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 2008  aprile 18 Venerdì calendario

Cesaire Aime

• Fernand Martinica 26 giugno 1913, 17 aprile 2008. Poeta. Scrittore • «“Ho una diversa idea di universale. Si tratta di un universale ricco di tutto quello che è particolare, ricco di tutti i particolari che ci sono, l’approfondimento di ogni particolare, la coesistenza di tutti loro”. Così scrive il poeta e scrittore di lingua francese Aimé Fernand Cesaire nel suo ultimo libro edito in lingua italiana (Negro sono e negro resterò, Città Aperta 2006) quasi a ribadire il senso generale di una negritudine che riguarda l’intero genere umano e non solo le popolazioni nere. [...] A Parigi aveva frequentato l’École Normale Supérieure e stretto rapporti di amicizia e di militanza culturale e politica con Léopold Senghor (futuro presidente del Senegal), frequentando anche l’ambiente letterario di Sartre e Camus, di Breton e altri giovani intellettuali surrealisti. La sua vena ribelle è rivolta fin da subito contro il colonialismo; “la conquista coloniale fondata sul disprezzo dell’uomo indigeno e giustificata da questo disprezzo”, aveva scritto, “tende inevitabilmente a modificare colui che la intraprende”, cosicché anche il colonizzatore che si abitua a vedere nell’altro una bestia, si trasformerà a sua volta in un orrendo animale. E la rivista “L’étudiant Noir” fondata da Cesaire nel 1934 diventa quasi subito il punto di riferimento per tutti gli studenti neri della capitale francese, che riscoprono insieme con il poeta i valori spirituali, artistici e filosofici dei neri dell’Africa e di tutti i territori colonizzati dall’uomo europeo. Così, il concetto di negritudine supera ben presto il dato biologico e abbraccia le forme storiche della condizione umana sofferente, suggerendo, insieme, un forte spirito di riscossa e di rivolta. Nel 1939, il suo ritorno in Martinica lo vede protagonista di nuove iniziative culturali (dà vita alla rivista “Tropiques”) in stretto contatto con il movimento surrealista. Fondatore del Partito Progressista Martinicano, sarà anche sindaco della capitale dell’isola, Fort-de-France, dal 1945 al 2001. Deputato della Martinica al parlamento francese, lavorerà intensamente al riscatto economico e culturale della sua gente, per la quale diventerà, affettuosamente, “Papa Cesaire”. Poeta dei diritti civili e della libertà da ogni oppressione, sale alla ribalta delle cronache per il suo Diario del ritorno al paese natale (in Italia edito da Jaca Book) che racconta la faticosa presa di coscienza di che significhi negli anni quaranta essere nero. Breton, che lo incontrò in quegli stessi anni, riconobbe subito nella terra di cui parlava Cesaire (l’essere nero), la sua terra, “ovvero la terra di ogni uomo”. Ma altrettanto importante è il suo teatro civile e di ribellione (La tragedia del re Christophe del 1963 fu edita da Einaudi) che comprende opere come Una stagione in Congo (1967) ispirata alla tragedia di Lumumba, o lavori che si rifanno al teatro di Shakespeare come Una tempesta (1969). Definito da più parti il cantore del riscatto nero da ogni forma di oppressione, si è distinto dai molti altri poeti e scrittori neri di lingua francese, per il suo deciso lirismo “rivoluzionario” e insieme “realista”, capace di sollecitare emozioni e sentimenti forti, legate all’uso delle parole che evocano storie e umanità sofferenti, ma insieme suoni e ritmi ribelli che richiamano i canti della sua terra. Una delle sue ultime battaglie in nome della dignità umana fu quella che intraprese alla fine degli anni novanta contro il turismo sessuale dei bianchi nel suo paese e nei Carabi. La sua vita ha attraversato un secolo nella consapevolezza che le armi della poesia potessero svegliare il silenzio delle coscienze dormienti di un Occidente disattento ai diritti dei popoli diseredati della Terra» (Frediano Sessi, “Corriere della Sera” 18/4/2008) • «Nel 1941, alla Martinica, mentre comperava un nastro per la figlia, André Breton, il padre della poesia surrealista, scoprì nella merceria il primo numero della rivista Tropiques. Aimé Césaire la presentava, e in quelle trentaquattro righe “cruciali” Breton scoprì un poeta fratello. La merciaia era sorella di un filosofo amico di Aimé Césaire, e combinò l’incontro. “Se sono quello che sono”, dirà Césaire, “è in parte grazie a quell’incontro”; Breton “respirava la poesia come un polline; fu un’immensa scorciatoia per ritrovarmi”. Breton a sua volta definì il Quaderno del ritorno al paese natio (in Italia da Jaka Book), che Césaire aveva pubblicato due anni prima, “il più grande monumento lirico del tempo”. All’epoca, Aimé Césaire aveva ventott’anni. Era tornato in Martinica nel 1939, dopo gli studi a Parigi. All’università aveva incontrato Léopold Sédar Senghor, e fondato la rivista l’Etudiant noir, tribuna anticoloniale. E aveva inventato una parola, “negritudine”, destinata a addensare, nel mondo e nel secolo, l’identità e l’orgoglio della cultura nera. “Partire / come ci sono uomini-iena e uomini- / pantera, io sarei un uomo-ebreo / un uomo-cafro / un uomo indù di Calcutta / un uomo di Harlem che non vota. Direi tempesta./ Direi fiume. Direi tornado. Sarei bagnato di tutte le piogge./ E voi fantasmi salite da una foresta di belve braccate”. Mentre Breton (e, sulla stessa nave, Lévi-Strauss) era in fuga dalla Guerra mondiale, Césaire tornava incontro ai suoi tropici, riportando dall’Europa il bagaglio dell’indignazione; il dominio coloniale bianco si saldava nei suoi versi con tutte le schiavitù, e la rovesciava in epica del riscatto, e canto delle radici; “All’uscita dall’Europa / le correnti silenziose della disperazione”. E metteva in guardia: “A volte mi si vede con un gran gesto del cervello, ghermire una nuvola... o un preludio di vento / non tranquillizzatevi oltre misura”. Mentre Senghor diventava presidente del Senegal, Césaire fondava il Partito Progressista Martinicano; sindaco di Fort-de-France, la capitale, dal 1945 al 2001, sarà il più longevo deputato di Francia per il Dipartimento d´Oltremare. In politica, in versi e a teatro lottava per tutti i popoli oppressi (“Quanto sangue nella mia memoria! Sono lagune. Sono coperte di crani. Non sono coperte di ninfee”), e contro ogni forma di sfruttamento (“L’esotismo non è cibo, per me”), e le atrocità del turismo sessuale. Per il poeta che nelle raccolte Le armi miracolose (in italiano da Guanda), Catene e Laminaria (Bulzoni) sempre “cantava il pugno duro” […]» (Daria Galateria, “la Repubblica” 18/4/2008).