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 2008  aprile 16 Mercoledì calendario

Don Camillo, il film perduto. Avvenire 16 aprile 2008 « C redo che questo sarà il più bel film della serie di don Camillo e Pep­pone: i primi due lavori sono stati molto buoni, gli altri tre pure buoni ma un poco convenzionali

Don Camillo, il film perduto. Avvenire 16 aprile 2008 « C redo che questo sarà il più bel film della serie di don Camillo e Pep­pone: i primi due lavori sono stati molto buoni, gli altri tre pure buoni ma un poco convenzionali. Ora non vi sono più tre soli personaggi, Don Camillo, Peppone e Cristo: vi sono an che i giovani, arriva la contestazione, che poi è una cosa vecchia come il mondo». Così parlò Fernandel (nell’intervista a un giornale emiliano nell’estate 1970). Ma noi – che la saga cinema tografica di «Mondo piccolo» la sap­piamo a memoria, però alla tv la ri vediamo volentieri lo stesso ”, noi quel film nuovo, «bellissimo», poco convenzionale e persino a colori non l’abbiamo mai visto. O – meglio – ne abbiamo viste (solo qualche volta, per la verità) due versioni d’imitazione, con discreti attori (nello specifico Ga stone Moschin e anni dopo Terence Hill) ma per riuscita imparagonabili alla coppia italo-francese Cervi-Fer nandel; mentre l’originale no, quello nessuno l’ha mai visto e nemmeno si conosce se – nel caveau di una ban­ca svizzera piuttosto che nel magaz zino di un laboratorio di sviluppo – e­siste ancora. Comincia così il mistero del sesto film di Peppone e Don Camillo: quello che si sarebbe ispirato alla raccolta gua reschiana postuma Don Camillo e i giovani d’oggi (poi ripubblicata col ti tolo Don Camillo e don Chichì) e le cui riprese cominciarono a Brescello nel luglio 1970, interrompendosi però un mese dopo per un grave malore dal quale il protagonista Fernandel non si sarebbe più ripreso del tutto. Sa­rebbe stata la pellicola numero 150 per il fenomenale marsigliese Fer­nand Joseph Désiré Contandin in ar te Fernandel, che invece defunse a Parigi il 26 febbraio successivo. E per rispetto a lui i colleghi – primo tra tutti Gino Cervi, il quale alla morte dell’amico commentò secco: « la fine di Don Camillo e di Peppone» – rifiutarono di completare l’opera, che dun­que non uscì mai nei cinema. Eppure non mancava molto: gli esperti quantificano il girato tra il 60 e l’80% del necessario, mancavano in somma una ventina di scene soltanto e lo stesso protagonista in un’intervista filmata aveva fissato verso il 15 settembre la fine delle riprese; pare addirittura che il sessantottenne Fernandel (al quale era stata tenuta nascosto la gravità della malattia) a­vesse provveduto per conto suo a completare la registrazione del sonoro, nell’attesa – poi rivelatasi vana – di ritornare sul set. Dove sono finite quelle «pizze»? Oggi sarebbero ovviamente preziosissime e farebbe dav­vero un colpo da maestro chi fosse in grado di ripescarle da qualunque ar­chivio o deposito; ma in realtà del film mancato – che si sarebbe intitolato Don Camillo, Peppone e i giovani d’oggi, portava la firma registica di Christian - Jaque e vedeva tra gli attori il giovane Giancarlo Giannini (nella parte di Veleno, il figlio maoista di Peppone), Graziella Granata (Cat, la nipote hippy di Don Camillo), Paolo Carlini (il coadiutore don Chichì) nonché una comparsata del complesso beat allora molto noto dei Rokes – non è rimasto nulla o quasi e solo pochi amatori continuano a col tivare il sogno di un miracoloso ritrovamento. Ci sperano per esempio Andrea Setti ed Ezio Aldoni, già autori l’anno scorso di un prezioso volume sul «piccolo mondo di celluloide» di Peppo­ne & soci (il loro saggio Amici Nemici è in vendita presso il museo guare schiano di Brescello) e che il prossi mo autunno bisseranno l’impresa con un altro libro più Dvd con testi monianze inedite della saga cinema tografica di Don Camillo, ivi compre so il misterioso sesto film. Del quale i due, tra l’altro, sono riusciti a ritro vare alcune preziosissime foto di sce na – scattate come al solito da Osval do Civirani, scomparso novantenne pochi mesi or sono, ma anche da a­nonimi curiosi brescellesi ”, inclusa quella che è probabilmente l’ultima immagine di Fernadel su un set ci nematografico: si tratta dell’istanta nea in cui Don Camillo, nella torrida piazza di Brescello, prende in braccio la nipote in minigonna per riportar la in canonica. Ma, nonostante l’at trice pesasse meno di 50 kg, il comi co francese non ce la faceva a solle varla. Fu appunto quello l’indizio che, secondo le testimonianze, il 29 luglio 1970 indusse Fernandel a consultare uno specialista e quindi a tornare in Francia per curarsi. La produzione in terruppe le riprese ai primi d’agosto. A gennaio, in seguito a un tempora neo miglioramento, Fernandel te­lefonerà al regista per significare la sua volontà di riprendere il lavoro. Non sapeva che, nello stesso perio do, la produzione aveva già deciso di rifare tutto il film con un cast diffe rente (Gastone Moschin nella talare del parroco emiliano e l’americano Lionel Stander come Peppone, regia di Mario Camerini); in effetti «Don Camillo e i giovani d’oggi» uscirà nel­l’ottobre 1972, ovviamente con un successo molto inferiore agli «origi nali ». E le pellicole incompiute? L’o pinione prevalente è che siano state ritirate dalla compagnia assicuratri ce della Cineriz, i Lloyd, i quali le con­serverebbero ancora a Londra o in qualche banca svizzera; il vice-regista sostiene invece che dopo qualche anno le pizze siano state gettate. So lo ipotesi, comunque. In molti hanno seguito le tracce di quella celluloide, che tra l’altro sa­rebbe stato il primo Mondo Piccolo a colori. Virginio Dall’Aglio, vicesinda­co di Brescello che nel paese reggia no sta organizzando per giugno il Fe­stival «Mondo Piccolo cinematogra fico », assicura che la Cineteca nazio­nale non possiede nulla del sesto film e avanza la possibilità che il metrag gio si sia piuttosto perduto in qual che laboratorio di sviluppo: «Gli uni ci spezzoni esistenti sono brevi se quenze (meno di un minuto) dell’I­stituto Luce e della Settimana Incom sul ritorno di Fernandel a Brescello. Niente di più». Bisogna dunque accontentarsi della mozione d’intenti che il regista Chri­stian-Jaque – 66 anni e 200 film in car riera – affidava alla Gazzetta di Reggio del 28 giugno 1970: «La mia inten zione è di fare un Don Camillo mol to diverso dagli altri 5 precedenti per ché voglio addirittura riuscire a rea­lizzare una garbata satira sullo stesso film e sui suoi precedenti. Sarà una satira moderna, anticonformista e ’antitutto’... Il mio intento è di fare un film che piaccia soprattutto ai giova ni... La conclusione del film è che il più giovane e moderno contestatore ri mane sempre Gesù Cristo, che è sta to anche il primo». Setti e Aldoni han no poi raccolto la testimonianza di Graziella Granata, all’epoca giova nissima: «Questa pellicola era parti­colare: Fernandel ne era entusiasta così come Cervi e sinceramente mi manca molto. Se solo potessi rive derne qualche scena mi farebbe mol to piacere. Insomma, c’erano tutti gli ingredienti per un altro successo». E chi ne dubita? ROBERTO BERETTA