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 2008  aprile 16 Mercoledì calendario

Li vuoi intelligenti? Latte e caviale. Tuttoscienze 16 aprile 2008 Alla fine degli Anni 70 il gruppo di Dyerberg scoprì il segreto della longevità cardiaca degli Eschimesi, che - malgrado un’alimentazione ricca di acidi grassi e colesterolo, perché a base di pesci molto grassi di acque fredde - presentavano una minor mortalità rispetto ai danesi che vivevano anche loro in Groenlandia

Li vuoi intelligenti? Latte e caviale. Tuttoscienze 16 aprile 2008 Alla fine degli Anni 70 il gruppo di Dyerberg scoprì il segreto della longevità cardiaca degli Eschimesi, che - malgrado un’alimentazione ricca di acidi grassi e colesterolo, perché a base di pesci molto grassi di acque fredde - presentavano una minor mortalità rispetto ai danesi che vivevano anche loro in Groenlandia. La risposta a questa macroscopica differenza arrivò analizzando la dieta dei nativi «eskimos» e dei danesi immigrati. I nativi si nutrivano di pesce ricco di acidi grassi omega-3, mentre i danesi avevano una dieta con un basso contenuto di questi grassi. Si scoprì che non tutto il grasso era poi così dannoso per il nostro sistema cardiovascolare e vennero alla ribalta gli omega-3, acidi grassi polinsaturi dai trini acronimi (DHA, EPA). Uno di questi grassi, il DHA, rappresenta un nutriente essenziale per lo sviluppo anatomico e funzionale del cervello. E’ un acido grasso, come lo è anche l’acido oleico (l’olio d’oliva), ma al contrario dell’acido oleico fa parte degli acidi grassi poliinsaturi (PUFA). Da un punto di vista alimentare, tanto è importante questo acido per il normale sviluppo del cervello del neonato e di quello infantile, e per la crescita (neuroni e sinapsi) e lo sviluppo intellettuale, che è comunemente considerato un alimento essenziale nella gestazione e nell’allattamento. E tale è l’evoluzione del cervello, che quello fetale, unico tra le varie specie, consuma il 70% del pacchetto energetico giornalmente donatogli, attraverso la placenta, dalla madre. Contemporaneamente, la circolazione materna si impoverisce di DHA. Una mamma che allatti al seno tende a dare così tanto DHA al bambino che il latte materno ne contiene più del sangue materno. E, se si considera che il DHA è un nutriente essenziale anche per il cervello di un adulto, una mamma che metta al mondo ed allatti una prole con intervalli di parto troppo ravvicinati non solo potrebbe non fornire alla prole arrivata per ultima la necessaria quantità di «grasso», ma essa stessa potrebbe depauperare in maniera eccessiva le sue riserve del cervello. Questo perché il cervello ha bisogno di DHA, che non può sintetizzare ex novo. Può invece sintetizzarlo a partire dall’acido alfa-linolenico (fornito dalla dieta), ma la resa è bassa: meno di 5 molecole di DHA per ogni 10 mila molecole di alfa-linolenico. Per capire: è come investire 10 mila euro e ritirarne solo 5! Morale, questo acido grasso deve essere contenuto nell’alimentazione giornaliera, perché può aiutare mamma e bambino. Ma quali sono gli alimenti più comuni ricchi di DHA e quindi in grado di aiutare la mamma nella sua funzione nutritiva? Principalmente pesce azzurro, salmone e, per chi può, soprattutto caviale. A riprova di questo, bambini allattati al seno hanno un contenuto di DHA nel cervello del 50% in più rispetto a bambini alimentati con latte in polvere privo di DHA; ma oggi il mercato offre anche del latte in polvere arricchito in DHA. C’è a questo punto da fare una considerazione. Con in mente la prevenzione delle malattie cardiovascolari - promosse da un esagerato consumo di grassi e carboidrati - le organizzazioni sanitarie pubblicizzano i rischi legati ad una «cattiva dieta». Di conseguenza, un produttore alimentare, ogni volta che può scrivere «privo di grassi» o «non contiene colesterolo», sembra quasi che aggiunga valore virtuale all’etichetta. Ma è così? Dopo tanti anni in cui abbiamo pensato che i grassi fossero solo un alimento dannoso per il sistema cardiocircolatorio, è necessario che l’importanza di alcuni grassi sia riconsiderata. Ad esempio, il cervello di un adulto produce 30 volte più colesterolo dei restanti distretti anatomici e contiene il 40% del colesterolo totale, indicando con ciò un fabbisogno di grassi che non ha riscontro nel sistema cardiovascolare. Considerando che in un adulto il cervello pesa circa 1:50 del peso corporeo, ma in un neonato questo rapporto si riduce a 1:5, è facile dedurre il bisogno, spesso sottovalutato, che il cervello del neonato ha di colesterolo. Forse il fatto che le malattie cardiovascolari siano le più diffuse non dovrebbe stupirci. Il cervello, per crescere ed evolversi, ha bisogno di grassi. Paradossalmente, una dieta con meno grassi avrebbe forse garantito minori malattie cardiovascolari, ma anche una minore evoluzione cerebrale. Il cervello, quindi, continua a fare scelte alimentari dettate dall’evoluzione (di qui la giustificazione di certi nostri piaceri alimentari); scelte che hanno fatto sì che dai circa 450 grammi di peso dei nostri avi (gli australopitechi) oggi pesi più del triplo. Il cuore non ha avuto un analogo sviluppo. Certo, questo integralismo evolutivo del cervello alla lunga danneggia il sistema cardiovascolare, che a sua volta danneggerà il cervello, con una minor ossigenazione delle cellule. Ma perché il cervello si farebbe del male? La risposta rivela un confronto tra esigenze nutrizionali e funzionali difformi tra distretti anatomici, in particolare tra cervello e sistema cardiovascolare. Un esempio del conflitto è, come accennato, la grande produzione di colesterolo ed acidi grassi (saturi e poliinsaturi) che il cervello porta a termine quotidianamente. Se il resto del corpo si adattasse ad una simile produzione, il sistema cardiovascolare invecchierebbe velocemente. Massimo Pomponi