, ma precedevano Stirner: prima banda di unici, aristocrazia dell’ arbitrio, altrettanto irriverente verso la nobiltà araldica e verso la democrazia tronfia. Decisiva, nella rovina di Brummell e nella sua gloria, fu la leggerezza irridente del suo comportamento con il Principe di Galles - e con l’ amante di lui, Mrs Fitzherbert. Trattò il Principe come un marito borghese che difende la moglie esacerbata. Così inventava un gesto che nessuno aveva osato prima: l’ atteggiamento protettivo (e, come sempre, anche beffardo) verso la sovranità. Essere patronizing con il Principe di Galles. «In effetti non fu che un Dandy»: è la sentenza di Barbey d’ Aurevilly su Brummell. Dandismo è tautologia, impossibilità di essere o fare altro. Baudelaire: «Un Dandy non fa nulla». Eppure Brummell, nel suo esilio, si dedicò a compiere un’ opera, l’ unica opera della sua vita: il paravento per la duchessa di York. Aveva sei pannelli. Al centro di cinque, spiccavano altrettanti animali: Elefante, Iena, Tigre, Cammello, Orso. Sull’ Elefante, Napoleone: una farfalla gli ornava il collo. Sulla sua testa, un mortaio; dalla bocca del mortaio usciva una spada con un serpente attorcigliato. Una falce e una bandiera con l’ aquila russa. Sul corpo di un ufficiale era dipinto un paesaggio classico, con una foresta e rocce in primo piano. Un Cupido, sulle spalle di un generale, colpisce il Tempo con un libro. Una giovane dama, trascurando l’ arpa, carezza le corna di un cervo ferito. Un’ altra dama è sovrastata da piume di struzzo. Un signore con bretelle gialle offre un nido di colombe a una donna in abito scarlatto. La Iena viene ammansita dalle Arti, dalle Scienze e dalla Religione. Telemaco racconta a Calipso le sue avventure. Un dragone francese spenna un volatile davanti al fuoco di un bivacco. Una pastorella tenta di liberarsi da un cane che le ha azzannato la veste - e un ignoto galante l’ aiuta. La Tigre è circondata da sciami di Cupidi. Ai suoi lati, il Delfino e la duchessa di Angoulême giocano a fare i soldati. La duchessa fa rullare un tamburo. Il Delfino imbraccia una bandiera con la scritta Union Force. Sul fondo, giocattoli abbandonati. Altri Cupidi. Un bambino povero sta sulla porta di una casa, in una notte di neve. Sotto il Cammello, un uomo con pantaloni alla cosacca. Una scimmia gli gratta la schiena. C’ è una donna barbiere. L’ Orso è in compagnia di un giovane coccodrillo. Intorno giocano bambini, pastori, le Grazie. Numerosi insetti e conchiglie. Più in basso si riconoscono i ritratti di Fox, Sheridan, Necker, John Kemble. Nelson sta accanto all’ ospedale di Greenwich. Un vecchio parroco di campagna aiuta un contadino con un filo e un ago. Nel sesto pannello, Byron e Napoleone stanno al centro. Il poeta è circondato da fiori e ha una vespa sul collo. Sotto Napoleone si nota Kean nella parte di Riccardo III. Il capitano Jesse poté ammirare il paravento da un tappezziere di Boulogne. Il valletto di Brummell ve lo aveva lasciato in pegno per un debito del suo padrone. Jesse osservò che vi erano rappresentate centinaia di scene, ciascuna inghirlandata di fiori. Le più varie tecniche dell’ incisione e della pittura vi erano state utilizzate, salvo i colori a olio. Il fondo era di carta verde. Su tutto predominava il rosa. Jesse si immaginò Brummell mentre ritagliava e incollava i singoli episodi, commentandoli con gli amici: «Doveva essere una delizia». Certo, rifletteva Jesse, «per capire appieno l’ arguzia dispiegata nel disporre i gruppi, lo spettatore dovrebbe essere al corrente dei pettegolezzi del giorno; e non vi è dubbio che un qualsiasi coetaneo di Brummell avrebbe potuto ricostruire le storie connesse a ciascun episodio, spiegando ai più giovani certi dettagli nella disposizione che per loro sono altrettanti enigmi insignificanti». Ma quel carattere di enigma insignificante era ciò a cui il pettegolezzo mirava, mentre al tempo stesso scioglieva le allusioni. Brummell aveva popolato di figure quella superficie come uno gnostico affollava di Arconti e Potenze i suoi cieli. Al centro dei cinque pannelli gli animali avevano assunto dalle Bestie zodiacali l’ incombenza di sostenere il loro dovere allegorico. Invano accennavano alla sovranità di un ordine: intorno ad essi, su di essi, si affastellavano altre immagini e si disperdevano fra le ghirlande. Ciò che Brummell donava alla duchessa di York era la psiche che si stava formando nel mondo intorno a lui: un colombario onirico dove trovavano accoglienza, con lo stesso rango, gli dèi antichi e i fuggevoli dominatori di una season, scene mitiche e personaggi della cronaca. Tutto si componeva ritagliando e incollando; le immagini erano disponibili e convivevano in un caos civilizzato. Il tappezziere di Boulogne teneva in pegno il nuovo sfondo della letteratura. (2 - fine) La prima puntata è stata pubblicata domenica 25 febbraio © Roberto Calasso * * * Lo scrittore Un ritratto nella luce del tramonto Nella prima puntata del suo saggio, apparsa domenica 25 febbraio su queste pagine, Roberto Calasso ha raccontato gli ultimi giorni di lord Brummell all’ Hôtel d’ Angleterre di Caen, dove il dandy ormai decaduto si era ritirato. I turisti si fermavano lì per vederlo e, qualche volta, capitava una dama, che chiedeva di poterlo ammirare in incognito. George Bryan Brummell, detto «Beau», visse tra il 1778 e il 1840. Amico del Principe di Galles, fu l’ arbitro dell’ eleganza del suo tempo.