Corriere della Sera 16 aprile 2008, Massimo Gaggi, 16 aprile 2008
Crociati e contestatori, 70 milioni di fedeli. Corriere della Sera 16 aprile 2008 Edward Egan, il cardinale conservatore che guida la diocesi di New York, mescola senza problemi sacro e profano quando dice di credere in Dio e negli Yankees
Crociati e contestatori, 70 milioni di fedeli. Corriere della Sera 16 aprile 2008 Edward Egan, il cardinale conservatore che guida la diocesi di New York, mescola senza problemi sacro e profano quando dice di credere in Dio e negli Yankees. L’altro giorno ha definito la squadra di baseball del Bronx nel cui stadio il Papa celebrerà domenica la messa, «il più forte club del mondo». «Certo – ha aggiunto – un tempo facevo il tifo per i Cubs di Chicago, ma poi sono arrivato qui e mi sono convertito». Ora è un tifoso sfegatato: «Inevitabile – spiega lui – i convertiti si impegnano sempre più dei non convertiti». Parole disinvolte di un americano che fa anche un po’ di «marketing spirituale ». Un linguaggio certamente lontano dalla sensibilità del teologo Ratzinger. Questo Papa «cerebrale» che cerca sempre la profondità e rifugge dai gesti plateali, ha iniziato ieri a Washington la sua missione più difficile: rilanciare una Chiesa colpita dallo scandalo della pedofilia in un Paese nel quale il cattolicesimo ha grande vitalità, ma è anche pieno di squilibri e contraddizioni e deve competere ogni giorno con gli altri culti cristiani. Quello americano è un «gregge» che Benedetto XVI apprezza molto nonostante le differenze culturali tra Usa ed Europa. Certo, Ratzinger è un intellettuale del Vecchio continente, ma, mentre l’Europa secolarizzata vive con sempre minor trasporto la sua religiosità e frequenta poco le chiese, negli Stati Uniti il cristianesimo è più militante: molti fedeli si sentono «crociati» della fede, i templi sono pieni, ci sono volontari ovunque. Entrare in sintonia con questo universo di quasi 70 milioni di anime per Benedetto XVI è tanto importante quanto difficile. importante perché la Chiesa è impegnata non solo a contenere l’onda islamica, ma anche a dimostrare all’Occidente che la fede può sopravvivere alla modernità e al consumismo. E gli Usa – che, più dell’Europa, fanno argine contro l’estremismo islamico – sono anche il luogo nel quale spiritualità e mercato si sfidano con più intensità. Ma l’impresa è anche difficile perché il «gregge» americano è tanto vivace quanto imprevedibile. I cattolici Usa vanno a messa ogni domenica molto più di quelli europei (quasi metà contro il 10 per cento), ma non per questo sono una massa stabile e disciplinata. I sondaggi dicono che, in larga maggioranza, i fedeli Usa la pensano diversamente dalla loro Chiesa sull’aborto, le unioni gay, il sacerdozio riservato agli uomini, il divorzio, la pena di morte. Una realtà che non diminuisce l’interesse di Ratzinger per gli Usa: un sistema che la Chiesa considera (parole del Nunzio apostolico) «vibrante ed eticamente sano», nel quale la minoranza cattolica ha potuto crescere liberamente fino ad acquistare un ruolo centrale nella società: oggi la Casa Bianca di Bush è piena di cattolici e lo stesso presidente – metodista e cristiano «rinato » – è considerato da molti un «cattolico nascosto». Ma ci sono anche interrogativi: «In Vaticano ammiriamo la religiosità americana, ma ci chiediamo se, nella sua spiritualità ed emotività, non manchi di interrogarsi su cosa è vero e cosa non lo è» ha scritto sul Washington Post Lorenzo Albacete, teologo molto vicino al Papa. Insomma, un «popolo di Dio» irrequieto. E che cambia rapidamente. Rispetto a trent’anni fa, quando erano meno di 50 milioni, concentrati soprattutto nel Nord Est, oggi i cattolici sono molti di più ma la crescita è tutta nel Sud (Texas, New Mexico) e nell’Ovest (California) e si basa sull’immigrazione ispanica: un terzo dei cattolici adulti e la metà di quelli «under » 40 anni sono «latinos». Trasformazioni che hanno investito le stesse strutture ecclesiastiche: in tutta la diocesi di New York (2,5 milioni di fedeli), i seminaristi sono appena 22. La Chiesa americana vive tra grande impegno e grandi difficoltà: molte parrocchie godono di ottima salute grazie ai sacerdoti che arrivano dagli altri Paesi, soprattutto dall’India, e al lavoro di 35 mila assistenti laici (per l’80% donne). Altre vanno in bancarotta, come una qualunque società commerciale. E la gerarchia ecclesiastica viene sfidata dai fedeli non solo sui precetti etici, ma anche sulla gestione amministrativa: «Non siamo i bancomat dei vescovi, vogliamo contare» dice Peter Borrè, il capo della Coalizione delle Parrocchie, gruppo che si batte contro lo smantellamento delle diocesi in crisi. Tutti, comunque, sono in festa per la visita del Papa. Ci si chiede solo se Benedetto saprà entusiasmare l’America, a partire dai giovani, anche senza i gesti e le grandi adunate di Giovanni Paolo II. Massimo Gaggi