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 2008  aprile 16 Mercoledì calendario

Pdl, ecco il partito-Paese. Corriere della Sera 16 aprile 2008 Se al seggio numero 803 di Quarto Oggiaro, periferia storica di Milano, il Popolo della Libertà sfiora il 37 per cento, che è più o meno quanto si registra in via Spiga o a Brera, se tra il centro storico e le altre zone del capoluogo lombardo non si avvertono differenze sostanziali e gli stessi numeri si ripetono qua e là in Emilia come in Puglia, allora significa che non è tanto questione di singoli exploit tipo Campania

Pdl, ecco il partito-Paese. Corriere della Sera 16 aprile 2008 Se al seggio numero 803 di Quarto Oggiaro, periferia storica di Milano, il Popolo della Libertà sfiora il 37 per cento, che è più o meno quanto si registra in via Spiga o a Brera, se tra il centro storico e le altre zone del capoluogo lombardo non si avvertono differenze sostanziali e gli stessi numeri si ripetono qua e là in Emilia come in Puglia, allora significa che non è tanto questione di singoli exploit tipo Campania. Quella cosa in apparenza sfuggente che si chiama «berlusconismo» si consolida e si fa omogenea in tutto il Paese, dalla madrepatria meneghina al Sud, fino a evocare ciò che sembrava inevocabile: «La riflessione vera è che qui c’è un partito davvero nazionale che in tutti gli strati sociali prende gli stessi voti della Dc», considera soddisfatto Maurizio Lupi, responsabile del coordinamento territoriale di Forza Italia. «A Milano città siamo sul 38 per cento, nella rossa Emilia arriviamo al 40 in provincia di Parma, un punto meno del Pd, e in una realtà innovativa come la Puglia raggiungiamo, senza la Lega, punte del 47. Là ho incontrato imprenditori, agricoltori...». Il radicamento Domenico Mennitti, oggi sindaco di Brindisi, fu il primo coordinatore di Forza Italia nel 1994. «All’epoca nel partito c’era inevitabilmente un po’ di improvvisazione. La classe dirigente ce la dovevamo inventare di giorno in giorno, contattando avvocati o altri liberi professionisti che fino ad allora di politica non si erano mai occupati». Adesso non è più così: «No, la classe politica non viene più inventata ma reperita sul territorio, contattando chi ha già una certa esperienza ». Torna lo stesso riferimento: « un radicamento che ricorda un po’ la vecchia Dc e dà i suoi risultati, specie fuori dai grandi centri». Vedi Mesagne, paesone di 30 mila abitanti proprio in provincia di Brindisi. Forse Mennitti esagera un po’ quando la paragona alla Bologna di Guazzaloca o a Terni strappata alla sinistra con Ciaurro: «Ma lì Pdl e Pd sono alla pari. Una volta i comunisti sfioravano il 70 per cento. Senza questo radicamento non sarebbe stato possibile». Il leader Ma c’è ben di più. C’è, ancora una volta, l’effetto Berlusconi: «Il radicamento riguarda più la Lega, che lavora per così dire sotto la linea, nei mercati, le fabbriche», considera Stefano Draghi, docente di metodologia delle Scienze Sociali e «mago dei numeri» del Pd. «Il Pdl lavora sopra la linea, nei media, nelle tv, in quel tipo di "cultura" popolare che non è Emilio Fede ma sono i rotocalchi, le trasmissioni». Le classi sociali saltano: «I Falck e i Pirelli non ci sono più e in una popolazione culturalmente fragile, con forte sproporzione tra benessere economico e livello di istruzione, vent’anni di quel messaggio non potevano non lasciare traccia dappertutto». Il professor Marzio Barbagli, della facoltà di Statistica a Bologna, considera che «le classi, nella politica italiana, contavano poco anche negli anni Sessanta. Semmai Berlusconi è riuscito ad interpretare la situazione meglio degli altri e ha saputo rischiare liberandosi dell’Udc ». Resta l’analisi di Giuseppe De Rita, presidente del Censis: «Viviamo in una società molto individuale e l’individualismo si riconosce in una persona. Berlusconi è l’unico personaggio capace di unificare milioni di individualisti, schegge e ritagli di uomini. Ha un vantaggio: è durato. Ha avuto processi, articoli, l’Economist che lo sfotte un giorno sì e l’altro no, è risorto un paio di volte dalle ceneri. E questa è una cosa che in Italia farebbe votare pure i santi e i morti: siamo un Paese che ha paura della sconfitta e per questo non può che ammirarlo». Quanto al ruolo decisivo del leader, «Berlusconi – osserva Emilio Fede – sapeva che c’era un grande numero di indecisi e ha preferito evitare gli spot con George Clooney a favore della politica del predellino: una campagna fatta nelle piazze, come nel giorno in cui ha annunciato la nascita del nuovo partito, a parlare di Malpensa e di tasse. Le cose che stanno a cuore agli italiani». Nelle Regioni che venivano date in bilico, in effetti, il Pdl ha guadagnato punti: così è successo nel Lazio, in Sardegna, in Abruzzo, e anche in Liguria dove pure il Pd resta il primo partito. Le Regioni rosse La campagna elettorale di Berlusconi è stata meno scoppiettante che in passato, non solo perché sapeva di essere in vantaggio. «Ha volutamente smesso i panni dell’anticomunista – sostiene Gianni Baget Bozzo – anche per puntare a quegli elettori di centro tentati dal Partito democratico. E questo atteggiamento ha funzionato anche nelle Regioni in cui la sinistra è storicamente più forte». Il Popolo della libertà, in effetti, avanza in tutte le Regioni rosse: considerando il Senato guadagna terreno in Emilia Romagna, in Umbria, nelle Marche, in Liguria. Fino al risultato storico della Toscana: su 56 seggi a disposizione tra Camera e Senato ne conquista 23, quasi la metà. Un record. L’efficienza Denis Verdini, uomo dei numeri per Forza Italia, un quadro già se l’è fatto. Il confronto è tra le percentuali raggiunte dal Pdl e la somma di quanto avevano ottenuto Forza Italia ed An nel 2006, quando a vincere per un soffio fu Romano Prodi. Nelle grandi Regioni del Nord, in realtà, il Pdl è in leggera flessione rispetto al patrimonio elettorale dei due partiti d’origine: scende in Piemonte, Veneto, Lombardia e Friuli Venezia Giulia. Ma i voti persi restano in famiglia, queste sono le Regioni del boom della Lega. Invece dalla Liguria in giù, dove il potere locale è tutto in mano al centrosinistra, il Pdl conquista voti rispetto a due anni fa. Anzi, più si scende a Sud, più marcato è l’aumento: « il segnale – spiega Verdini – che Berlusconi non è più visto come il nemico dei comunisti ma come il nemico delle amministrazioni locali inefficienti. Ed è proprio su questo che ha giocato la sua campagna elettorale. Basta vedere quello che è successo in Campania ». In Campania, in effetti, il Pdl fa un salto enorme rispetto a due anni fa: al Senato passa dal 40 al 48,7 per cento, circa 200 mila voti in più. Ma è in Calabria – altra Regione dove la giunta ha passato più di un guaio – che il salto in avanti fa davvero impressione: dal 31,7 al 42,1, più di 10 punti. Lorenzo Salvia, Gian Guido Vecchi